COMMENTI
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10 gennaio 2007 0:00 - federica
o ma come si può lasciare una persona a soffrire? lui sapeva cosa era diventato ha fatto. uno stato ke nn accetta l'eutanasia allora non è uno stato ke lascia libertà. ogni persona ha la libertà di decidere sulla sua vita . lui non ha provocato danni a nessuno era stanco di soffrire, ognuno di noi deve essere libero di scegliere della propria vita e della propria morte
6 gennaio 2007 0:00 - Luana
Certo...qualsiasi essere umano può decidere di porre fine alle sue sofferenze,ma se si paragona il caso Welby con quello di un malato psichico che decide di farla finita buttandosi sotto un treno, non parliamo forse della stessa cosa?Non si tratta in entrambi i casi di un suicidio?Anche chi viene trovato morto sotto un treno aveva una sofferenza,diversa da quella di welby perché di natura psichica...ma se gli psicologi si affannano per salvare pazienti di siffatto genere,perché non dovrebbero fare altrettanto i medici?Cari amici,la vita é dolore e solo Dio così come ce la dona, ce la può togliere.Ho detto la mia...non bersagliatemi!!!!!!!
5 gennaio 2007 0:00 - Giulia
Qualcuno dice che nessun uomo si può arrogare il diritto di togliere la vita ad un altro, io dico che nessun uomo si può arrogare il diritto di condannare ad una vita di sofferenza un altro senza lasciargli possibilità di appello. Non esiste una morale in questi casi, esiste solo la cruda realtà e la realtà è che a noi tange solo il "principio" ma la persona che ci è dentro soffre le pene dell'inferno e non ha neanche la possibilità di decidere per se stesso senza che l'intera nazione gli si rivolti contro. E' una vergogna. L'Italia è dietro anni luce.
2 gennaio 2007 0:00 - Alessandro
sono allucinato da quanto ha detto anna. welby era perfettamente in grado di intendere e di volere e non sono stati i suoi parenti a decidere di staccargli il respiratore a cui era per così dire abusivamente attaccato. la legge permette al consenziente di decidere di cessare qualunque terapia e non trovo giusto obbligarlo a respirare.
28 dicembre 2006 0:00 - esperto
un bel colpo di "38" esattamente al centro della fronte elimina IMMEDIATAMENTE tutte le tue sofferenze!

Se poi muori... embè sono cazzi tuoi!... tutti, dovete morire, prima o poi!
28 dicembre 2006 0:00 - Cittadino
La conclusione dell'articolo si può tradurre così: Welby ha diritto di rifiutare la terapia,ma contemporaneamente ha diritto di chiedere la terapia che vuole lui, che lo faccia morire senza soffrire. Ma questo discorso non è l'eutanasia?

