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Corte di Giustizia e beni al consumo: se il difetto si manifesta entro 6 mesi, si presume esistente già dalla consegna
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Articolo di Cristiana Olivieri *
3 luglio 2015 15:31
 
 La Corte di Giustizia UE si e' recentemente pronunciata cun una sentenza (Sez. prima, sentenza del 4 giugno 2015 nella causa C 497-13) che chiarisce importanti aspetti sulla tutela dei consumatori in materia di vendita e garanzie di beni al consumo. Tale sentenza riguarda una vicenda che aveva chiamato la Corte a redimere una controversia sorta tra una cittadina olandese e un professionista sull’acquisto di un’automobile usata (causa C 497-13). La signora in questione aveva stipulato a tal fine un contratto con un’autorimessa, qualificato genericamente “contratto di vendita ad un privato”. A seguito di un incidente, l’auto aveva preso fuoco ed era rimasta completamente distrutta; la proprietaria la trasportava quindi presso un’impresa di demolizioni, nel completo rispetto della normativa ambientale vigente in Olanda. Quanto alla responsabilità dell’incidente, non era stato possibile effettuare accertamenti tecnici poichè la demolizione era già avvenuta; inoltre il gestore dell’autorimessa negava di aver discusso con l’acquirente di eventuali responsabilità a suo carico, come invece sosteneva la signora. Sulla questione, la Corte d’appello olandese aveva ritenuto opportuno adire in via pregiudiziale la Corte di Giustizia: innanzitutto per accertare se la signora andasse considerata d’ufficio (cioè, su iniziativa del giudice) “consumatore”, sebbene ella non si fosse qualificata come tale al momento dell’acquisto; poi per accertare se la direttiva 1999/44 sulla tutela dei consumatori fosse applicabile al caso concreto, soprattutto nella parte in cui prevede l’obbligo di denuncia tempestiva del difetto da parte dell’acquirente e la prova che il bene non sia conforme a quanto pattuito.
La Corte è stata chiara sul primo punto: il giudice nazionale deve procedere a qualificare la parte come consumatore, anche laddove la stessa non abbia provveduto a farlo (in molti casi il consumatore non ha le adeguate conoscenze giuridiche sul punto). Sul punto successivo, la Corte di Giustizia, prima precisa la regola generale: la prova del difetto deve esser data dall’acquirente, unitamente al fatto che il difetto sussista già al momento dell’acquisto. Di seguito, viene chiarita un’importante eccezione a tale regola, prevista dalla stessa direttiva 1999/44: se il difetto di conformità si è manifestato entro 6 mesi dalla consegna del bene, si presume che tale difetto esistesse già al momento della consegna, senza che il consumatore debba provarlo. Questo notevole “alleggerimento” dell’onere della prova a favore del consumatore deve però essere accompagnato dalla dimostrazione di alcune circostanze:
- che il bene non è conforme a quanto previsto nel contratto di acquisto, non presentando le qualità espresse in tale sede o che non è idoneo all’uso al quale è destinato; a questo proposito, il consumatore deve dimostrare solo l’esistenza del difetto, non anche la causa dello stesso, nè le motivazioni tecniche;
- che il difetto di conformità è emerso entro 6 mesi dalla consegna del bene oggetto del contratto.
Tutto ciò esonera quindi l’acquirente dal dimostrare che il difetto sia esistente al momento della consegna: si suppone infatti che, dato il breve lasso di tempo di 6 mesi dall’acquisto, è verosimile che la difformità possa ricondursi , seppure in forma “embrionale”, già al momento della consegna.
A questo punto l’onere della prova si capovolge: sarà il venditore – professionista – a dover dimostrare che il difetto non sussisteva al momento della consegna, ma che, al contrario, deriva da un’azione successiva a quel momento.

* Consulente legale Aduc

 
 
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