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Narcoguerra messicana. Liberato il leader delle Autodefensas Mireles. Intervista
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Articolo di Redazione
26 maggio 2017 17:58
 
 Libero da solo un paio di giorni, José Manuel Mireles (Michoacàn 1958) non puo’ fare un passo senza che sia avvicinato dai suoi paesani ogni pochi metri: “Grazie per quello che fai”, dice una donna. “Lei affronta le questioni che i politici non considerano”, dice un giovane.
Dopo tre anni di carcere, Mireles rompe il suo silenzio con una lunga intervista in un caffe’ di Morelia in cui fa il bilancio del movimento delle Autodefensas che nel 2013 attrasse l’attenzione di mezzo mondo quando si mobilitarono in armi contro i Cavalieri Templari e, con l’uso delle armi da fuoco, strapparono al cartello 36 citta’ del Michoacan.
Tra 2013 e il 2014, il dottor Mireles, chirurgo di professione, diresse un esercito popolare di piu’ di 25.000 contadini, fattori e residenti che, stanchi di estorsioni, sequestri, decapitazioni e torture, “scelsero di non vivere in ginocchio”, guadagnandosi la simpatia di gran parte del Paese. Alla fine il movimento si sciolse dopo l’intervento del presidente Enrique Pena Nieto che compro', copto’ o mise in carcere i principali leader.
Mireles apparteneva al terzo gruppo e fu accusato di possesso di armi. Ora che ha riconquistato la liberta’, dice che il Paese sta molto peggio e che intraprendera’ nuove battaglie, ma senza armi. Accusa il presidente Pena Nieto della sua incarcerazione e dice che gli ha scritto Lopez Obrador (ndr - leader del PRD – Partito rivoluzionario democratico, storico avversario del presidente in carica).
Prima di cominciare l’intervista, tre uomini gli chiedono di fare un selfie. Il giorno in cui Mireles entro' in carcere perse i baffi, la sua cavalla bianca e il sombrero che lo caratterizzava ma, nella sua terra, il carisma rimase intatto.
D. Ha visto il film “Tierra de càrteles"?
R. L’ho visto pochi giorni fa ed e’ stato una delusione. I produttori hanno commesso delle violazioni. C’era un accordo firmato perche’ fosse un film che dava informazioni senza scopo di lucro. E, nel caso, avrebbe dovuto donare il 30% degli introiti. Il secondo accordo tradito e’ perche’ sono state toccate questioni personali. Non volevo coinvolgere la mia famiglia. I produttori non hanno tenuto fede a nessuno dei due impegni.
D. Guardando indietro, quale e’ stato il suo principale errore di fronte alle Autodefensas?
R. L’errore piu’ grande e’ stato di aver dato fiducia al governo federale. E’ lo stesso che e’ successo nella storia del Messico con Zapata, Pancho Villa, Benito Juarez… che furono traditi dal governo. Me lo avevano detto mille volte, con dargli fiducia perche’ ti prenderanno in giro. Ma se sei stanco della guerra, non puoi ignorare tutti.
D. Il suo principale successo?
R. Abbiamo scelto come vogliamo morire. Abbiamo deciso che non volevamo morire decapitati non le nostre teste che facevano da contorno ad una piazza o con i resti dei nostri corpi dentro una busta di plastica. Il successo e’ stato di rimuovere la paura e sapere che, organizzandoci, potevamo mandare via i Templari. Per 12 anni abbiamo denunciato, chiesto aiuto ed abbiamo manifestato contro il crimine in Michoacan. Abbiamo usato mille espedienti contro le violenze, sequestri, decapitazioni.. ma nessuno ci ha risposto. Le faccio un esempio: alcuni giorni prima dell’arresto accompagnai mio cugino a fare una denuncia per le violenze subite da sua figlia. Nel momento della denuncia davanti al Ministerio Publico c’eravamo solo lui, io e il funzionario che non assicuro’ di poter risolvere il caso. Pochi minuti dopo che eravamo usciti da li’, quando mio cugino torno' a casa trovo’ una denuncia sulla porta, che era stata fatta a pezzi, con una nota che diceva che aveva tempo fino alle sette di sera per lasciare il villaggio altrimenti gli avrebbero tagliato la testa a lui e alla sua famiglia. Come lui, altre 2.800 famiglie del mio villaggio, Tapalcatepec, sono state minacciate in quegli ultimi anni.
D. Come ha trovato il Michoacan uscendo di prigione?
R. La nazione intera’ sta peggio di quando mi misero in prigione. Dissi allora a Pena Nieto che se con il mio sacrificio si faceva un servizio per la pace sociale, io stesso ne ero contento. Ma sono stati tre anni inutili e il Paese sta dieci volte peggio. Come Autodefensas esigevamo fin dal principio tre cose che rimangono insoddisfatte: sicurezza pubblica efficiente, giustizia e Stato di diritto. Lo chiesi per il Michoacan, ma ora e’ il Paese intero che lo esige. Se ora ci mobilitiamo nuovamente saranno milioni, e non migliaia, le persone che verranno con noi per difendersi.
D. Come sono stati questi tre anni di carcere?