NO, eutanasia consiste nel provocare la morte, invece le sostanze che servono a sedare non provocano la morte, alleviano solo il dolore. Si insiste nel tentativo di spostare la questione, ma qui si tratta di alleviare i dolori della morte e cessare l'accanimento terapeutico per pazienti in grado di intendere e di volere.
28 dicembre 2006 0:00 - crabolu
non sò che dire
24 dicembre 2006 0:00 - Michele
La conclusione dell'articolo si può tradurre così: Welby ha diritto di rifiutare la terapia,ma contemporaneamente ha diritto di chiedere la terapia che vuole lui, che lo faccia morire senza soffrire. Ma questo discorso non è l'eutanasia?
23 dicembre 2006 0:00 - luca
Quando ero piccolo avevo fretta di crescere per poter dare anch'io il mio contribbuto di vita come le persone piu anziane hanno fatto con me, ma oggi mi rendo conto di non sentimi a mio agio in questo mondo perchè, il mio bagaglio di vita e di pensiero non coincide più con quello di questa società.
Ho seguito da lontano la vicenda di Piergirgio Welby che tra l'altro non sapevo che abitasse vicino casa mia.
Io penso che ognuno di noi può e deve decidere per la propria vita che è NOSTRA.
Mi domando: se è giusto alleviare un dolore o un male con delle cure o dei farmaci perchè non è giusto farlo decidendo di passare a miglior vita? Io non giudico chi è contrario oppure no ma affermo che ogni decisione è insindacabile e propria.
Ma la cosa che più mi fa irritare in questa vicenda è il commento della chiesa che per buona parte del nostro cammino ci insegna dei valori che lei stessa per prima non porta avanti. E' vero che si dice: fai quel che il prete dice e non quel che il prete fà, ma quì si sfora oltre. La Chiesa ci insegna prima di tutto ad amare, a rispettare e a perdonare e lei stessa non lo fà decidendo di non concerede a Welby i funerali relogiosi.
Il mio pensiero scaturito dai quei valori con cui sono cresciuto è che, anche se la chiesa può non essere daccordo con la decisione di Welby di finire la sua sofferenza e quella chi chi gli è stato accanto con la morte, avrebbe dovuto perdonarlo concedendogli i funerali religiosi dando il buon esempio a tutti coloro, compreso me, che credono in Dio che sicuramente lo farà come quando Gesù sulla croce chiese al padre di perdonarci perchè non sapevamo quello che facevamo.
23 dicembre 2006 0:00 - Giovanna
L'uomo nel suo disordine spirituale e morale non è più capace di discernere il bene dal male .... preghiamo per tante persone ammalate gravemente che non hanno speranza di guarire e diamo loro la Speranza Vera quella che viene dal pensare che la nostra vita terrena è solo " un passaggio " e che la Vera Vita è quella che vivremo con Gesù Cristo nostro Salvatore , nato e morto per noi per donarci quella Vita Eterna dove sempre per l'eternità saremo nella gioia e nella pace del nostro Creatore e Signore .Credere in Lui non delude e solo nella fede e con l'aiuto dello Spirito Santo potremo avre scelte giuste e responsabili in tutti i campi ...La vita è sacra ma attenti a non dare agli uomini un surrogato di vita ...la vita non è vita se non vive di per sè ! diamo alle persone ammalate la dignità di vivere e la dignità di morire . L'accanimento terapeutico è terribile e deleterio .I medici stiano attenti a prodigare le loro cure ...spesso vengono somministrate con leggerezza e con superficialità senza prevedere le conseguenze .La sanità si interroghi .
23 dicembre 2006 0:00 - Reset
Leggo molte prese di posizione, per così dire, etiche, morali e comportamentali, ma poche riflessioni di tipo medico-legale che, invece, entrano nella sostanza del problema in termini giuridici. Vorrei ricordare a voi tutti che, sempre per legge, il paziente può rifiutare le cure che gli vengono proposte o somministrate, fintantochè egli non si ritrova in imminente, attuale e reale pericolo di vita. Questa condizione, infatti, sempre secondo il nostro codice giuridico, configura ciò che è riportato nell'art. 54 del c.p., in base al quale il trovarsi in imminente, attuale e reale pericolo di vita, toglie, di fatto, la capacità del paziente, fino a quel momento sancita di diritto, di disporre della propria salute, per affidare il bene supremo della vita al medico che, in quel momento, coglie di fatto, l'essenza di tale pericolo, immanente e reale, per la sopravvivenza del soggetto.
Può piacere o meno, si può essere d'accordo o meno, ma, di fatto, chiunque può decidere, se è in grado d'intendere e volere, di "farsi staccare la spina", ma, al momento in cui le condizioni cliniche precipitano verso l'agonia della morte, il medico è OBBLIGATO ai sensi dell'art. 54 del c.p. a ripristinare quelle terapie che possono salvare la vita del paziente. Egli, infatti, in condizioni di agonia, non viene più ritenuto capace d'intendere e volere, per cui la sua volontà decade, come le scelte compiute fino a quel preciso istante in base alla volontà fino a quel momento espressa.
Su questa base, credo, verrà incriminato il medico che ha aiutato Welby a morire. In questa dicotomia, infatti, si confiugura il reato di omicidio di consenziente. Il tutto in omaggio ai canoni della medicina legale.
22 dicembre 2006 0:00 - Fausto Intilla
Il problema dell’eutanasia sta esattamente in questo:

