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Aleppo. Apparteniamo alla stessa famiglia. Non ci resta che la solidarieta'
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Articolo di Redazione
18 novembre 2016 16:32
 
 Il quotidiano Libération ha scelto di dare regolarmente la parola agli abitanti della citta' siriana. Essi raccontano la loro vita quotidiana in un Paese impantanato con una guerra senza fine. Oggi, Abou Mudar al-Halabi, 38 anni, impiegato comunale del quartiere di Salaheddine, ad Aleppo est.

Stavo guidando tra un raid aereo ed un altro per constatare i danni degli ultimi barbari bombardamenti. Una volta davanti all'ospedale, un anziano mi ferma. Mi domanda se posso trasportare suo nipote in sedia a rotelle che era stato curato per una ferita grave alla gamba. L'uomo, sua moglie e il ragazzo salgono sull'auto. Ci spostiamo attraversando i dolori e gli orrori del quartiere di Fardos che ieri e' stato colpito da un diluvio di bombe.
Arrivati a destinazione, i vicini si precipitano per aiutare a trasportare il ferito e per assicurarsi che tutto proceda bene. Mi appresto a ripartire quando l'anziano apre la porta e mi domanda: “Quanto le devo?”. A gola stretta gli rispondo: “Ma noi facciamo parte della stessa famiglia! Non ci resta che la solidarieta'”. “Allora permettimi di darti un bacio”, dice l'anziano uomo. Ci siamo abbracciati, ognuno cercando di nascondere le proprie lacrime all'altro.

(pubblicato sul quotidiano Libération del 18/11/2016)
 
 
 
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