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Condominio. Innovazioni e installazione di un ascensore
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Il condominio di Alessandro Gallucci
19 settembre 2011 9:35
 
L’impianto di ascensore e’ uno tra i piu’ comuni impianti presenti negli edifici.
Se si tratta di edificio in condominio l’ascensore, salvo diversa indicazione degli atti d’acquisto, ricade tra i beni in proprieta’ comune ai condomini (art. 1117 c.c.).
Puo’ tuttavia accadere che l’edificio sia sprovvisto dell’impianto di ascensore.
In questi casi l’assemblea, con le maggioranze previste per le innovazioni (art. 1136, quinto comma, c.c.), puo’ deliberare la sua installazione.
Che, infatti, una decisione simile sia annoverabile tra le opere innovative vi sono pochi dubbi tenendo presente che “per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entita’ sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attivita’ o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (cosi’ Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Ai sensi del secondo comma dell’art. 1120 c.c. le innovazione sono vietate (per cio’ il condomino puo’ ricorrere al giudice contro la deliberazione che le disponga) se:
a) ledono la stabilita’ e la sicurezza dell’edificio;
b) alterano il decoro dello stabile;
c) rendano le parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Su quest’ultimo concetto s’e’ soffermata la Cassazione con la sentenza n. 15308 del 12 luglio 2011.
Nel caso di specie un condomino, che abitava il piano terra dello stabile, si lamentava del fatto che l’installazione dell’ascensore limitava l’accesso alla sua unita’ immobiliare rendendo altresi’ difficoltoso l’utilizzo della parte di ballatoio comune prospiciente la sua abitazione.
La causa e’ arrivata in Cassazione dopo che il giudice dell’appello aveva dato ragione al condomino.
Nell’accogliere il ricorso la Corte ha specificato che “nell'identificazione del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'art. 1120 c.c., comma 2, il concetto di inservibilita’ della stessa non puo’ consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione - coessenziale al concetto di innovazione - ma e’ costituito dalla concreta inutilizzabilita’ della res communis secondo la sua naturale fruibilita’; si puo’ tener conto di specificita’ - che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilita’ della compressione del diritto del singolo condomino - solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo" (Cass. 12 luglio 2011 n. 15308).
In sostanza il disagio che segue all’innovazione deve comportare l’effettiva inutilizzabilita’ del bene comune secondo quella che era la sua naturale forma di utilizzabilita’.
La semplice difficolta’ nell’uso, invece, non rileva ai fini dell’illegittimita’ dell’innovazione.
Si tratta, quindi, d’una valutazione da effettuarsi caso per caso in relazione alla specificita’ dell’opera deliberata e del disagio che la stessa comporterebbe.
 
 
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