Per poter creare una legge costituzionale, che permetta o meno l’interruzione di determinate terapie fondamentali per il mantenimento in vita del soggetto in questione,in base ai parametri di “volontà-sofferenza” di quest’ultimo, occorre fondamentalmente stabilire alcune cose:

1) Il soggetto che intende,per mezzo di terzi, interrompere il trattamento terapeutico,

nel momento in cui ha dichiarato questa sua chiara intenzione, era nel pieno delle sue facoltà di intendere e di volere?

2) Vi sono state delle persone che, potenzialmente, stando costantemente vicino al soggetto-paziente in questione, avrebbero potuto influenzare questa sua scelta?

2.a) L’hanno fatto realmente?

3) Qual’era il livello di sofferenza (fisico-psichico) in cui il soggetto si trovava al momento di questa sua decisione?

3.a) Tale livello, sarebbe potuto diminuire,con una terapia psico-analitica ? (non dimentichiamoci che la psiche influenza il corpo, e viceversa).

Risolvendo:

1) Oggettivamente decidibile

2) Oggettivamente decidibile

2.a) Oggettivamente indecidibile

3) Decidibile solo in base ai parametri soggettivi di pochi osservatori in stretto contatto con il soggetto-paziente;da un punto di vista oggettivo quindi: indecidibile.

3.a) Decidibile solo in base ai parametri soggettivi di pochi osservatori in stretto contatto con il soggetto-paziente;da un punto di vista oggettivo quindi: indecidibile.

Come possiamo notare quindi, da questa “analisi logica” del “problema”, a prevalere sono le questioni oggettivamente indecidibili [punti: 2.a) ; 3) ; 3.a) ], su quelle invece oggettivamente decidibili [ punti: 1) ; 2) ]. Non si dispone quindi di una sufficiente quantità di informazione inerente alla decidibilità del problema.

Conclusione:

La terapia di mantenimento in vita di un “malato terminale”,qualora questa possa essere eseguita senza alcun motivo di impedimento fisico (causato da fattori di qualsiasi tipo),

non dovrebbe mai venire interrotta.

Fausto Intilla

(Inventore-divulgatore scientifico)

www.oloscience.com



22 dicembre 2006 0:00 - [email protected]
Quanta falsa ipocrisia solo per piacere al Vaticano. Si rifiuta ad un ammalato irrecuperabile di valersi del suo diritto naturale di porre fine ad inutili sofferenza, quando, in un passato assai recente, si condannava un giovane sano e con un futuro,per il suo rifiuto di usare un'arma per uccidere e evitare di farsi uccidere.
22 dicembre 2006 0:00 - Anna
Il confine tra presunta o reale volontà di un uomo di non usufruire delle cure che lo tengono in vita e volonta dei "cari congiunti" che se ne vogliono disfare non è molto netto... Il rischio è quello di legalizzare omicidi per disfarsi di chi non si ha più voglia di accudire.
21 dicembre 2006 0:00 - gaetano
pur essendo prevista una apposiata norma che vieta qualsiasi trattamento sanitario contro volonta' nn si specifica se il rifiuto sia estensibile anche a quelle terapie necessarie per la vita del paziente.Ammettere una tale possibilita' infatti porrebbe in contrasto tale norma con la indisponiblita' della vita che è un principio generale del nostro ordinamento.La norma andrebbe quindi interpretata nel senso di vietare qualsiasi trattamento sanitario fino se ed in quanto nn pregiudichino la vita del paziente.Il problema radica la sua delicatezza proprio nella imposibilita' di ammettere l'eutanasia senza intaccare l'indisponibilita' del bene della vita.Il problema potrebbe risolversi con un bilanciamento tra interessi parimente generali come quello ad una vita dignitosa.La situzione penso sia un po' piu' delicata e complessa di come prospettato.
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