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Prodotti illegali. Acquisti in crescita. Irrimediabile? Come creare legalita'
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Comunicato di Vincenzo Donvito
18 novembre 2016 12:38
 
 La Confcommercio ci fa sapere che gli acquisti di prodotti illegali sono in crescita nel nostro Paese, soprattutto abbigliamento, audiovisivi, videogiochi e musica. Non solo non ci stupiamo, ma ci meravigliamo che le percentuali di crescita siano cosi' contenute. Quando manca armonia -e in alcuni casi c'e' un vero e proprio contrasto- tra domanda e offerta, questi sono i risultati: cresce l'illegalita'. E soprattutto, dato piu' preoccupante in democrazia: cresce l'accettazione e la giustificazione da parte degli attori principali, i consumatori. Mentre dall'altra parte -commercianti e produttori illegali- si e' sempre pronti e organizzati a far fronte alla domanda. Lo e', ovunque, per un prodotto super vietato e super richiesto come le droghe, non si capisce perche' non dovrebbe essere altrettanto per un capo d'abbigliamento, per un brano musicale o per un film o videogioco.
La domanda che il legislatore e chi ci governa si deve porre -e le conseguenti azioni- sono determinanti per cercare di invertire questa tendenza: dov'e' l'errore?
Gli elementi sono tanti, ma viste le percentuali in crescita, e' evidente che sono tutti poco considerati.
Ci sono gli elementi piu' facili da affrontare: le mancate o finte liberalizzazioni (dove la presenza delle pubbliche amministrazioni in regime di monopolio di fatto o reale, e' determinante); le imposte e la burocrazia per produttori, commercianti e consumatori. Piu' facili perche' si tratterebbe “solo” di mettere in pratica quelle che sono le leggi che gia' ci sono, o di farne migliori rispetto agli impegni presi in sede comunitaria.
Ci sono gli elementi piu' difficili da affrontare: gli accordi internazionali che favoriscano circolazione delle merci con abbattimento degli alti dazi doganali ancora in vigore (tipo il Ceta tra Ue e Canada o l'attualmente immobile TTIP con gli Usa). E, di conseguenza, il miglioramento e rafforzamento di quelle istituzioni che aiutano in tal senso, come -essenzialmente- l'Unione europea.
Insomma, e' questione di volonta' politica. Quella politica che fa della legalita' e della trasparenza il suo punto base. Poi, ovviamente, ci sono anche coloro che credono che un po' di illegalita' e' bene che ci sia, come valvola di sfogo per contesti in cui lo Stato non si puo' permettere di metterci il naso e le mani piu' di tanto, che' altrimenti si scontenterebbero alcune corporazioni e alcune imprese (multinazionali o meno che siano) che -allo stato e come contropartita- consentono di mantenere quelli equilibri di potere che interessano per conservare lo stesso. Ma e' proprio qui il problema. Abbiamo bisogno di segnali e di dati. Nel primo caso -segnali- sembra che ce ne siano… ma per l'appunto “sembra”, perche' -invece- sono smentiti da queste percentuali in crescita sul gradimento dei consumatori per l'illegalita'.
 
 
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