o ma come si può lasciare una persona a soffrire? lui
sapeva cosa era diventato ha fatto. uno stato ke nn accetta
l'eutanasia allora non è uno stato ke lascia libertà.
ogni persona ha la libertà di decidere sulla sua vita . lui
non ha provocato danni a nessuno era stanco di soffrire,
ognuno di noi deve essere libero di scegliere della propria
vita e della propria morte
6 gennaio 2007 0:00 - Luana
Certo...qualsiasi essere umano può decidere di porre fine
alle sue sofferenze,ma se si paragona il caso Welby con
quello di un malato psichico che decide di farla finita
buttandosi sotto un treno, non parliamo forse della stessa
cosa?Non si tratta in entrambi i casi di un suicidio?Anche
chi viene trovato morto sotto un treno aveva una
sofferenza,diversa da quella di welby perché di natura
psichica...ma se gli psicologi si affannano per salvare
pazienti di siffatto genere,perché non dovrebbero fare
altrettanto i medici?Cari amici,la vita é dolore e solo Dio
così come ce la dona, ce la può togliere.Ho detto la
mia...non bersagliatemi!!!!!!!
5 gennaio 2007 0:00 - Giulia
Qualcuno dice che nessun uomo si può arrogare il diritto di
togliere la vita ad un altro, io dico che nessun uomo si
può arrogare il diritto di condannare ad una vita di
sofferenza un altro senza lasciargli possibilità di
appello. Non esiste una morale in questi casi, esiste solo
la cruda realtà e la realtà è che a noi tange solo il
"principio" ma la persona che ci è dentro soffre
le pene dell'inferno e non ha neanche la possibilità di
decidere per se stesso senza che l'intera nazione gli si
rivolti contro. E' una vergogna. L'Italia è dietro
anni luce.
2 gennaio 2007 0:00 - Alessandro
sono allucinato da quanto ha detto anna. welby era
perfettamente in grado di intendere e di volere e non sono
stati i suoi parenti a decidere di staccargli il respiratore
a cui era per così dire abusivamente attaccato. la legge
permette al consenziente di decidere di cessare qualunque
terapia e non trovo giusto obbligarlo a respirare.
28 dicembre 2006 0:00 - esperto
un bel colpo di "38" esattamente al centro della
fronte elimina IMMEDIATAMENTE tutte le tue sofferenze!
Se poi muori... embè sono cazzi tuoi!... tutti,
dovete morire, prima o poi!
28 dicembre 2006 0:00 - Cittadino
La conclusione dell'articolo si può tradurre così:
Welby ha diritto di rifiutare la terapia,ma
contemporaneamente ha diritto di chiedere la terapia che
vuole lui, che lo faccia morire senza soffrire. Ma questo
discorso non è l'eutanasia?
NO, eutanasia
consiste nel provocare la morte, invece le sostanze che
servono a sedare non provocano la morte, alleviano solo il
dolore. Si insiste nel tentativo di spostare la questione,
ma qui si tratta di alleviare i dolori della morte e cessare
l'accanimento terapeutico per pazienti in grado di
intendere e di volere.
28 dicembre 2006 0:00 - crabolu
non sò che dire
24 dicembre 2006 0:00 - Michele
La conclusione dell'articolo si può tradurre così:
Welby ha diritto di rifiutare la terapia,ma
contemporaneamente ha diritto di chiedere la terapia che
vuole lui, che lo faccia morire senza soffrire. Ma questo
discorso non è l'eutanasia?
23 dicembre 2006 0:00 - luca
Quando ero piccolo avevo fretta di crescere per poter dare
anch'io il mio contribbuto di vita come le persone piu
anziane hanno fatto con me, ma oggi mi rendo conto di non
sentimi a mio agio in questo mondo perchè, il mio bagaglio
di vita e di pensiero non coincide più con quello di questa
società. Ho seguito da lontano la vicenda di
Piergirgio Welby che tra l'altro non sapevo che abitasse
vicino casa mia. Io penso che ognuno di noi può e deve
decidere per la propria vita che è NOSTRA. Mi domando:
se è giusto alleviare un dolore o un male con delle cure o
dei farmaci perchè non è giusto farlo decidendo di passare
a miglior vita? Io non giudico chi è contrario oppure no ma
affermo che ogni decisione è insindacabile e propria.
