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Carceri in Argentina e fuga di narcos. Non e' un film sul periodo dei generali dittatori...
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Articolo di Redazione
12 gennaio 2016 9:54
 
 La fuga di tre narcos, che ha tenuto banco in Argentina per 14 giorni, ha messo in evidenza la corruzione e il decadimento delle carceri, facendo anche il paragone con altri Paesi latinoamericani. Ogni anno vengono aperte inchieste su 800 casi di torture a maltrattamenti, e nel 2014 si sono registrati 25 morti solo nelle carceri federali. Nelle prigioni della provincia di Buenos Aires -dalle quale sono fuggiti i tre sicari- ci sono 20.000 posti per 46.000 reclusi, secondo i dati del direttore del comitato contro la tortura della Comisión Provincial por la Memoria, Roberto Cipriano,
Daniel Rubio e' uno spagnolo che ha passato quasi tre anni nelle carceri in Argentina, “Se esiste un inferno, e' paragonabile con questo terribile luogo”, ha detto rispetto alla prigione della periferia di Devoto, a Buenos Aires. Circa 219 chilometri da li', nel villaggio di General Alvear, tre sicari legati al traffico di droghe -uno dei quali aveva accusato di narcotraffico l'ex-funzionario dell'allora presidente della Repubblica Kirchner, Anibal Fernandez- sono scappati grazie ad un'arma giocattolo e sequestrando un'automobile da un carcere di massima sicurezza. La fuga ha messo in evidenza per un'ennesima vola l'inferno di corruzione, affollamento e violazione dei diritti umani. “E' spudorata la corruzione degli agenti penitenziari, che fanno entrare telefonini, armi e droghe in quantita' industriale. Ci sono traffici di favore, abusi di potere. Col denaro, tutto si puo'”, denuncia Rubio. Ci sono continui black-out di acqua e luce. Ci sono volte che e' stata tenuta la spazzatura per intere settimane senza portarla via. Era pieno di funghi, scarafaggi, topi, ragni, formiche ", racconta l'ex-detenuto che viveva in un salone con 80 persone con solo quattro docce e due latrine”.
“Ci sono violenze, assassinii e torture. Siamo soggetti a continue aggressioni, umiliazioni, estorsioni, sia da parte degli altri detenuti che dai funzionari del carcere. Io, una volta, sono stato picchiato dai carcerieri. Ci sono persone malate che non ricevono cure e non possono acquistare medicine. Siamo costantemente soggetti a furti, distruzione delle nostre poche cose come vestiti, tabacco da sniffo, carte telefoniche, rasoi e carta igienica. Vediamo il sole solo una volta per un'ora il venerdi' e senza andare mai fuori del cortile. I materassi non sono materassi... sono sottilissimi. C'e' gente che sta in carcerazione preventiva per piu' di tre anni e i processi giudiziali non vanno avanti...”, dice Rubio.
Il direttore del comitato contro la tortura della Comisión Provincial por la Memoria, Roberto Cipriano, aggiunge: “Conosco il carcere di General Alvear, e nessuno esce dalla porta cosi' come e' entrato. La corruzione e' strutturale. E' corrotto il Servicio Penitenciario di Buenos Aires proprio a livello centrale, dove i direttori delle prigioni, con i provveditori e gli agenti fanno la regia del tutto, facendo entrare droghe, telefoni cellulari”, dice Cipriano.
Francisco Mugnuolo, procuratore penitenziario federale incaricato di proteggere i diritti umani dei detenuti, fa sapere che “in quasi tutte le carceri e' presente il medesimo livello di corruzione, lassismo e violenza”. Nelle carceri federali, dove sono presenti detenuti accusati di reati di narcotraffico, nel 2015 e' stata superata la soglia storica di presenze, 10.641 rispetto ad un totale di 11.850, molti dei quali dormono nei corridoi.
“La maggior parte dei detenuti e' povera, le loro famiglie fanno fatica a portar loro da mangiare, ma gli agenti pretendono lo stesso. Talvolta ci sono dei padiglioni per i VIP, che pero' non sono gestiti economicamente dai penitenziari e le cui spese sono coperte dagli stessi reclusi. Le celle sono con dei buoni pavimenti, donne, bevande alcoliche, dollari. Li' ci finiscono i trafficanti, gli hoooligan del calcio che hanno contatti con la politica”, dice Mugnuolo.
“L'Argentina non e' un'eccezione rispetto al resto dell'America latina”, dice Paula Litvachky, esperta del Centro de Estudios Legales y Sociales. “I Governi concedono autonomia ai servizi penitenziari in modo da non aver problemi, ma alla fine ci sono problemi di governance come quello che e' accaduto con la fuga di questi narcos”. 

(articolo di Alejandro Rebossio, pubblicato sul quotidiano El Pais del 12/01/2016)
 
 
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