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Conferenza clima di Parigi. Onu: le attuali promesse di riduzione degli Stati non sono sufficienti per il minimo obiettivo di +2 gradi
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Articolo di Redazione
8 novembre 2015 13:59
 
 A tre settimane dalla conferenza di Parigi sul clima (COP21), l'Onu ha lanciato lo scorso 6 novembre un nuovo avvertimento: anche se senza precedenti, le promesse di riduzione dei gas ad effetto serra fatte dagli Stati sono ancora lontane dall'essere sufficienti per contenere il riscaldamento a +2 gradi centigradi.
Questa constatazione, fatta in un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) conferma l'analisi pubblicata il 30 ottobre dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. “Gli impegni attuali, combinati con i provvedimenti presi in questi ultimi anni, rappresentano un aumento reale dell'impegno e un LIvello di impegno storico da parte degli Stati per attaccare questa immensa sfida mondiale”, sottolinea Achim Steiner, direttore del UNEP, incaricato di tenere regolarmente un bilancio in materia. “Ma questo non e' sufficiente a limitare la crescita globale delle temperature rispetto ai 2 gradi raccomandati, e quindi a prevenire le conseguenze dell'impatto del cambiamento climatico”, ha aggiunto.
Aumento probabile di 3 gradi verso il 2100
L'accordo internazionale contro il riscaldamento che ci si attende dalla conferenza di Parigi dovrebbe quindi “adottare un approccio dinamico”, con una revisione regolare verso l'alto degli obiettivi e dei mezzi, dice sempre Steiner.
Secondo il rapporto UNEP, realizzato da una équipe internazionale di ricercatori, gli impegni presentati dai 146 Paesi al 1 ottobre, porteranno ad un aumento probabile del termometro compreso tra i 3 e i 3,5 gradi verso il 2100. Per limitare questa crescita ai 2 gradi facendo una sorta di rivoluzione industriale -l'obiettivo che si e' fissato la comunita' internazionale- bisognerebbe non piu' emettere nell'atmosfera quei 42 gigatoni (Gt) equivalenti di CO2 nel 2013, rispetto ai 52,7 Gt di oggi.
Se niente viene fatto, arriveremo a 30 Gt nel 2030. Ma, anche se tutti i Paesi mantengono le loro promesse, 54 Gt saranno emessi nel 2030, cioe' 12 di troppo. I due terzi del percorsi sono quindi da fare.
Al di la' della soglia dei due gradi, secondo gli scienziati, il clima potrebbe imballarsi, con un'accelerazione della deregolamentazione gia' in corso e con le relative conseguenze: scioglimento dei ghiacciai, aumento del livello dei mari, erosione delle coste, continui periodi di siccita', e di fenomeni estremi, etc. In gioco, diversi irreversibili impatti sui numerosi ecosistemi, specie e societa'.
“Incoraggiare iniziative supplementari”
Questo nuovo rapporto e' presentato a tre settimane dall'apertura della conferenza di Parigi (30 novembre-11 dicembre), durante la quale 195 Paesi tenteranno di trovare un accordo per limitare il riscaldamento. Questo accordo deve prendere il posto del protocollo di Kyoto a partire dal 2020, e dovra' coinvolgere per la prima volta i Pesi emergenti e in via di sviluppo.
Dovranno essere “incoraggiate delle iniziative supplementari” nel medesimo periodo, insiste l'UNEP. Una questione centrale nei negoziati attuali, dove tutto il mondo e' d'accordo nel sostenere che “Parigi non deve essere una fine, ma un inizio”. Pechino, primo inquinatore mondiale, ha dato il proprio avvallo lunedi' scorso ad una clausola di revisione rapida e regolare degli impegni, e lo ha fatto in occasione della visita in Cina del presidente francese Francois Hollande. Ma il contenuto e il calendario di queste revisioni restano un punto in sospeso nei negoziati.
“Tutte le tecnologie e le conoscenze necessarie” per ridurre le emissioni esistenti, nota l'UNEP, "chiamano tutte le nazioni ad approfittare di questo slancio politico per agire in settori come l'energia, l'agricoltura, i trasporti, l'edilizia, le foreste”.
Secondo il Gruppo di esperti intergovernativi sul'evoluzione del clima (GIEC), l'Umanita' non puo' piu' emettere che 1.000 Gt di CO2 per restare a +2 gradi: e' il suo “budget carbone”. Con gli impegni attuali dei Paesi, tra 72 e 75% di questo “budget” sarebbe stato consumato nel 2030.

(elaborazione da un lancio dell'agenzia AFP del 08/11/2015) 
 
 
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