Ma la cosa che più mi fa irritare in questa vicenda è il
commento della chiesa che per buona parte del nostro cammino
ci insegna dei valori che lei stessa per prima non porta
avanti. E' vero che si dice: fai quel che il prete dice
e non quel che il prete fà, ma quì si sfora oltre. La
Chiesa ci insegna prima di tutto ad amare, a rispettare e a
perdonare e lei stessa non lo fà decidendo di non concerede
a Welby i funerali relogiosi. Il mio pensiero scaturito
dai quei valori con cui sono cresciuto è che, anche se la
chiesa può non essere daccordo con la decisione di Welby di
finire la sua sofferenza e quella chi chi gli è stato
accanto con la morte, avrebbe dovuto perdonarlo
concedendogli i funerali religiosi dando il buon esempio a
tutti coloro, compreso me, che credono in Dio che
sicuramente lo farà come quando Gesù sulla croce chiese al
padre di perdonarci perchè non sapevamo quello che
facevamo.
23 dicembre 2006 0:00 - Giovanna
L'uomo nel suo disordine spirituale e morale non è
più capace di discernere il bene dal male .... preghiamo
per tante persone ammalate gravemente che non hanno
speranza di guarire e diamo loro la Speranza Vera quella che
viene dal pensare che la nostra vita terrena è solo "
un passaggio " e che la Vera Vita è quella che vivremo
con Gesù Cristo nostro Salvatore , nato e morto per noi
per donarci quella Vita Eterna dove sempre per
l'eternità saremo nella gioia e nella pace del nostro
Creatore e Signore .Credere in Lui non delude e solo nella
fede e con l'aiuto dello Spirito Santo potremo avre
scelte giuste e responsabili in tutti i campi ...La vita è
sacra ma attenti a non dare agli uomini un surrogato di vita
...la vita non è vita se non vive di per sè ! diamo alle
persone ammalate la dignità di vivere e la dignità di
morire . L'accanimento terapeutico è terribile e
deleterio .I medici stiano attenti a prodigare le loro cure
...spesso vengono somministrate con leggerezza e con
superficialità senza prevedere le conseguenze .La sanità
si interroghi .
23 dicembre 2006 0:00 - Reset
Leggo molte prese di posizione, per così dire, etiche,
morali e comportamentali, ma poche riflessioni di tipo
medico-legale che, invece, entrano nella sostanza del
problema in termini giuridici. Vorrei ricordare a voi tutti
che, sempre per legge, il paziente può rifiutare le cure
che gli vengono proposte o somministrate, fintantochè egli
non si ritrova in imminente, attuale e reale pericolo di
vita. Questa condizione, infatti, sempre secondo il nostro
codice giuridico, configura ciò che è riportato
nell'art. 54 del c.p., in base al quale il trovarsi in
imminente, attuale e reale pericolo di vita, toglie, di
fatto, la capacità del paziente, fino a quel momento
sancita di diritto, di disporre della propria salute, per
affidare il bene supremo della vita al medico che, in quel
momento, coglie di fatto, l'essenza di tale pericolo,
immanente e reale, per la sopravvivenza del soggetto.
Può piacere o meno, si può essere d'accordo o meno,
ma, di fatto, chiunque può decidere, se è in grado
d'intendere e volere, di "farsi staccare la
spina", ma, al momento in cui le condizioni cliniche
precipitano verso l'agonia della morte, il medico è
OBBLIGATO ai sensi dell'art. 54 del c.p. a ripristinare
quelle terapie che possono salvare la vita del paziente.
Egli, infatti, in condizioni di agonia, non viene più
ritenuto capace d'intendere e volere, per cui la sua
volontà decade, come le scelte compiute fino a quel preciso
istante in base alla volontà fino a quel momento
espressa. Su questa base, credo, verrà incriminato il
medico che ha aiutato Welby a morire. In questa dicotomia,
infatti, si confiugura il reato di omicidio di consenziente.
