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Aduc-Osservatorio Firenze. Perche' le mense scolastiche sono un problema
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Comunicato di Vincenzo Donvito
26 febbraio 2015 15:43
 
 Stiamo parlando delle mense della scuola elementare, dove le problematiche sono molteplici e, spesso, anche diverse da scuola a scuola. Mense in cui mangiano bambini a cui non viene “somministrata” nessuna educazione alimentare e al gusto, ma quasi sempre solo che “i bravi bambini mangiano tutto, altrimenti sono viziosi”.
In questa molteplicita' di problematiche c'e' da considerare la qualita', spesso decantata dai nostri amministratori perche' basata sul cosiddetto “chilometro zero” che, di per se' -secondo loro e la moda in voga- dovrebbe essere sinonimo di qualita'. E stiamo parlando anche di igiene. Su quest'ultimo aspetto, mediamente, non abbiamo registrato nessuna particolare segnalazione negativa. Mentre non siamo cosi' sicuri che la qualita', pur seguendo i canoni della moda, possa definirsi eccellente; facciamo solo due esempi: la pizza e le carote. Per la prima, in genere e' un prodotto sulla cui qualita' (di produzione e materia prima) nessun genitore si sognerebbe mai di acquistarla per il proprio figliolo; una qualita' che farebbe sembrare anche prelibata quella miriade di pizze al taglio che, rivolte al turismo “mordi e fuggi”, fanno sfigurare un'immagine della citta' sulla cui elaborazione positiva molto viene speso da piu' parti. Sulle carote (materia prima, in questo caso), e anche per altri ortaggi, non essendo prodotti di agricoltura biologica, il loro sapore e' piu' simile ad un derivato chimico che deve essere reso gradevole e commestibile grazie ai condimenti... con in genere pessimi risultati.
Il problema principale che ci preme rilevare e' che diversi -pochi o tanti e' secondario- bambini mangiano solo parzialmente o per nulla cio' che gli viene proposto. “Bambini viziati che devono imparare e quindi se hanno fame mangeranno”? Oppure “bambini supernutriti da mega-merende che si portano da casa e che quindi, una volta in mensa, non hanno quei minimi stimoli che li porterebbero comunque a mangiare cibi su cui avrebbero un qualche dubbio... e poi imparano”? Valutazioni -diffuse piu' di quanto si possa credere- che ci fanno temere molto per i bambini. A questi ultimi si insegnano anche gli articoli della Costituzione repubblicana, con liberta', diritti e doveri: l'intento e' di renderli “piccoli cittadini” precoci... bene, ma per evitare che si tratti di astrattismo, occorre che questi bambini comprendano cosa e come questi diritti e doveri, questa liberta' vengono esercitati e rispettati nella propria quotidianita'. Nel nostro caso di bambini che mangiano poco o nulla, ovviamente in quelli piu' grandicelli, si pone questo problema: babbo e mamma pagano 98 euro al mese (la cifra piu' alta) per farmi mangiare, ma io mangio poco o quasi nulla... perche' devo pagare, anche se a me non piacciono, per esempio, i piselli e la pasta e fagioli e il palombo e lo yogurt con la frutta e lo stracchino, etc? Quindi pago per cosa? Non solo, se un bambino ha escluso dalla sua alimentazione i derivati dal maiale, sicuramente avrebbe diritto a mangiare secondo le proprie direttive alimentari, e gli viene offerta un'alternativa; perche' si ha rispetto per chi non gradisce il maiale, ma non si rispetta chi non gradisce -per esempio- i piselli?
Non viviamo in una missione dell'Africa piu' difficile dove arrivano gli aiuti delle Nazioni Unite e quindi dobbiamo accontentarci o morire di fame. Viviamo a Firenze, Italia, Europa, mondo cosiddetto occidentale, dove l'organizzazione economica e sociale e' modellata su liberta' e diritti. Dove sono questi ultimi per chi paga (direttamente e indirettamente con le tasse)? Esiste solo il dovere di mangiare cio' che non mi piace, e questo non confligge con il diritto di mangiare cio' che mi piace? Verranno cosi' fuori dei bambini viziati? Mah! Tutto il nostro modello economico e sociale si basa sul doverci far star bene e meglio, perche' un adulto puo' decidere di non mangiare i piselli e un bambino no? L'adulto, se non vuole i piselli e non puo' scegliere, va in un altro luogo a mangiare; il bambino che non vuole mangiare i piselli della mensa a scuola, non puo' andare in altro luogo. E' quindi il bambino di serie B rispetto all'adulto. Non sarebbe piu' opportuno che “l'altro luogo” andasse dal bambino? Non e' la mensa della Caritas e, come ci dimostra la grande ristorazione, con gli stessi costi di un pasto della mensa, si potrebbe far scegliere al bambino tra una rosa di proposte in cui c'e' sicuramente qualcosa che gli piace piu' dei nostri piselli. E' solo questione di organizzazione e di impostazione del servizio: vedi, per esempio, una mensa universitaria, dove le scelte sono molteplici e i costi simili o inferiori ai 5 euro della nostra scuola.
E' questa la soluzione? Non lo sappiamo, e' solo un esempio. Ma sappiamo molto bene invece che i bambini devono vivere sulla loro pelle direttamente cosa significhi qualita' e liberta', altrimenti.... che ci vanno a fare a scuola?
 
 
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