COMMENTI
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10 agosto 2010 16:43 - maxalber
Mi era sfuggita la firma, chiedo scusa.

Massimo Albertin.
10 agosto 2010 16:40 - maxalber
Scusandomi per il ritardo nelle mie risposte,

alla sig.ra olga9641 rispondo che ovviamente il crocefisso in classe non intacca la mia concezione atea (come potrebbe poi?), ma che comunque, come lascio a lei scegliere come dare un senso alla sua vita, penso di essere nel diritto di poter scegliere con la mia famiglia che senso dare al mio ateismo, senza dover aspettare permessi, concessioni o avvalli culturali da parte di chi ha fatto scelte diverse.

Al sig. Luciano Pellegrini dico che io non vengo da un altro paese, bensì ho frequentato le stesse aule della scuola dei miei figli e quindi ritengo che siano gli emissari di uno stato estero (la città del vaticano) a doversi adeguare alla legislazione laica del mio paese, e non io ai loro tentativi di imporre una teocrazia in Italia.
Per quanto riguarda le giornate festive io da oltre trent'anni lavoro di domenica e di giorni festivi senza pormi problemi. Non capisco in base a quale (suo) principio dovrei farlo gratis.

Alla sig.ra lucillafiaccola1796 rispondero' volentieri quando riusciro' a capire i suoi messaggi.
30 luglio 2010 19:02 - lucillafiaccola1796
Però non hanno la "coratella" di dirlo ai loro sado-antropofagi-padri[ni] spiriituali....!

Dovrebbero pensare che tenendo il loro d'io in croce, anche nel giorno di pasqua, giorno della sua presunta resurrezione, vogliono solo dimostrare che hanno potere su d'io e quindi a maggior ragione ne vogliono sui "cagno-lini"
chiesanti e cretinenti!
30 luglio 2010 15:14 - Annapaola Laldi
Mi pare che la signora Olga e il signor Luciano non prendano nella dovuta considerazione che i coniugi Albertin sono cittadini italiani e, nella fattispecie, il signor Albertin è italiano di nascita, addirittura veneto. Quindi, qui il punto non è, come vogliono far credere i due gentili interlocutori, quello, pur discutibile, che se a uno "straniero" non piacciono le tradizioni del luogo in cui si è trasferito, fa bene ad andarsene. Il punto è che nella stessa Italia, gli stessi cittadini italiani e perfino gli stessi "nativi" italiani, seguono confessioni religiose e/o filosofie differenti, e che i simboli di un gruppo, sia pure maggioritario, non rappresentano affatto il comune sentire della popolazione. Del resto, non tutti i cattolici credenti e praticanti sono d'accordo sull'eposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Anzi, per molti di loro la riduzione del crocifisso a un simbolo "culturale" e a un oggetto di arredamento è cosa molto blasfema.
26 luglio 2010 16:22 - luciano pellegrini
Tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Però se io decidessi di andare a vivere in un paese dove si professa un’altra religione, mi adeguerei ed accetterei i loro usi.
I coniugi Massimo Albertini e Soile Lauti, sono contenti che i loro figli danno loro ragione. Ma è una vittoria “ donchisciottesca”, in quanto vivendo con i genitori, vuol dire che accettano le loro idee. Altrimenti se ne sarebbero andati.
Una cosa vorrei dire a questa persone. In Italia si ha diritto ad un certo numero di festività riconosciute e PAGATE! Molte di esse legate alla religione di stato. Perché queste due persone e quelle che la pensano come loro, in questi giorni NON VANNO A LAVORARE? O devolvono i soldi che in ogni caso prendono per questa festività alla quale loro non si riconoscono a qualche associazione o ente?
23 luglio 2010 11:36 - olga9641
non si vede il motivo di sollevare tante storie per una cosa del genere. tutti i Paesi del mondo hanno sempre avuto tradizioni religiose e nessuno ha mai preteso che venisse limitata la loro diffusione. cerimonie, feste e quant'altro sono al centro dell'attenzione in ogni paese del mondo e sono condivise da milioni di persone. con il crocifisso bisognerebbe eliminare così ogni tipo di culto vissuto fuori dalle mura di casa, per non dare fastidio. a chi poi? un ateo può rimanere tale anche con il crocifisso in classe, con il giorno di pascqua e di natale e con tutte le feste dei patroni di paese diffuse in italia e non solo, così come ogni cristiano sta cercando di abituarsi a moschee o culti diversi. le religioni vanno ben oltre gli oggetti che le rappresentano, ma hanno sempre aiutato le genti ad avere una "strada da seguire", non tutti sanno gestirsi da soli ed avere dei modelli può aiutare molti a vivere meglio. che male c'è in questo? per dare un senso all'ateismo si vanno a cercare dei problemi inesistenti,lasciandosi scappare tutte le vere difficoltà in cui il mondo si è sommerso...
18 luglio 2010 19:02 - lucillafiaccola1796
Il tempo passa e lorladroni di tutto il mondo uniti nello sfruttamento dei poveri coglioni [Noi] incassano le loro laute prebende palesi e nascoste. Questo è il SUCCO, CARI CON- CONTRI-BUENTI...!
18 luglio 2010 15:29 - Annapaola Laldi
Mi piace sempre mettere a confronto posizioni diverse su un dato argomento. Trovo che vedere la stessa cosa da angolazioni differenti sia molto istruttivo ed arricchente.
Riporto pertanto qui l'editoriale di Letizia Tomassone (pastora valdese e vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia), comparso su "Riforma" del 9 luglio 2010 (che peraltro ho già fatto conoscere in "Di' la tua")dal titolo

