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Microcredito: troppi soldi sono sempre un rischio
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Articolo di redazione
4 aprile 2012 18:25
 
Dalla panacea di tutti i mali alla trappola dei debiti: dopo la bolla del microcredito in India, l'euforia, almeno per ora, è svanita. Meno male, commenta Damian von Stauffenberg, capo della prima agenzia di valutazione degli istituti di microfinanza.

D.Die Presse: Negli ultimi tempi il microcredito ha perso molto del suo fascino iniziale. In India si è rivelato un'autentica bolla e migliaia di persone sono cadute nella trappola dei debiti. Nel frattempo alcuni studiosi dubitano che sia uno strumento adatto a sconfiggere la povertà. E' dunque tramontato il sogno di aiutare i poveri con crediti a buon mercato?
R.Damian von Stauffenberg: E' vero, i microcrediti sono caduti in disgrazia. E io non posso che dire: Dio sia lodato. Fino alla bolla avevamo delle aspettative esagerate. Pensavamo che il microcredito non potesse fare niente di sbagliato, i microcrediti sanavano tutto, i microcrediti debellavano la povertà, come diceva Yunus (Muhammad Yunus, il pioniere del microcredito, ndr). Naturalmente è insensato, è un'utopia. Paragonato alla vita umana, il settore è passato in breve tempo dall'infanzia all'adolescenza, con tutti i problemi connessi. Che però sono stati anche utili: se vogliamo dare a un miliardo di poveri dei crediti convenienti, non lo possdiamo fare con l'utopia, ma solo attraverso un robusto finanziamento privato.
D. Per i critici, il problema è proprio il gran numero di investitori che preme sul mercato. E' così che si è arrivati a una crescita di oltre il 100% all'anno, cosa che alla fine non era più sopportabile. Dunque la colpa è dei privati se il settore è cresciuto tanto in fretta?
R. E' vero che il settore è cresciuto troppo in fretta. Ed è vero che gli investitori privati corrono ciecamente dietro al profitto. Ma il problema è un altro. In India, dove c'è stato il più grande scandalo, il perno non è stata l'avidità degli investitori privati, ma "l'entusiasmo ufficiale" del Governo indiano, che di punto in bianco ha imposto alle banche che il 40% dei prestiti dovessero essere microcrediti. L'effetto è stato che gli istituti che erogavano piccoli prestiti ai poveri nuotavano nel denaro -e ciò è sempre rischioso.
D. Lei dice che i microcrediti non eliminano la povertà. Alcuni studi affermano addirittura che ottengono il contrario perché nel debitore diminuisce la motivazione a lavorare. Cosa può dare il piccolo finanziamento?
R. In effetti, non tutti coloro che ricevono 100 euro si buttano alacremente in un'attività e moltiplicano la somma. Gran parte di loro la spendono in acquisti -e dunque non si arricchiscono, ma diventano più poveri. Il trucco sta nel saper individuare, tra le migliaia di persone in cerca di un prestito, quelle che con quei soldi sapranno guadagnarne di più. In India non è stato nemmeno tentato; non è mai stata fatta un'analisi su come potessero essere usati i crediti. Viceversa, i soldi venivano dati semplicemente a gruppi di donne che si garantivano a vicenda, e si sa che lì gran parte del denaro è usato per i consumi. Alla lunga non funziona, e prima o poi il castello di carte crolla.
D. Con conseguenze anche drammatiche. I servizi sulle donne indiane, che si danno fuoco perché non sono più in grado di restituire quanto ricevuto, segnalano un errore nel sistema o no? I microcrediti sono forse la trappola dei debiti?
R. Gli usurai ci sono sempre stati, e in India il sistema di prestare soldi in modo informale è molto radicato. Il problema è che chi concede il microcredito si colloca ancora al di sopra. Essendo la concorrenza molto forte, le donne potevano accedere a nuovi crediti fintanto che si garantivano reciprocamente. Alla fine si sono trovate sedute su una piramide di debiti, con in più il peso delle altre debitrici, ciò che può davvero portare alla disperazione.
D. Si dice che oggi solo un decimo di quel potenziale miliardo di clienti del microcredito abbia un prestito. Mancano per caso i soldi a livello mondiale?
R. Tutt'altro, il mercato è iperfornito. La bolla in India è stata solo la punta dell'iceberg; le cose vanno più o meno allo stesso modo dappertutto.
Nel 2008 la forte crescita ha avuto una brusca frenata. E dato che i mercati finanziari nei Paesi in via di sviluppo dispongono sorprendentemente di una grande liquidità, i singoli erogatori di microfinanziamenti non hanno bisogno del denaro che gli investitori esteri sarebbero disposti a dargli. C'è un eccesso d'offerta, c'è concorrenza tra banche pubbliche per lo sviluppo e investitori privati. Al momento prevalgono gli enti pubblici giacché, con i soldi delle tasse dei cittadini, possono offrire condizioni più vantaggiose.
D. Allora ne possono approfittare i poveri pagando interessi inferiori.
R. Purtroppo no. Tutto l'Aiuto allo sviluppo concesso per fornire denaro conveniente agli istituti di microfinanza non avvantaggia i poveri, ma alla fine soltanto le banche. Quando noi come agenzia di rating analizziamo gli istituti di microfinanza, spesso notiamo un nesso molto chiaro: più una banca riceve denaro a buon mercato dallo Stato e più è inefficiente, poiché di colpo se lo può permettere. A che scopo impegnarci se il denaro ci viene regalato?
D. Se in giro ci sono molti soldi a buon mercato, ci si deve preparare alla prossima bolla?
R. Gli interessi sono troppo bassi, vale a dire che c'è tropppo denaro e troppo a buon mercato -e ciò è sempre rischioso. Una bolla come quella che abbiamo vissuto, per ora non la vedo: la crisi frena gli entusiasmi. Ma appena si dovesse risalire, saremmo presto nella situazione del 2007 e 2008.
D. Lei dice che ci sono abbastanza investitori privati in grado di rifornire adeguatamente il settore, ma che lo Stato si mette di traverso. Ai suoi occhi, sarebbe ragionevole abolire l'Aiuto allo sviluppo?
R. Non va abolito; ci sono molti ambiti che si possono raggiungere in un altro modo. Però bisognerebbe mettersi di fronte alle organizzazioni per l'Aiuto allo sviluppo e dirgli: "Amici, non rendetevi la vita troppo facile. Non erogate prestiti giganteschi ai grandi istituti di microfinanza; non ne hanno bisogno; è conveniente, veloce e sicuro, ma dirigetevi piuttosto verso l'educazione e la sanità." Lo scandalo è che l'Aiuto allo sviluppo si semplifica la vita e così espelle il settore privato. Se però vogliamo dotare di crediti a buon mercato un miliardo di persone, ci servono più capitali di quanto lo stesso Aiuto allo sviluppo può sognare di reperire. A quel punto ci vogliono gli investitori privati.

(Intervista di Matthias Auer per Die Presse del 31-03-2012. Traduzione di Rosa a Marca)
 
 
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