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Legalizzazione cannabis. Le motivazioni filosofiche
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Articolo di Redazione
1 luglio 2015 16:10
 
La possibilita' di accedere ai piaceri e alla liberta' che ognuno di noi ha per nutrirsi da solo, e' quello che permette di giustificare la legalizzazione dei derivati della marijuana che e' stata fatta in Colorado. E perche' no in Francia? Da uno stretto punto di vista filosofico non c'e' niente di contrario.
In seguito ad un referendum popolare che si e' tenuto a novembre del 2012, produzione, distribuzione e consumo ricreativo della cannabis, cioe' per il piacere e non per motivi sanitari, sono diventati liberi in Colorado (con alcuni limiti fissati dalla legge, come accade in tutti i casi delle nostre liberta' giuridiche).
A differenza del chiché filosofico che stabilisce che quando un atto non e' piu' vietato perde tutta la sua attrattiva, la fine dell'illegalita' della cannabis non ha corrisposto alla fine del desiderio del consumo.
Quello che e' accaduto e' proprio il contrario. La legalizzazione della cannabis ha provocato una esplosione di offerta e di domanda.
I vantaggi fiscali che derivano da questa uscita dall'illegalita' sono stati cosi' alti che le autorita' locali potrebbero trovarsi in una condizione di far tornare una parte di queste entrate ai contribuenti, grazie ad un articolo della Costituzione del Colorado che fissa il tetto massimo dell'imposta che puo' essere incassata dallo Stato.
Una democratizzazione benvenuta
Non sono solo i residenti locali che hanno aumentato la massa dei consumatori. Un turismo di piacere si e' rapidamente sviluppato, e questo a tutto beneficio dello Stato del Colorado.
Di conseguenza la legalizzazione ha avuto l'effetto di far diminuire la criminalita' in proporzioni considerevoli, poiche ' produzione, distribuzione e consumo di cannabis sono cessate, con alcuni limiti, dall'essere infrazioni sanzionate.
Per il filosofo, la domanda che si pone malgrado tutto e' quella di sapere se questa esplosione di offerta e domanda di cannabis dovuta alla legislazione sia una cosa positiva.
Personalmente, non vedo perche' dovrebbe allarmare l'accesso di un maggior numero di persone ai piaceri della cannabis, piaceri che sono spesso riservati ad una popolazione specifica (quelli che hanno piu' mezzi per pagare e che non sono scoraggiati dall'illegalita').
Questa sarebbe una forma di democratizzazione ben accolta.
La liberta' di nutrirsi da se stessi
L'obiezione che puo' venire immediatamente in mente, e' che il consumo di cannabis non e' una fonte di piaceri. La cannabis potrebbe nuocere, tra l'altro, alle capacita' cognitive del consumatore e diminuire le sue attivita' in diversi ambiti (professionali, tecnici, etc.).
La cannabis dovrebbe quindi restare illegale perche' equivarrebbe a danneggiare se stessi.
A mio avviso questa obiezione non e' pertinente.
Anche se il consumo di cannabis presenta degli inconvenienti a margine dei piaceri che esso da', nessuno dei due permette di giustificare la sua penalizzazione: questo consumo non ha come obiettivo quello di causare danni a degli altri.
In effetti, noi abbiamo (per quanto tempo ancora?) la liberta' di nutrirci da noi stessi. Pensate al suicidio, depenalizzato da diverso tempo, o alla liberta' di non curarsi, ormai riconosciuta ai pazienti.
Hanna Arendt, che non e' certamente una filosofa permissiva, scriveva nel suo “Journal de pensée: “Fintanto che un morfinomane non diventa un criminale, questo non riguarda nessuno”.
Per lei, le leggi ci devono proteggere dall'ingiustizia degli altri, e proteggere gli altri dalle ingiustizie che noi potremmo commettere nei loro confronti, ma esse non devono mai pretendere di proteggere noi stessi: “Ogni irruzione del ragionamento moralizzatore che va oltre il concetto di ingiustizia perpetrata contro un altro, costituisce sempre un'aggressione contro la liberta'”.
John Stuart Mill avrebbe potuto dire la stessa cosa. Per lui, lo Stato non deve mai essere forte contro i cittadini per i loro beni personali, fisici o morali: il suo intervento attraverso la minaccia o la forza non e' legittimo se non per prevenire i torti causati da altri.
E' anche la mia opinione.
In realta', una giustificazione filosofica della legalizzazione della cannabis potrebbe appoggiarsi su due principi la cui compatibilita' non e' evidente, ma che, in fondo, si rinforzano a vicenda: il diritto del maggior numero di persone di accedere ai piaceri della cannabis e la liberta' che ognuno ha di nutrirsi da se stesso.

(articolo di Ruwen Ogien, pubblicato sul quotidiano Libération del 01/07/2015)
 
 
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