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Il calo delle ultime foreste selvagge
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Articolo di Redazione
16 gennaio 2017 16:27
 
 No, “Le utltime frontiere delle zone selvagge” non e’ un titolo di un film d’avventura, ma quello di una nuova diagnostica sulla perdita di risorse naturali che e’ sempre piu’ veloce intorno al Globo. Questa volta si tratta di ascoltare lo stato delle foreste, ma non di qualunque tipo. Lo studio pubblicato il 13 gennaio in “Science Advances" e’ incentrato sul piu’ prezioso dei paesaggi forestali ancora intatti (IFL - “Intact forest landscapes”, in inglese) sul Pianeta, che rappresentano circa un quinto delle intere foreste del mondo.
Questi tesori di biodiversita’ sono diminuiti globalmente del 7,2% tra il 2000 e il 2013, cioe’ circa 920.000 chilometri quadrati vedendo le mappe. E questa diminuzione aumenta: nel 2011-2013, le perdite erano tre volte superiori a quelle del periodo 2001-2003.
Secondo gli autori, le IFL si presentano come dei mosaici di aree di almeno 500 Kmq ogni pezzo, praticamente privi di segni di attività umana rilevabili a distanza - ma si possono trovare i cacciatori, per esempio - essenzialmente composte da pezzi di boschi, ma che possono anche comprendere paludi o laghi.
Le immagini attraverso il satellite, essenzialmente prodotti da Goggle Earth, sulle quali si basa questa ricerca, indicano che solo qualche regione del Globo ha ancora degli ecosistemi forestali di questo valore: Amazzonia, Africa centrale, Grande Nord, Asia del sud-est.
322.000 Kmq in meno in America del sud
Sui 65 Paesi coinvolti, il Canada, con 3 milioni di Kmq, la Russia (2,7 milioni) e il Brasile (2,4 milioni) ne rappresentano i due terzi. Questi tre Paesi sono tutti coinvolti in notevoli riduzioni, rispettivamente del 4,7, 4,3 e 6,3% in rapporto ai loro paesaggi del 2000. Globalmente, il 60% delle sparizioni sono registrate nelle regioni tropicali, in particolare in America del sud (con 332.000 Kmq in meno) e in Africa (101.000 Kmq). Proporzionalmente la situazione appare particolarmente degradata in Paraguay, che ha visto sparire il 79% delle sue preziose aree boschive intatte. In quanto alla Romania, essa e’ completamente persa.
Professore di scienze geografiche allUniversita' del Maryland, in Usa, Matthew Hansen, lavora da diversi anni su queste cartografie in movimento. Ha condotto questo studio con degli esperti di Greenpeace che lavorano essenzialmente in Russia e Canada. “Non si puo’ purtroppo essere sorpresi da questi risultati, fanno notare. Le osservazioni tramite satellite sono talmente chiare su quello che accade. Esse hanno stimolato il Brasile a reagire ad a prendere delle misure contro la deforestazione: cosa che e’ ben lungi da accadere ovunque. I governi non sono gli unici ad essere chiamati in causa: perche’ l’olio di palma cessi di distruggere le foreste dell’Indonesia, bisogna trasformare tutta l’economia, perche’ in Usa tutti i nostri prodotti contengono questo olio”.
Come per le foreste primarie, nel senso che viene dato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), le IFL sono essenzialmente vittime delle attivita’ umane. Comunque i mali che le affliggono sono un po' diversi. Le conquiste dei terreni da parte dell’agroindustria -dell’olio di palma, della soia- ha un impatto sulle zone piu’ accessibili.
Aree protette efficaci
Spesso situati nelle zone piu’ impervie, circondati da montagne, gli ecosistemi intatti, sono i primi ad essere toccati dal diradamento delle foreste, responsabile del 37 della loro sparizione, dell’espansione dell’agricoltura industriale ma anche contadina (27,7%), cosi’ come della diffusione degli incendi provocati o naturali -soprattutto nel sud-est asiatico e in Africa- della creazione di infrastrutture (strade, condutture, grandi sbarramenti idroelettrici), dell’estrazione di petrolio, di gas, dell’apertura di miniere…
La distruzione selettiva dei boschi e’ meno dannosa per queste foreste rispetto ai colpi chiari che le rendono piu’ vulnerabili al fuoco e a certi parassiti. Colpevoli di pesanti perdite di biodiversita’ e di ridurre la loro capacita’ di stockare il carbone. Nel contempo, la costruzione di vie d’accesso frammenta questi sazi e favorisce il bracconaggio. La classificazione in aree protette sembra efficace per rallentare le distruzioni, il cui ritmo e’ stato in queste zone -secondo gli autori- tre volte meno rapido rispetto alla media -incendi a parte.
Essi si mostrano severi, al contrario, sulla debole efficacia delle etichette ambientali decise per delle distruzioni che vengono fatte per far rispettare le foreste intatte. In Camerun, in Gabon e nella Repubblica del Congo, le informazioni diffuse fanno vedere il medesimo degrado del prezioso ecosistema forestale, all’esterno come all’interno celle concessioni certificate come “Forest Stewardship Council (FSC), che mostrano un tasso piu’ elevato.
Se il ritmo di distruzione osservato tra il 2000 e il 2013 si manterra', il Paraguay, il Laos, la Cambogia e la Guinea equatoriale perderanno le loro foreste intatte da qui a venti anni, e altri quindici Paesi da qui a sessanta anni.

(articolo di Martine Valo, pubblicato sul quotidiano le Monde del 16/01/2017)
 
 
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