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Narcoguerra messicana. Tragica situazione in Sinaloa
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Articolo di Redazione
9 febbraio 2017 16:55
 
 Lo Stato messicano di Sinaloa sta vivendo uno dei suoi momenti piu’ violenti dopo l’estradizione del narcotrafficante Joacquin Guzman Loera. In 72 ore, tra domenica e martedi’, 13 persone sono morte in cinque conflitti a fuoco tra gruppi criminali. L’invio di El Chapo negli Stati Uniti ha lasciato un vuoto nella leadership dell’organizzazione in cui ora si scontrano i vecchi dirigenti e i figli di Guzman stesso. Questo ha provocato una escalation di scontri come non si erano manifestati nel periodo 2008-2011, i peggiori anni della guerra contro il narcotraffico intrapresa dal presidente Felipe Calderon, come concordano diversi esperti in tema di sicurezza.
Gli scontri armati nel territorio dominato dal cartello di Sinaloa si sono intensificati nel fine settimana. Domenica, verso le 18,50, due gruppi criminali (di cui le autorita’ non hanno fornito i nomi) si sono scontrati a colpi di arma da fuoco nella zona dell’aeroporto di Culiacan, la capitale dello Stato, con un saldo di due persone morte. Una quarantina di minuti dopo, in un altro punto della citta’, uno scontro a fuoco tra civili armati ha registrato due uomini morti. Lunedi’, alcuni membri dell’Esercito messicano si sono scontrati con alcune persone armate, con un saldo di morti e feriti. Il giorno successivo, durante uno scontro tra membri della Marina e presunti criminali, sempre a Culiacan, un marinaio e cinque civili anno perso la vita. Martedi’ sera nella zona di Villa Juarez, del comune di Navolato -a 55 Km da Culiacan- c’e’ stato uno scontro di due gruppi criminali. La sparatoria che ne e’ seguita nelle vicinanze dell’aerodromo, ha provocato cinque morti, e il corpo di uno uno di questi e’ stato trovato la mattina dopo in un campo agricolo. Nella sparatoria, una donna che non c’entrava nulla con questi fatti violenti e che stava in un negozio cercando di nascondersi mentre era in corso lo scontro armato, e’ stata colpita da un proiettile ed e’ morta sul colpo.
La paura, alimentata attraverso i social network con audio e video con sui allertava sulla presenza di commando in auto blindate e sparatorie in diversi punti della citta’, ha preso gli abitanti. In virtu’ della generale disinformazione, all’inizio le autorita’ di giustizia dello Stato hanno emesso una nota informativa in cui hanno specificato quanti veicoli e quante armi avevano sequestrato. La mattina del giorno dopo il titolare della procura dello Stato, Marco Antonio Higuera, ha tenuto una conferenza stampa dove ha spiegato che gli scontri sono stati provocati da gruppi criminali rivali. Il Procuratore ha assicurato che stanno lavorando coordinandosi con le autorita’ federali per far fronte ad una situazione di estrema violenza che non si era vista da molti anni.
La lotta per il potere
La cattura e l’estradizione di Joacquin Guzman Loera, leader del cartello di Sinaloa, ha lasciato un vuoto di potere che nessuno dei leader attuali ha rimpiazzato e che ha provocato problemi interni e lotte, dice Javier Valdez, giornalista di Riodoce, una pubblicazione specializzata in tema di sicurezza. “L’unico con influenza e potere di un certo peso dentro l’organizzazione e’ Ismael Zambada (un altro fondatore del cartello), ma non e’ sulla stessa linea di lotta che hanno tenuto i figli di El Chapo e suo fratello Aureliano Guzman, e questo ha provocato diversi scontri fra di loro”.
El Chapo riusciva ad avere il controllo insieme a El Mayo Zambada, dividendosi i compiti dentro l’organizzazione, ma i suoi figli avevano diverse strategie rispetto a lui dopo che il padre fu incarcerato. “C’e’ una tendenza molto bellicosa da parte dei figli di Guzman e di Aureliano. Loro si ribellano a Zambada, non sono d’accordo con la sua linea e i suoi consigli. Simpatizzano piu’ con le armi che con le parole, e questo e’ molto pericoloso”.
La ripresa degli omicidi
A gennaio Sinaloa ha visto un risveglio degli omicidi. Un conteggio fatto dal quotidiano locale Noroeste fa sapere che sono stati 116, una cifra cosi’ alta che non si registrava dal 2013. A gennaio dell’anno scorso, il Secretariado Ejecutivo del Sistema Nacional de Seguridad, una istituzione che tiene il conto degli omicidi nel Paese, aveva registrato 77 omicidi violenti.
La maggior parte degli omicidi e’ avvenuta a Mazatlan, la principale destinazione turistica di Sinaloa. Il peggiore e’ stato l’attentato contro l’ex-segretario della Sicurezza Pubblica Comunale di Culiacan e Mazatlan, Juan Antonio Murillo Rojo. Il funzionario ha avuto solo lievi ferite, mentre due sue sottoposti sono stati uccisi.
Martin Barron, specialista in temi di sicurezza, dice che dopo l’estradizione di Guzman, alcuni gruppi del medesimo cartello credono di potersi approfittare dell’assenza del leader per riposizionarsi all’interno dell’organizzazione. “Ogni volta che c’e’ un’estradizione di qualche leader importante, c’e’ una disputa e questo genera un incremento della violenza. Ad esempio cio’ accadde quando fu estradato Osiel Cardenas (leader del cartello del Golfo) in Usa, Los Zetas si scissero dal cartello del Golfo e questo provoco’ maggiore violenza”.
Un altro elemento che ha contribuito alla violenza dall’inizio dell’anno, e’ il cambio di Governo nello Stato. Il nuovo presidente, Qurino Ordaz, ha dato maggiore importanza alle strutture municipali e statali ed ha affidato la loro guida ai militari, spiega Javier Valdez. “Ha mandato via tutti coloro che se la intendevano col narco ed ha introdotto nell’amministrazione gente nuova che non ha nessun rapporto con quella gente. Ha anche poi epurato tutti i poliziotti corrotti, che se la intendevano e negoziavano coi narcos”. Barron fa coincidere l’incremento della violenza col riaggiustamento dei corpi di polizia. “Che lo si creda o meno il loro funzionamento era legato ad accordi con i vari gruppi criminali”.

(articolo di Zorayda Gallegos, corrispondente da Citta’ del Messico, pubblicato sul quotidiano El Pais del 09/02/2017)
 
 
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