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Condominio. Convocazione dell’assemblea e onere della prova
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Il condominio di Alessandro Gallucci
11 aprile 2011 9:20
 
Il sesto comma dell’art. 1136 c.c. recita: “l'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione”.
Detto più chiaramente: tutti i condomini hanno diritto ad essere avvisati dello svolgimento della riunione. Ai sensi del terzo comma dell’art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, tale avviso deve essere comunicato ai comproprietari almeno 5 giorni prima della data fissata per l’assemblea (in prima convocazione). Il regolamento di condominio può prevedere un termine più lungo.
Per molto tempo è stato incerto se l’omessa convocazione comportasse la nullità o l’annullabilità della deliberazione assembleare. La differenza non è di poco conto: nel primo caso la decisione dell’assise può essere impugnata senza limiti di tempo, nel secondo caso è necessario provvedere al ricorso giudiziale entro 30 giorni, come prescritto dall’art. 1137 c.c. Per eliminare ogni tipo d’incertezza s’è reso necessario l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Cassazione. Secondo i giudici, che da quell’occasione in poi si sono sempre espressi nello stesso modo, “la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale comporta non la nullita’, ma l'annullabilita’ della delibera condominiale, che se non viene impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137, 3° comma, c.c. - decorrente per i condomini assenti dalla comunicazione e per i condomini dissenzienti dalla sua approvazione - e’ valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio” (Cass. SS.UU. n. 4806/05).
Ciò detto è utile domandarsi: che cosa accade se uno degli interessati non riceve l’avviso di convocazione? La risposta è molto semplice: egli, restando assente all’assemblea entro 30 giorni dalla comunicazione del verbale (la sua presenza all’assemblea sanerebbe il vizio), può impugnare la deliberazione. Che cosa dovrà dimostrare, ossia come andrà ripartito l’onere della prova tra condomino e condominio?
In una pronuncia del Tribunale di Salerno dello scorso settembre, “il condomino ricorrente che chieda l'annullamento ex art. 1137 c.c. non dovrebbe potersi più limitare ad allegare di non aver ricevuto l'avviso, e dovrebbe piuttosto avere l'onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali l'omessa comunicazione risulti, secondo i principi generali in tema di annullamento dell'atto” (così Trib. Salerno 27 settembre 2010). In sostanza il comproprietario, una volta che ha lamentato l’omessa convocazione e vedesse contestata tale doglianza, dovrebbe poter dimostrare che il proprio assunto è fondato e le osservazioni del condominio prive di pregio. Un esempio chiarirà il concetto. S’ipotizzi che a fronte dell’accusa di omessa convocazione, il condominio, pur senza essere in possesso dell’avviso di ricevimento, produca una distinta di raccomandate che attesti l’invio dell’avviso al pari d’ogni altro condominio. In questo caso al condomino spetterebbe il compito di contestare la ricezione, ad esempio, dimostrando che all’indirizzo in cui è stato recapitato l’avviso egli non ha residenza o comunque non è domiciliato. Nell’ambito di un giudizio che verta su questo genere di contestazione, quindi, il condomino dovrà essere in grado non solamente di contestare gli errori del condominio ma anche di dimostrare la fondatezza di tali manchevolezze.
 
 
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