"Crocifisso e identità italiana"
(di Letizia Tomassone)

"Tutti noi siamo cresciuti con il crocifisso nelle aule scolastiche, a volte nascosto nel cassetto della cattedra. Chi ha vissuto sotto il Concordato del ’29 ha anche goduto di molti giorni di vacanza legati alle ricorrenze cattoliche, e ha fatto le battaglie per non imparare a memoria le poesie sui santi o su Maria. In fondo la nostra avversione per un simbolo come il crocifisso, che portava con sé alleanze di potere tra chiesa e scuola, ha originato la nostra ricerca di una laicità possibile in Italia. Con il Concordato del 1984 si aprivano molti spazi per una libertà religiosa in Italia prima difficilmente immaginabile. Ora, la Corte europea per i diritti del l’uomo ha affrontato il tema dell’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici nel nostro paese.
Si attende questa decisione in un clima di contrapposizione e di affermazione di identità. Perfino il presidente Napolitano, solitamente molto delicato e discreto, ha voluto sottolineare che il crocifisso fa parte della cultura del popolo italiano. Come quando ero bambina e venivo messa in corridoio durante l’ora di religione o mentre la mia classe si recava a messa, mi domando se faccio davvero parte di questo popolo. Così infatti ha affermato il legale che ha difeso la posizione dell’Italia alla Corte europea, Nicola Lettieri: “Se il crocifisso è presente nelle aule, il motivo non è l’indottrinamento, ma si tratta dell’espressione di un sentimento popolare che è alla base dell’identità nazionale”. In un mondo in rapido movimento, voler fissare l’identità nazionale attraverso un simbolo è una mossa degna della Lega (e non per questo meno vincente!). Sarà che la visione di una religione o società liquida ha contagiato l’analisi non soltanto di chi vive la fede dei valori irrinunciabili, ma anche dei cosiddetti laici. Eppure il crocifisso ha una storia molto pesante, storia di potere, e di imposizione di una presenza schiacciante, che non lascia spazio a pensarsi altrimenti.
Come protestanti italiani siamo del tutto contrari a questo simbolo, al punto da confondere le idee a chi simpatizza con noi e, viaggiando in Nord Europa, si ritrova a visitare chiese protestanti con tanto di crocifisso e di immagini. Anche noi ci dimentichiamo troppo spesso di dire che l’assenza di immagini è una nostra scelta per il contesto italiano, che non corrisponde alle scelte di tutti i protestanti in tutto il mondo. Anche noi cadiamo nella tentazione di pensare universale la nostra esperienza e soprattutto la nostra idea di società plurale e laica. In Italia non siamo seguiti neppure dalle comunità ebraiche, che vedrebbero di buon occhio un’ora di religione ebraica nella scuola pubblica.
Ma veniamo ai nostri argomenti in difesa di una laicità che spogli le aule pubbliche di simboli religiosi. Assieme a molti cattolici del dissenso ci viene da dire che l’evangelo non è onorato attraverso un segno appeso ai muri, ma attraverso azioni di giustizia. Dato che la società italiana, proprio nelle sue istituzioni pubbliche, non esprime grandi capacità di praticare i principi della pace e della giustizia che sarebbero propri dell’evangelo, è meglio non darle una patente che non le spetta. Ma c’è di più. Per noi protestanti italiani questo simbolo non rimanda a Dio. La croce che sta nelle nostre chiese è vuota: in primo luogo perché Cristo è risorto, non è inchiodato in eterno a quella croce, anche se il risorto ne porta i segni nel corpo.
Ma la croce è vuota anche perché Dio non legittima in alcun modo quell’antico strumento di esecuzione su cui vennero torturate e uccise migliaia di persone. Eppure non possiamo legittimare la nostra posizione su questa base. Ci possiamo battere per una società senza simboli imposti per legge, ma dobbiamo intanto impegnarci per una società che sia attraversata veramente dalla trasformazione evangelica. La priorità è il cammino del discepolato, con o senza simboli appesi ai muri. Possiamo sentirci italiani a pieno titolo, anche se portatori di un sentimento diverso da quello della maggioranza. E aiutare così altri, nuovi cittadini di questo paese, a non farsi discriminare per le appartenenze religiose altre. Siamo discepoli di un maestro senza potere religioso, ma che pone con decisione la spiritualità come cardine nelle decisioni sociali. Non basta difendere la laicità, bisogna saper esprimere la speranza che ci muove, quei criteri di riconciliazione e accoglienza che danno origine a una società aperta e pienamente umana".
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