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La Germania 'nazista' e i suoi Paesi 'vassalli', ovvero quando il nazionalismo torna di moda
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Articolo di Pietro Yates Moretti
19 luglio 2015 10:01
 
 "Neocolonialisti". "Nazisti". "Schiavisti". Insomma, cattivi dentro, questi tedeschi.
Espressioni come queste, ormai divenute mainstream, sono il sintomo più preoccupante della crisi che sta investendo il progetto europeo, almeno per chi ci crede ancora: il prepotente riaffiorare dei nazionalismi.
Il nazionalista (pre)giudica e discrimina in base alla nazionalità, esattamente come il razzista (pre)giudica e discrimina in base alla razza. Poco rileva che si affermi la propria superiorità sull'universo mondo, oppure che ci si “limiti” a disprezzare questa o quella nazionalità o razza. Si tratta pur sempre di riflessi nazionalisti o razzisti.
Ci sono volute due guerre mondiali in meno di trent'anni, precedute da secoli di guerre altrettanto feroci, per convincere gli Stati nazionali europei a costruire uno strumento alternativo di risoluzione dei conflitti. Consapevoli che il nazionalismo – come già il fanatismo religioso - era il piffero magico con cui si erano condotti ripetutamente i popoli europei in guerra tra loro, si è cercato via via di affermare una coscienza europeista, laica, antinazionalista e sovranazionale. Tutto questo è iniziato subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, quando la Germania (e l'Italia!) aveva ben altro da farsi perdonare, rispetto alle colpe che vengono attribuite oggi ai cattivissimi Nord europei. All'epoca gli europei hanno trovato la forza e la lungimiranza di costruire spazi di codecisione e fiducia reciproca con chi, fino al giorno prima, era letteralmente loro carnefice.
Il nazionalismo, in qualunque sua forma, è la negazione stessa non solo di “questa Europa” ancora imperfetta e criticabilissima, ma di qualsiasi forma di progetto europeo. Nazionalismo e europeismo sono incompatibili per definizione.
Come può dirsi europeista chi considera terrorista e neocolonialista un intero popolo europeo o anche solo -ipocritamente- le sue istituzioni democratiche che ne sono emanazione e rappresentanza? Come può un europeista considerare la maggioranza dei popoli dell'Euro – Belgio, Olanda, Finlandia, Austria, Lettonia, Slovacchia, Estonia, Lituania, ecc.- dei “vassalli” o “servi” dei tedeschi? Con chi altri dovremmo farla l'Europa unita?
Utilizzare oggi l'invettiva nazionalista contro la Germania e i suoi popoli “vassalli”, quindi contro la maggioranza dei cittadini europei e dei loro rappresentanti, è la manifestazione, consapevole o meno, di aver rinunciato al progetto europeo, progetto antinazionalista per definizione. Se poi l'invettiva nazionalista viene dall'Italia, un Paese che insieme alla Grecia è il maggior violatore in Europa di diritti umani e civili (condanne Cedu) e di diritto europeo (procedure d'infrazione), con un'economia chiusa, corporativa e clientelare e quindi malata e non competitiva, si capisce quanto la retorica nazionalista anti-tedesca sia non solo ipocrita, ma anche un po' risibile.
Purtroppo, si è scelto il metodo intergovernativo per (s)governare l'Eurozona durante questa crisi economica epocale. E purtroppo, dal mio punto di vista, prevale oggi nell'opinione pubblica europea quel conservatorismo fondato sul solo rigore di bilancio, lo stesso conservatorismo che nel 2008 è stato sconfitto da Obama negli Usa e che potrebbe tornare presto alla Casa Bianca. 
Chi sputa veleno sulla "tedeschità" dei tedeschi nasconde a se stesso che il PPE, ovvero un partito conservatore, ha vinto le elezioni europee ed ha conquistato democraticamente, oltre alla maggioranza dei Parlamenti e Governi nazionali, anche la maggioranza relativa nel Parlamento UE e nella Commissione europea. Anche se vivessimo negli Stati Uniti d'Europa, nulla vieta che la maggioranza degli elettori europei non continuerebbe a votare per quelle stesse politiche conservatrici di cui oggi - giustamente, a mio parere - ci si lamenta. 
E' contro questa politica e questa ideologia, che è trasversale e maggioritaria in Europa, che bisogna battersi, convincendo la maggioranza dei cittadini europei a scegliere una politica diversa. Deve rimanere pura lotta politica tra idee e ideologie, non tra nazionalità!
Il progetto europeo è innegabilmente in difficoltà. Ma chi ancora è convinto che l'Europa dei popoli sia un obiettivo irrinunciabile per il nostro futuro, anche se aspramente critico con questa Incompiuta, non potrà che respingere con determinazione quel primitivo istinto nazionalista che ancora una volta rischia di divenire, in Europa, il partito di maggioranza assoluta.
 
 
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