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Liti condominiali: come scegliere l’avvocato
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Il condominio di Alessandro Gallucci
18 maggio 2010 16:37
 
Affrontare una causa, per un condominio vuol dire sostanzialmente promuovere o resistere ad una lite per vedere accolta una propria richiesta o per sentire respinta quella della controparte.
Per fare alcuni esempi:
- l’azione promossa dal condominio contro l’appaltatore che mira ad ottenere il risarcimento per il danno da difetti di costruzione,
- l’azione contro l’assicurazione per il pagamento dell’indennizzo previsto dalla polizza,
- l’azione del terzo o del singolo condominio contro la compagine condominiale per il danno dal infiltrazioni, il giudizio d’impugnazione della deliberazione condominiale, ecc.
Tutte situazioni, quelle dei contenziosi condominiali, che laddove il valore della controversia superi i 516,46 € (ai sensi dell’art. 82, primo comma, cod. proc. civ. al di sotto di quella soglia la parte che intende agire o resistere in giudizio può farlo personalmente) portano alla necessità di nominare un legale per l’assistenza in giudizio.
Chiarito ciò e quindi lecito domandarsi:
a) chi sceglie il legale del condominio?
b) quali sono gli strumenti in mano alla compagine condominiale per sapere fin dal principio il costo per l’assistenza prestata dall’avvocato?
Partendo dal primo dei due quesiti, in primo luogo è indispensabile consultare il regolamento di condominio. Questo documento, nell’intervenire sulle competenze ad iniziare o resistere ad un causa (che ai sensi del combinato disposto degli artt. 1130-1131 c.c. deve considerarsi ripartito tra amministratore ed assemblea) può contenere elementi utili alla scelta del difensore del condominio. Parlando per assurdo, una clausola di un regolamento che contenesse l’indicazione nominativa del legale, a parere di chi scrive, dovrebbe essere considerata nulla, al contrario di quelle pienamente legittime che specifichino i requisiti standard del procuratore legale cui rivolgersi (es. specializzato in una materia attinente all’oggetto del contendere, ecc.).
In assenza di disposizioni regolamentari sarà necessario distinguere tra le cause per le quali la competenza ad agire e/o resistere è posta in capo all’amministratore di condominio e quei contenziosi sui quali, invece, è l’assemblea a dover stabilire il da farsi.
Competenza dell’amministratore
Si tratta, sostanzialmente dei procedimenti giudiziali che possono scaturire dalle attribuzioni del mandatario dei condomini riconosciutegli dalla legge (art. 1130, primo comma, c.c.). Si pensi, per citare l’ipotesi più ricorrente, alla necessità di agire legalmente per ottenere un decreto ingiuntivo di pagamento al fine di recuperare le somme dovute dal condomino moroso. In questi casi l’amministratore, di propria iniziativa, potrà nominare un legale dandogli quindi mandato d’agire.
Allo stesso modo è pacifico che nelle ipotesi d’impugnazione di deliberazione l’amministratore possa, egli stesso, scegliere l’avvocato cui affidare l’incarico di difendere la compagine condominiale.
Che cosa fare se non si è d’accordo con la scelta del legale rappresentante del condominio?
Si tratta, come per altre ipotesi, di dover contestare un provvedimento dell’amministratore con un procedimento di per sé simile a quello che abbiamo indicato per la contestazione delle spese condominiali illegittime (vedi qui).
Competenza assembleare
Ai sensi del quarto comma dell’art. 1136 c.c. l’assemblea decide sulle liti attive e passive di sua competenza e la deliberazione deve essere presa con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno 500 millesimi (art. 1136, secondo comma, c.c.).
Decidere se resistere o intraprendere una causa vuol dire anche, laddove e' obbligatoria la nomina, scegliere un avvocato. I quorum per la scelta del legale sono quelli previsti per la decisione sulla lite.
Il compenso del legale
Ai sensi dell’art. 2 della legge n. 248/06, tra le altre cose, sono state “abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali:
a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti”.
Ad oggi, quindi, la contrattazione e' libera purché, laddove si decida un compenso che sia slegato dal rispetto delle tariffe, l’accordo ad esso inerente, a pena di nullità, sia redatto in forma scritta.
In sostanza, tanto nel caso di azione di competenza dell’amministratore, tanto nell’ipotesi di decisione assembleare di intraprendere una causa o resistere in giudizio, si potrà contrattare con il legale il costo delle prestazioni di assistenza.
 
 
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