alla sig.ra olga9641 rispondo che ovviamente il crocefisso
in classe non intacca la mia concezione atea (come potrebbe
poi?), ma che comunque, come lascio a lei scegliere come
dare un senso alla sua vita, penso di essere nel diritto di
poter scegliere con la mia famiglia che senso dare al mio
ateismo, senza dover aspettare permessi, concessioni o
avvalli culturali da parte di chi ha fatto scelte
diverse.
Al sig. Luciano Pellegrini dico che io non vengo da un altro
paese, bensì ho frequentato le stesse aule della scuola dei
miei figli e quindi ritengo che siano gli emissari di uno
stato estero (la città del vaticano) a doversi adeguare
alla legislazione laica del mio paese, e non io ai loro
tentativi di imporre una teocrazia in Italia.
Per quanto riguarda le giornate festive io da oltre
trent'anni lavoro di domenica e di giorni festivi senza
pormi problemi. Non capisco in base a quale (suo) principio
dovrei farlo gratis.
Alla sig.ra lucillafiaccola1796 rispondero' volentieri
quando riusciro' a capire i suoi messaggi.
30 luglio 2010 19:02 - lucillafiaccola1796
Però non hanno la "coratella" di dirlo ai loro
sado-antropofagi-padri[ni] spiriituali....!
Dovrebbero pensare che tenendo il loro d'io in croce, anche
nel giorno di pasqua, giorno della sua presunta
resurrezione, vogliono solo dimostrare che hanno potere su
d'io e quindi a maggior ragione ne vogliono sui "cagno-lini"
chiesanti e cretinenti!
30 luglio 2010 15:14 - Annapaola Laldi
Mi pare che la signora Olga e il signor Luciano non prendano
nella dovuta considerazione che i coniugi Albertin sono
cittadini italiani e, nella fattispecie, il signor Albertin
è italiano di nascita, addirittura veneto. Quindi, qui il
punto non è, come vogliono far credere i due gentili
interlocutori, quello, pur discutibile, che se a uno
"straniero" non piacciono le tradizioni del luogo in cui si
è trasferito, fa bene ad andarsene. Il punto è che nella
stessa Italia, gli stessi cittadini italiani e perfino gli
stessi "nativi" italiani, seguono confessioni religiose e/o
filosofie differenti, e che i simboli di un gruppo, sia pure
maggioritario, non rappresentano affatto il comune sentire
della popolazione. Del resto, non tutti i cattolici credenti
e praticanti sono d'accordo sull'eposizione del crocifisso
nei luoghi pubblici. Anzi, per molti di loro la riduzione
del crocifisso a un simbolo "culturale" e a un oggetto di
arredamento è cosa molto blasfema.
26 luglio 2010 16:22 - luciano pellegrini
Tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Però se io
decidessi di andare a vivere in un paese dove si professa
un’altra religione, mi adeguerei ed accetterei i loro
usi.
I coniugi Massimo Albertini e Soile Lauti, sono contenti
che i loro figli danno loro ragione. Ma è una vittoria “
donchisciottesca”, in quanto vivendo con i genitori, vuol
dire che accettano le loro idee. Altrimenti se ne sarebbero
andati.
Una cosa vorrei dire a questa persone. In Italia si ha
diritto ad un certo numero di festività riconosciute e
PAGATE! Molte di esse legate alla religione di stato.
Perché queste due persone e quelle che la pensano come
loro, in questi giorni NON VANNO A LAVORARE? O devolvono i
soldi che in ogni caso prendono per questa festività alla
quale loro non si riconoscono a qualche associazione o ente?
23 luglio 2010 11:36 - olga9641
non si vede il motivo di sollevare tante storie per una cosa
del genere. tutti i Paesi del mondo hanno sempre avuto
tradizioni religiose e nessuno ha mai preteso che venisse
limitata la loro diffusione. cerimonie, feste e quant'altro
sono al centro dell'attenzione in ogni paese del mondo e
sono condivise da milioni di persone. con il crocifisso
bisognerebbe eliminare così ogni tipo di culto vissuto
fuori dalle mura di casa, per non dare fastidio. a chi poi?
un ateo può rimanere tale anche con il crocifisso in
classe, con il giorno di pascqua e di natale e con tutte le
feste dei patroni di paese diffuse in italia e non solo,
così come ogni cristiano sta cercando di abituarsi a
moschee o culti diversi. le religioni vanno ben oltre gli
oggetti che le rappresentano, ma hanno sempre aiutato le
genti ad avere una "strada da seguire", non tutti sanno
gestirsi da soli ed avere dei modelli può aiutare molti a
vivere meglio. che male c'è in questo? per dare un senso
all'ateismo si vanno a cercare dei problemi
inesistenti,lasciandosi scappare tutte le vere difficoltà
in cui il mondo si è sommerso...
18 luglio 2010 19:02 - lucillafiaccola1796
Il tempo passa e lorladroni di tutto il mondo uniti nello
sfruttamento dei poveri coglioni [Noi] incassano le loro
laute prebende palesi e nascoste. Questo è il SUCCO, CARI
CON- CONTRI-BUENTI...!
