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Inquinamento oceani da nanoparticelle di plastica che finiscono nella catena alimentare
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Articolo di Redazione
22 febbraio 2017 10:01
 
 Gli oceani non solo solo inquinati dai mucchi di rifiuti fluttuanti ma anche da microparticelle invisibili di plastica, presenti nei pneumatici e nei vestiti sintetici, che compromettono gli ecosistemi e la sanita’, cosi’ come fa sapere oggi l’Unione Internazionale per la conservazione della natura (IUCN).
Queste particelle rappresentano una parte importante della “minestra di plastica” che ostruziona le acque, cioe’ tra il 15 e il 31%, qualcosa come 9,5 milioni di tonnellate di plastica che vengono versate ogni anno negli oceani.
La IUCN ha scoperto che in molti Paesi sviluppati dell’America del Nord e dell’Europa, l’inquinamento di queste particelle supera quello dei rifiuti di plastica, che, invece, sono in qualche modo gestiti con efficacia.
“Le nostre attivita’ quotidiane, come fare il bucato e guidare, contribuiscono in modo importante all’inquinamento che finisce negli oceani, con differenti potenzialita’ disastrose sulla ricca diversita’ della vita sottomarina e sulla salute umana”, dice il responsabile dell’IUCN, Inger Andersen, in un comunicato. Queste particelle si trovano anche nei rivestimenti delle navi, nella segnaletica orizzontale, ma anche nelle microsfere dei cosmetici e della polvere urbana. “Dobbiamo guardare piu’ lontano rispetto alla gestione dei rifiuti se vogliamo trattare l’inquinamento degli oceani nel suo insieme”.
Una situazione allarmante nell’Artico
Karl Gustaf Lundin, che dirige il programma marino e polare in seno all’IUCN, riconosce che pochi studi sono stati effettuati sull’impatto sulla salute di queste minuscole particelle che si trovano nella catena alimentare o nelle risorse idriche. Esse sono sufficientemente piccole per infiltrarsi nelle membrane, “e quindi dobbiamo supporre che si sara’ probabilmente un considerevole impatto”.
L’IUCN chiede quindi ai fabbricanti di pneumatici e di vestiti di innovarsi per rendere i loro prodotti meno inquinanti. Lundin suggerisce anche che il caucciu’ sia di nuovo largamente utilizzato nella fabbricazione dei pneumatici, che i derivati plastici siano vietati nell’industria tessile e che i fabbricanti di lavatrici installino dei filtri micro per bloccare le nanoparticelle di plastica.
La situazione e’ particolarmente inquietante nell’Artico, la piu’ grande fonte di prodotti del mare per l’Europa e l’America del Nord. “Sembra che le microplastiche siano congelate nel ghiaccio e che la loro presenza abbassi il punto di fusione del ghiaccio stesso, con la conseguenza di una scomparsa piu’ rapida dei ghiacciai”.
Quando il ghiaccio si scioglie. Rilascia un plancton che attira i pesci, e questo permette alle particelle di plastica di “penetrare” direttamente nella nostra catena alimentare.

(da un lancio dell’agenzia France Press – AFP del 22/02/2017)
 
 
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