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Internet e troll. L'anonimato non rende piu' aggressivi. Studio
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Articolo di Redazione
30 luglio 2016 10:55
 
 I “troll”, questi internauti che amano provocare polemiche sui social network e altri spazi aperti ai commenti, generalmente sono coperti dall'anonimato, sarebbero piu' cauti se agissero a viso scoperto? E' la conclusione di uno studio pubblicato da due sociologi dell'Universita' di Zurigo, Lea Staher e Katja Rost, e l'economista Bruno S.Frey, nella rivista PloS One: “E' una delle idee piu' diffuse tra i ricercatori sulla molestia: l'anonimato... favorirebbe l'aggressivita' attraverso una riduzione delle diverse inibizioni... Noi dimostriamo pertanto in questo studio che questa affermazione non e' necessariamente veritiera visto l'effetto opposto che puo' essere prodotto: gli utenti avrebbero maggiore interesse ad identificarsi quando si mostrano aggressivi sui social network”.
Questa ricerca, basata sullo studio di piu' di 532.000 commenti a pubblicazioni online tra il 2010 e il 2013 sulla piattaforma social tedesca “opepetition”, afferma che anche i messaggi ingiuriosi o molesti, si mostrano molto piu' efficaci se chi li posta si identifica, piuttosto che un utente anonimo, che si espone meno ai rischi di concrete sanzioni, e che sara' tendenzialmente considerato meno credibile. Il suo messaggio influenzera' quindi di meno i lettori che non quello di un commentatore non mascherato e, al contrario, guadagna in “legittimita'” mente afferma il proprio punto di vista, aggressivo che sia o meno.
Solamente il 29,2% dei commentatori che sono stati analizzati nello studio aveva scelto l'anonimato
I ricercatori, che sottolineano che solo il 29,2% degli utenti della piattaforma analizzata aveva scelto di restare anonimo prima di pubblicare il proprio commento, citano ad esempio qualcuno dei commentatori a viso scoperto tra i piu' aggressivi: “Tesi stupide, false, inumane o degradanti, diffamatorie e brutte come quella di Sarrazin (un ex uomo politico tedesco), non hanno spazio nel nostro mondo … Sarrazin non ha niente a che fare col partito socialdemocratico tedesco e dovrebbe piuttosto tentare di impegnarsi coi nazisti”.
Lo studio rileva infine che “il maggior tasso di aggressione non anonimo riguarda le petizioni legate a dei dibattiti controversi, a degli scandali mediatici e quando i singoli sono animati da una sorta di imperativo di giustizia”. Intervistata dal sito Quartz, la ricercatrice Lea Stahel sottolinea la conclusione principale dello studio: “I nostri risultati non vanno nel senso della teoria secondo la quale il divieto dell'anomimato online renderebbe Internet migliore”.

(articolo di Alexis Orsini, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 30/07/2016) 
 
 
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