Il tutto in omaggio ai canoni della medicina legale.
22 dicembre 2006 0:00 - Fausto Intilla
Il problema dell’eutanasia sta esattamente in questo:
Per poter creare una legge costituzionale, che
permetta o meno l’interruzione di determinate terapie
fondamentali per il mantenimento in vita del soggetto in
questione,in base ai parametri di “volontà-sofferenza”
di quest’ultimo, occorre fondamentalmente stabilire alcune
cose:
1) Il soggetto che intende,per mezzo di
terzi, interrompere il trattamento terapeutico,
nel momento in cui ha dichiarato questa sua chiara
intenzione, era nel pieno delle sue facoltà di intendere e
di volere?
2) Vi sono state delle persone che,
potenzialmente, stando costantemente vicino al
soggetto-paziente in questione, avrebbero potuto influenzare
questa sua scelta?
2.a) L’hanno fatto
realmente?
3) Qual’era il livello di sofferenza
(fisico-psichico) in cui il soggetto si trovava al momento
di questa sua decisione?
3.a) Tale livello,
sarebbe potuto diminuire,con una terapia psico-analitica ?
(non dimentichiamoci che la psiche influenza il corpo, e
viceversa).
Risolvendo:
1)
Oggettivamente decidibile
2) Oggettivamente
decidibile
2.a) Oggettivamente indecidibile
3) Decidibile solo in base ai parametri soggettivi di
pochi osservatori in stretto contatto con il
soggetto-paziente;da un punto di vista oggettivo quindi:
indecidibile.
3.a) Decidibile solo in base ai
parametri soggettivi di pochi osservatori in stretto
contatto con il soggetto-paziente;da un punto di vista
oggettivo quindi: indecidibile.
Come possiamo
notare quindi, da questa “analisi logica” del
“problema”, a prevalere sono le questioni oggettivamente
indecidibili [punti: 2.a) ; 3) ; 3.a) ], su quelle invece
oggettivamente decidibili [ punti: 1) ; 2) ]. Non si dispone
quindi di una sufficiente quantità di informazione inerente
alla decidibilità del problema.
Conclusione:
La terapia di mantenimento in vita di un “malato
terminale”,qualora questa possa essere eseguita senza
alcun motivo di impedimento fisico (causato da fattori di
qualsiasi tipo),
Quanta falsa ipocrisia solo per piacere al Vaticano. Si
rifiuta ad un ammalato irrecuperabile di valersi del suo
diritto naturale di porre fine ad inutili sofferenza,
quando, in un passato assai recente, si condannava un
giovane sano e con un futuro,per il suo rifiuto di usare
un'arma per uccidere e evitare di farsi uccidere.
22 dicembre 2006 0:00 - Anna
Il confine tra presunta o reale volontà di un uomo di non
usufruire delle cure che lo tengono in vita e volonta dei
"cari congiunti" che se ne vogliono disfare non è
molto netto... Il rischio è quello di legalizzare omicidi
per disfarsi di chi non si ha più voglia di accudire.
21 dicembre 2006 0:00 - gaetano
pur essendo prevista una apposiata norma che vieta qualsiasi
trattamento sanitario contro volonta' nn si specifica se
il rifiuto sia estensibile anche a quelle terapie necessarie
per la vita del paziente.Ammettere una tale possibilita'
infatti porrebbe in contrasto tale norma con la
indisponiblita' della vita che è un principio generale
del nostro ordinamento.La norma andrebbe quindi interpretata
nel senso di vietare qualsiasi trattamento sanitario fino se
ed in quanto nn pregiudichino la vita del paziente.Il
problema radica la sua delicatezza proprio nella
imposibilita' di ammettere l'eutanasia senza
intaccare l'indisponibilita' del bene della vita.Il
problema potrebbe risolversi con un bilanciamento tra
interessi parimente generali come quello ad una vita
dignitosa.La situzione penso sia un po' piu'
delicata e complessa di come prospettato.