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Emissioni CO2. Come diminuirle entro il 2040. L'impegno degli attuali grandi produttori
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Articolo di Redazione
25 aprile 2017 16:04
 
 Evitare il surriscaldamento del Pianeta, stimolando il progresso economico e sociale, e’ alla nostra portata. Venendo da associazioni ecologiste, la professione di fede non avrebbe niente di nuovo. Ma invece viene dalla Energy Transitions Commission (ETC), un’organizzazione internazionale che raggruppa i grandi attori industriali dell’energia (tra cui imprese del settore fossile come l’azienda petrolifera Shell o la compagnia mineraria BHP Billiton), degli istituti finanziari (Banca Mondiale, HSBC, Bank of America Merril Lynch…), nonche’ da partner scientifici e ambientali (come il World Resources Institute, il Rocky Mountain Institut o l’European Climate Foundation).
Questo raggruppamento “ecumenico”, che conta fra i suo membri l’ex-vicepresidente americano Al Gore, vuole riconciliare sviluppo economico e azione climatica. E’ in questo ambito che pubblica, oggi 25 aprile, un rapporto di 120 pagine indicando la via verso una “migliore energia” e una “piu’ grande prosperita’”.
Il punto di partenza e’ l’impegno preso dalla comunita’ internazionale, nell’ambito della COP del 2016 a Parigi, di contenere l’aumento delle temperature “ben al di sotto dei 2 gradi in rapporto ai livelli preindustriali”. Per raggiungere questo obiettivo, ricordano gli autori, e’ imperativo far crollare le emissioni mondiali di CO2 a 20 miliardi di tonnellate (gigatonnellate o Gt) entro il 2040, cioe’ una divisione per due rispetto al loro livello attuale (36 Gt), con la consapevolezza che esse saliranno a 47 Gt se la produzione di gas ad effetto serra continuera’ come all’attuale ritmo. Una rottura “tecnicamente ed economicamente possibile se agiamo da subito”, assicura il presidente dell’ETC, il britannico Adair Turner. E tutto questo garantendo ad ognuno “una energia abbordabile, affidabile e durevole”.
Priorita’ all’energia de-carbonizzata
Occorre una trasformazione radicale del sistema energetico mondiale, che oggi si basa sull’80% di risorse fossili (carbone, petrolio e gas), responsabile dei tre quarti delle emissioni di carbone dell’umanita’. La priorita’ dovrebbe essere data ad una elettricita’ de-carbonizzata, prodotta da risorse rinnovabili. Quelle il cui costo non dovrebbe eccedere i 70 dollari (65 euro) il megawatt/h nel 2035 -un livello competitivo in rapporto ai fossili-, e potrebbe rappresentare l’80% del mix elettrico mondiale nel 2040, di cui il 45% proveniente dal solare e l’eolico, grazie al calo continuo dei prezzi di queste tecnologie e dei sistemi di stoccaggio. Questa inverdimento contribuirebbe alla meta’ delle riduzioni di emissioni di CO2.
Degli sforzi “sostanziali” di ricerca dovrebbero essere fatti per de-carbonizzare anche i settori difficili da elettrificare “a costi ragionevoli”, come i trasporti, la costruzione o alcune attivita’ industriali, potenziando le bioenergie o la cattura del CO2. Nello stesso tempo, la “produttivita’ energetica”, ratio tra la produzione economica e l’energia consumata, dovrebbe essere fortemente migliorata, con prodotti e servizi meno energivori. Questo potrebbe contribuire a circa il 30% in meno di emissioni di carbone.
In questo nuovo contesto, i fossili non sarebbero completamente scomparsi. Ma il loro ruolo sarebbe calato di un terzo. La diminuzione necessaria e’ drastica per il carbone (-70%) e molto significativa per il petrolio (-30%), il ricorso al gas resterebbe invece quasi completamente stabile (+2%). Per eliminare l’eccesso residuale di emissioni di carbone, bisognerebbe ancor sviluppare dei processi di cattura e stoccaggio di CO2 a grande scala e sviluppare il suo riciclaggio in materia prima incorporata a delle produzioni industriali.
“Importanti benefici sociali”
Per riuscire in questa transizione, gli autori valutano tra 300 e 600 miliardi di dollari (da 275 a 550 miliardi di euro) ogni anno, gli investimenti supplementari da dedicare al sistema energetico. Un carico che, secondo loro, “non consiste in una sfida macroeconomica maggiore”, se lo si rapporta al PIL mondiale (circa 70.000 miliardi di dollari). Ma le spese dovranno essere riorientate, con un calo dei combustibili fossili (-175 miliardi di dollari all’anno durante i prossimi due decenni), con l’aumento delle rinnovabili e le tecnolgie con basso uso di carbone (+300 miliardi all’anno). Una larga parte dei crediti dovrebbe andare alla sobrieta’ energetica degli edifici e dei servizi (+450 miliardi all’anno).
Di fronte a questo costo, i redattori del rapporto mettono avanti gli “importanti benefici sociali”, come il miglioramento della qualita’ dell’aria, della salute e della speranza di vita, nonche’ “le opportunita’ economiche” legate allo sviluppo di nuove filiere industriali. Per il vicepresidente dell’ETC, l’indiano Ajay Mathur, “il mondo puo’ trasformare le sfide in opportunita’ non solo nelle economie sviluppate, ma anche nei Paesi emergenti”.

(Articolo di Pierre Le Hir, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 25/04/2017)
 
 
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