R. Quando entri in prigione cercano di spezzarti e ti umiliano. Durante il primo anno puoi solo leggere la Bibbia e le lettere delle mie figlie. Ora che ho ottenuto il mio mi hanno dato un enorme pacco di lettere restituite che non mi avevano consegnato a suo tempo. Vedi quanto ti ho scritto, papa? Mi ha detto. Non mi hanno consentito di venirti a trovare regolarmente.
D. Si considera un prigioniero politico? Chi lo ha messo in prigione?
R. Tutto il Paese sa chi mi ha messo in prigione. L’unica persona con il potere di levarti la liberta’ e crearti un inferno. Ma questo ha una spiegazione: ho fatto un passo verso due obiettivi, la criminalita’ organizzata e il governo federale, e in entrambi i casi questo riguarda la stessa persona.
D. E il commissario Alfredo Castillo che si incarico' di negoziare lo scioglimento delle Autodefensas?
R. Castillo e’ uno stronzo e glielo si legge in faccia. Ma lui non era arrabbiato con me per questo, perche’ si e’ dimostrato tale. Dissi a Castillo che armare certe Autodefensas era un grosso errore, perche’ ha cominciato ad armare quelli che non dovevano esserlo. Quelli erano coloro che chiamavamo i perdonati, perche’ avevano lasciato i cartelli per convertirsi in leader popolari con le Autodefensas. E oggi ce ne sono le conseguenze, il cartello dei Viagras, che fu armato a suo tempo e che si ritrovo’ in Michoacan.
D. Non e’ stato forse un errore non vedere che le Autodefensas erano state infiltrate? C’e’ stato supporto da altri cartelli?
R. Si’, l'abbiamo visto, lo analizziamo e ne discutiamo. Le persone che li hanno portati dissero che garantivano per loro. Durante quei mesi hanno avuto offerte da altre parti del Paese, armi, uomini, fucili fino ad elicotteri da combattimento. Precisamente questo fu l’errore dell’anno 2000. In quel contesto c’era un cartello che controllava tutto (Los Zetas) e gli imprenditori si unirono e organizzarono per farlo fuori. Ma commisero l’errore di chiedere aiuto ad altri cartelli (Familia e Templari). E cosi’ hanno finito per mandarli via appropriandosi di tutto e peggiorando la situazione. Cosi’ risposero loro: prima proviamo ad organizzare gli abitanti di Michoacan e prima risolviamo i nostri problemi.
D. Che ne pensa dei vecchi leader delle Autodefensas?
R. Hipolito Mora e’ un grand’uomo rispettabile e degno, che mantiene la sua parola. Disse che difendere La Ruana era sufficiente ed io gli detti retta e si estese la rivolta. El Americano e’ stato un buon compagno e tra i migliori delle Autodefensas, al di la’ di cio’ in cui e’ stato coinvolto (fu imprigionato per omicidio) e per Estanislao Beltran, conosciuto come Papa pitufo, mi riservo il giudizio (si uni’ alle guardie comunitarie organizzate dal governo per ottenere il disarmo).
D. Il mezzo al convulso processo di disarmo del 2014 che lei respinse, fu vittima di un incidente aereo in cui morirono quattro dei cinque passeggeri. Si salvo’ solo lei.
R. Non fu un incidente, fu detto il falso. L’aereo casco’ dopo che fu colpito da diversi colpi di arma da fuoco. Non l’ho mai sentito cascare, quando l’aereo si schianto’ io avevo colpi d’arma da fuoco nel corpo. E questa capacita’ di sparare da terra verso un obiettivo in movimento, lo ha solo un corpo. Parlo per esperienza: ero nei corpi speciali della fanteria. C‘erano anche soldati molto coraggiosi che erano sempre in prima fila a difendere il popolo.
D. Cosa pensa dell’assassinio di giornalisti?
R. Penso che stanno assassinando e stanno uccidendo la voce del Messico e di molta gente. Ne sono molto scosso cosi’ come quando uccidevano noialtri. Il governo non lo puo’ permettere, perche’, se continuano chiudendo la bocca al popolo, quest’ultimo scende in armi e le conseguenze le conosciamo.
D. Smettera’ di far parte delle Autodefensas?
R. Gli unici che sono ex sono quelli che mettono tutta la loro vita per essere Sindaci, deputati o presidente. Il giorno che dicono di esserlo e non ricevono la loro paga, si trasformano in ex, ma noi altri no, non riceviamo nulla. Ma non voglio tornare in trincea. Le armi non sono per me, ma comincio una lotta basata sul ragionamento, la giustizia e la verita’, che sono le uniche armi che ho utilizzato in tutta la mia vita. Ho capito che con queste armi sono caduti imperi, dittature, monarchie…
D. Questo suona come entrare in politica? Ha qualcuno che lo ispira?
R. Non mi interessa la politica. Non voglio diventare un burattino in piu’. Mi fa piacere che Lopez Obrador mi citi e si interessi per me e festeggi la mia liberazione, ma se mi si chiede di entrare in politica, lo avrei fatto quando me lo offrirono prima di entrare in prigione. Mi pare un personaggio interessante l’ex-presidente dell’Uruguay, José Mujica. Qualcuno mi ha regalato un libro di lui ed ho sottolineato tutto cio’ che ho ritenuto importante e mi sono reso conto di tutte le corrispondenze.

(articolo di Jacobo Garcìa, pubblicato sul quotidiano El Pais del 26/05/2017)
 
 
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