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Narcotraffico francese di Stato. Si pongono tre domande
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Articolo di Redazione
25 maggio 2016 11:01
 
Le novita' che che oggi vengono pubblicate, raccontano in dettaglio, la storia di “una grande poliziotto” e della su lotta contro il traffico internazionale di droga, come lui steso avrebbe adottato metodi illegali, e come questi metodi sarebbero diventati un sistema di prendersi beffa dello Stato di diritto. Non stiamo parlando del percorso dell'uomo che ha e' passato da un “lato oscuro”, da un poliziotto corrotto che cercherebbe un profitto economico per finanziare se stesso. Ma di un sistema che coinvolge le piu' alte autorita' della lotta contro il traffico di stupefacenti, un sistema che non e' ne' piu' ne' meno che una filiera di traffico di droghe di grandi dimensioni.
Le nostre rivelazioni pongono tre domande importanti.

La prima e' inquietante. Ammettiamo che, per sconfiggere il traffico internazionale, avere a che fare con l'illegalita' sia necessario. Ma quali sono le ramificazioni di questa questa filiera? Quanti piccoli trafficanti e crimini sono connessi a queste tonnellate di cannabis? Sapere che dei poliziotti francesi hanno direttamente messo le mani in pasta per recuperare la droga che proveniva dall'Africa -supermercato di traffici di ogni tipo, del crimine organizzato e del terrorismo combattuto attraverso … soldati francesi- per lo meno fa porre delle domande. Quando si conosce la porosita' tra delinquenza e terrorismo in Europa, da Buttes-Chaumont e Molenbeek, ci si domanda se anche questa sia materia con cui fare i conti.
La seconda domanda e' filosofica. Si deve lottare contro l'illegalita' mettendo se stessi al di fuori della legge? I metodi, conosciuti da molto tempo -montare un dossier con tanti elementi al fine di realizzare un grosso sequestro o far cadere una rete-, sono fortemente vietati dal codice di procedura penale. Sicuramente, non si eliminano le mafie e i trafficanti di droga, sempre piu' ricchi e potenti, sempre meglio organizzati, con delle pistole. La polizia deve poter disporre di metodi piu' efficaci per svolgere il proprio lavoro. Ma i metodi che vediamo, quando gli stessi arrivano davanti alla giustizia, sono trattati come tali, e i dossier cascano come dei castelli di carta. Se la polizia ha bisogno di nuovi metodi, spetta allo Stato metterglieli a disposizione, nell'ambito di un meccanismo che prenda in considerazione lo Stato di diritto.
Da qui la terza domanda che poniamo allo Stato. Come un tale traffico di stupefacenti ha potuto crescere sotto il naso e nonostante i controlli delle autorita', dei magistrati, delle procure, dei politici e di piu' importanti poliziotti francesi, da Guéant a Cazeneuve? Per complicita', compiacenza o incompetenza?
Le rivelazioni di Libération devono accelerare l'inchiesta su questi metodi e lanciare il dibattito sulla logica dello Stato (o l'assenza di logica) che rivendica “urbi et orbi” di lavare piu' bianco che si possa e permetta ad uno di piu' grossi trafficanti di droga del Paese di prosperare sotto il suo controllo. Si vedono bene gli errori e le derive della politica dei numeri e della comunicazione che ne derivano: questa situazione porta un capo dello Stato a mettersi in posa davanti a sette tonnellate di droga portate li' dalla polizia che e' incaricata di controllarla. Quando si fa politica, si evita di far passare la comunicazione in primo piano. Perche' alcuni metodi di polizia sono conosciuti, i recenti episodi di Marseille e Lyon lo hanno mostrato. Quando si domanda ai poliziotti di fare i figuranti, ci si espone in situazioni che non sono legali. Far posare Francois Hollande davanti a 7 tonnellate di resina di cannabis rileva un'assenza di prudenza, o incompetenza. Passato il tempo delle rivelazioni, tocca al legislatore risvegliarsi. E' arrivato il momento di concentrarsi sulle pratiche e i mezzi da dare ai servizi che ci proteggono dalle grandi reti criminali e difendere il nostro modello democratico.

(articolo di Johan Hufnagel , pubblicato sul quotidiano Libération del 25/705/2016) 
 
 
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