18 luglio 2010 15:29 - Annapaola Laldi
Mi piace sempre mettere a confronto posizioni diverse su un
dato argomento. Trovo che vedere la stessa cosa da
angolazioni differenti sia molto istruttivo ed
arricchente.
Riporto pertanto qui l'editoriale di Letizia Tomassone
(pastora valdese e vicepresidente della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia), comparso su "Riforma" del 9
luglio 2010 (che peraltro ho già fatto conoscere in "Di' la
tua")dal titolo
"Crocifisso e identità italiana"
(di Letizia Tomassone)
"Tutti noi siamo cresciuti con il crocifisso nelle aule
scolastiche, a volte nascosto nel cassetto della cattedra.
Chi ha vissuto sotto il Concordato del ’29 ha anche goduto
di molti giorni di vacanza legati alle ricorrenze
cattoliche, e ha fatto le battaglie per non imparare a
memoria le poesie sui santi o su Maria. In fondo la nostra
avversione per un simbolo come il crocifisso, che portava
con sé alleanze di potere tra chiesa e scuola, ha originato
la nostra ricerca di una laicità possibile in Italia. Con
il Concordato del 1984 si aprivano molti spazi per una
libertà religiosa in Italia prima difficilmente
immaginabile. Ora, la Corte europea per i diritti del
l’uomo ha affrontato il tema dell’esposizione del
crocifisso nei luoghi pubblici nel nostro paese.
Si attende questa decisione in un clima di contrapposizione
e di affermazione di identità. Perfino il presidente
Napolitano, solitamente molto delicato e discreto, ha voluto
sottolineare che il crocifisso fa parte della cultura del
popolo italiano. Come quando ero bambina e venivo messa in
corridoio durante l’ora di religione o mentre la mia
classe si recava a messa, mi domando se faccio davvero parte
di questo popolo. Così infatti ha affermato il legale che
ha difeso la posizione dell’Italia alla Corte europea,
Nicola Lettieri: “Se il crocifisso è presente nelle aule,
il motivo non è l’indottrinamento, ma si tratta
dell’espressione di un sentimento popolare che è alla
base dell’identità nazionale”. In un mondo in rapido
movimento, voler fissare l’identità nazionale attraverso
un simbolo è una mossa degna della Lega (e non per questo
meno vincente!). Sarà che la visione di una religione o
società liquida ha contagiato l’analisi non soltanto di
chi vive la fede dei valori irrinunciabili, ma anche dei
cosiddetti laici. Eppure il crocifisso ha una storia molto
pesante, storia di potere, e di imposizione di una presenza
schiacciante, che non lascia spazio a pensarsi
altrimenti.
Come protestanti italiani siamo del tutto contrari a questo
simbolo, al punto da confondere le idee a chi simpatizza con
noi e, viaggiando in Nord Europa, si ritrova a visitare
chiese protestanti con tanto di crocifisso e di immagini.
Anche noi ci dimentichiamo troppo spesso di dire che
l’assenza di immagini è una nostra scelta per il contesto
italiano, che non corrisponde alle scelte di tutti i
protestanti in tutto il mondo. Anche noi cadiamo nella
tentazione di pensare universale la nostra esperienza e
soprattutto la nostra idea di società plurale e laica. In
Italia non siamo seguiti neppure dalle comunità ebraiche,
che vedrebbero di buon occhio un’ora di religione ebraica
nella scuola pubblica.
Ma veniamo ai nostri argomenti in difesa di una laicità che
spogli le aule pubbliche di simboli religiosi. Assieme a
molti cattolici del dissenso ci viene da dire che
l’evangelo non è onorato attraverso un segno appeso ai
muri, ma attraverso azioni di giustizia. Dato che la
società italiana, proprio nelle sue istituzioni pubbliche,
non esprime grandi capacità di praticare i principi della
pace e della giustizia che sarebbero propri dell’evangelo,
è meglio non darle una patente che non le spetta. Ma c’è
di più. Per noi protestanti italiani questo simbolo non
rimanda a Dio. La croce che sta nelle nostre chiese è
vuota: in primo luogo perché Cristo è risorto, non è
inchiodato in eterno a quella croce, anche se il risorto ne
porta i segni nel corpo.
Ma la croce è vuota anche perché Dio non legittima in
alcun modo quell’antico strumento di esecuzione su cui
vennero torturate e uccise migliaia di persone. Eppure non
possiamo legittimare la nostra posizione su questa base. Ci
possiamo battere per una società senza simboli imposti per
legge, ma dobbiamo intanto impegnarci per una società che
sia attraversata veramente dalla trasformazione evangelica.
La priorità è il cammino del discepolato, con o senza
simboli appesi ai muri. Possiamo sentirci italiani a pieno
titolo, anche se portatori di un sentimento diverso da
quello della maggioranza. E aiutare così altri, nuovi
cittadini di questo paese, a non farsi discriminare per le
appartenenze religiose altre. Siamo discepoli di un maestro
senza potere religioso, ma che pone con decisione la
spiritualità come cardine nelle decisioni sociali. Non
basta difendere la laicità, bisogna saper esprimere la
speranza che ci muove, quei criteri di riconciliazione e
accoglienza che danno origine a una società aperta e
pienamente umana".