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Sospesa da scuola per aver detto una stupidaggine. La resa dell’istruzione pubblica
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Articolo di Alessandro Gallucci
18 novembre 2014 13:36
 
 Un’alunna di una scuola di Adria, in provincia di Rovigo, è stata sospesa dalla frequenza delle lezioni perché, nel corso di un incontro sull’immigrazione organizzato dalla Caritas presso l’istituto scolastico, ha detto che gli immigrati “fanno morire di fame chi è nato in Italia”.
La notizia, circolata in questi giorni sulla stampa, mette in evidenza, se ancora ve ne fosse bisogno, la totale resa dell’istruzione pubblica italiana rispetto al proprio ruolo. Ce lo immaginiamo uno studente sospeso dall’attività didattica perché non sa svolgere un compito di matematica? O ancora un ragazzo allontanato dalla scuola perché crede che la “Cavallina storna” sia un’opera di Omero? Come reagiremmo davanti a questa notizia? Probabilmente penseremmo ad una bufala o comunque concluderemmo che chi li ha sospesi non si rende di quel che ha fatto.
Il razzismo e in genere ogni forma d’intolleranza si prevengono e combattono prima di tutto con l’istruzione e l’educazione. Chi pronuncia frasi del genere, evidentemente, non s’è mai fermato a ragionare sul loro reale significato, le ha prese come buone perché sentite alla radio, in tv o perché lette sui giornali. Se già a livello generale non ha senso punire qualcuno per quel che ha detto (la libertà d’espressione non è un baluardo della vita democratica?), a maggior ragione non lo ha in casi del genere visto che molto probabilmente chi ha parlato non sa nemmeno che cosa ha detto. Ma poniamo il caso che la studentessa avesse piena coscienza delle proprie parole, non sarebbe forse stato meglio metterla nelle condizioni di studiare per capire, piuttosto che allontanarla dalla scuola lasciandola così nell’errore? Non esiste più l’insegnamento dell’educazione civica? Sospendere un alunno che non conosce le nozioni di base di una materia d’insegnamento, non è forse una resa rispetto ai propri stessi compiti? Non è dato sapere se la sospensione preveda l’obbligo di frequenza, ma il discorso non sarebbe diverso.
 
 
 
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