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17 settembre 2012 14:30 - savpg8801
La pubblicità, oltre a rompere in ogni momento della giornata con ogni mezzo, è come le etichette sui prodotti.
Infatti trattasi di "imbonimento", parola classica dei venditori di fumo.
E' come la politica, cioè vendita di parole e promesse atte a farsi eleggere con la storiella dei numerini per comandare, ma in effetti, per guadagnare tanti soldini a scapito di noi popolaccio coglione.
Come si fa a togliere di mezzo la pletora dei "piazzisti" di ogni genere? Dai filosofi ai venditori di erbette o pozioni miracolistiche per ogni male, dai parloni di ogni tipo che cercano di inculcarci concetti furto-finanziari, cure acquatiche o scemenze orientali, o denti di tigre macinati, o risoluzioni sindacali o tecniche determinanti?
Come si fa a togliere i medioevali concetti del passaparola e delle denuncie associative che quasi sempre portano al terrorismo sia reale che mediatico?
Come si fa fidarsi di ciò che ci propinano ogni giorno, dal primo giornale radio della sveglia mattutina, alla colazione (chissà cosa c'è dentro) alle visite e alle cure mediche non sempre mirate ed efficaci, o agli alimenti salutistici che ci creano ultracentenari e sempre pimpanti ed efficienti sia moralmente che sessualmente?
Srebbe appropriato utilizzare il dubbio, il sospetto, il non mi fido di nulla e di nessuno, ma poi?
Vai te a rivoltare gli animi creduloni e gregari del popolaccio!
Non sapremo mai quel che mangiamo, anche se, per aver instaurato l'ennesimo sistema per far soldi con le etichette, si è voluto inculcare il dogma: morti, ma informati.
Ma la pubblicità, odiosa quanto si vuole, è un mezzo creduto buono per vendere anche se, per principio, io non compro la roba pubblicizzata. Vendere significa guadagnare; chi pubblicizza, forse guadagna di più.
Vendere significa ingrassare l'azionista o il proprietario d'impresa e far lavorare quei lavoratori(magari rumeni o cinesi). Ma non significa alimentare la crescita economica.
Se non si mangia il prosciutto tal dei tali, se ne mangerà un altro, magari non pubblicizzato.
Quindi vivendo nel dubbio, la gente continuerà a consumare, mettendo soldi nel giro consumistico, ma non potrà mai far nulla per essere realmente conscia di non spendere di più inutilmente (i prodotti pubblicizzati costano, ovviamente, di più) per risultati dubbi o, spessissimo, inesistenti se non proprio dannosi.
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