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Il ciclo del sentiment degli investitori e le valutazioni attuali
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Editoriale di Alessandro Pedone
19 novembre 2014 13:53
 
Il 17 Novembre scorso, Mario Draghi avrebbe dichiarato che: “occorre mantenere alta la vigilanza sul sistema bancario, ma al momento non si vedono rischi sistematici di sovravalutazione degli asset del settore”.
Ovviamente Draghi non potrebbe dire pubblicamente che i titoli bancari, azionari e obbligazionari, sono sopravvalutati e rappresentano un rischio sistemico (altrimenti innescherebbe una crisi altrettanto sistemica), ma non vi è alcun dubbio che – almeno per la parte obbligazionaria – i titoli bancari sono largamente sopravvalutati.
Dal nostro punto vista è una facile profezia dire che fra qualche mese, o al massimo fra qualche trimestre, vedremo scritto sui media frasi del tipo: “ma come abbiamo fatto a non vedere?”.
L'enorme immissione di liquidità nel sistema finanziario fatta nel mondo (meno in Europa, in realtà) ha generato una grandissima inflazione negli asset finanziari in un contesto, per altro, deflazionistico per quanto riguarda tutti gli altri beni e servizi.
Tanto per fare solo un esempio lampante di titolo largamente sopravvalutato prendiamo il BUND tedesco. Investire in un titolo decennale che rende lo 0,8% è qualcosa che semplicemente non ha alcun senso. Non aveva senso neppure farlo quanto il titolo rendeva l'1,2% - ad esempio – ma chi l'ha fatto allora, oggi può dire di averci guadagnato. Questo è il meccanismo con il quale si generano le bolle. La giustificazione di un'operazione viene dall'esito di una precedente operazione simile e non si guarda più per niente il senso dell'operazione in sé.
In ogni bolla c'è sempre una “storia” che viene raccontata, un tema dominante, che fa da sfondo alla follia che sembra s'impossessi degli operatori finanziari. La “storia” di questo ciclo finanziario è riassumibile in questa frase: “tanto le banche centrali non permetteranno...”.
Se semplicemente confrontiamo le valutazioni attuali di praticamente tutti i titoli finanziari con le valutazioni medie storiche ci accorgiamo facilmente che questi prezzi sono fuori dal mondo.
Il rendimento di equilibrio di lunghissimo termine del BUND decennale, ad esempio, è intorno al 5%. Oggi siamo, come detto, allo 0,8%. Se il titolo tornasse a quel rendimento ciò implicherebbe una perdita del 40%. Certo, oggi l'inflazione è molto più bassa (e questo incide molto), ma è evidente che stiamo parlando di una enorme sopravvalutazione.
Il mercato azionario americano è chiarissimamente sopravvalutato (meno quello Europeo che però soffre di pressioni deflazionistiche) ma ancora una volta tutti sembrano pensare che “tanto le banche centrali non permetteranno...” e continuano a comprare perché le obbligazioni ormai non rendono più niente. La quantità di azioni americane acquistate a debito ha superato di gran lunga il picco massimo raggiunto nel Marzo del 2000 (prima dello scoppio della bolla di Internet), tanto per dirne una.
Prima o poi il giochino si interromperà. Si capirà che, per quanto potenti, le banche centrali non potranno tenere, artificialmente, i prezzi degli asset a valutazioni irragionevoli senza causare effetti negativi su altri versanti. Succederà che la storia della banche centrali che oggi sembra giustificare qualsiasi cosa, non apparirà più così credibile ed allora ci saranno rovinose discese.
I mercati finanziari, tipicamente, procedono per eccessi. E' molto probabile che quando le cose invertiranno la rotta, lo faranno in modo eccessivo, cioè vendendo a prezzi anche esageratamente bassi. E' sempre una questione di sentiment del mercato che solitamente procede per cicli come in questa immagine.
La fine di un mercato azionario negativo diventa "ufficiale" quando negli investitori inizia l’ottimismo. In questo ciclo, ciò è avvenuto nel 2010. Segue una fase più o meno lunga (e naturalmente intervallata da correzioni) nella quale il sentiment degli operatori è sempre più positivo fino ad arrivare alla vera e propria euforia. La fase dell’euforia è una fase nella quale si compra nella convinzione che tanto il mercato salirà per qualche “storia” che caratterizza quella determinata fase storica dei mercati finanziari. Come abbiamo scritto, la “storia” che caratterizza questa fase è: “tanto le banche centrali…”.. La fase della compiacenza è quella nella quale gli investitori si assuefanno a questa situazione. Si fa largo la convinzione che qualcosa di strutturale è cambiato nei mercati finanziari e che i “vecchi” criteri di valutazioni, che “gridano” quanto i prezzi siano folli, non valgano più in questo “nuovo contesto”. Sembrerebbe la esattamente la fase che stiamo vivendo.
Dopo o durante questa fase arrivano i primi scossoni sui mercati. Ma presto vengono riassorbiti. Da notare che a metà ottobre c’è stato uno scossone che è stato prontamente riassorbito. Passa ancora un po’ di tempo (solitamente qualche mese o qualche settimana) ed arrivano degli scossoni che non vengono riassorbiti. Il mercato inizia ad invertire la rotta, ma c’è la fase della negazione.
Gli operatori credono che sia solo questione di tempo ed anche questi scossoni verranno riassorbiti come quelli precedenti. Ma ciò non accade e avvengono nuovi scossoni. Inizia la fase della paura.
Il mercato entra “ufficialmente” in un periodo negativo (così detto: “orso”) e le cose sembrano andare sempre peggio. Si fa largo la fase della disperazione nella quale molti si domandano se “ormai, a questi prezzi” non sia il caso di tenere i titoli, perché le perdite sono troppo elevate. Si pensa che ormai i prezzi sono tornati ragionevoli e non potranno scendere ancora per molto. Ma presto arriva la fase del panico. Ormai si sta facendo largo una nuova “storia” che caratterizza la fase negativa del mercato e che giustifica il fatto di vendere praticamente a qualsiasi prezzo. Arriva la fase della capitolazione e poi dell’avvilimento. Nella fase della capitolazione vendono praticamente gli “ultimi” di quelli che venderanno in questo ciclo e che avevano “tenuto duro”. Nella fase dell’avvilimento le persone non vogliono più affrontare l’argomento. Semplicemente non ci pensano più. E’ il punto più basso. Da qui inizia un miglioramento del sentiment che riporterà all’ottimismo.
 
Vedremo nei prossimi mesi, o nei prossimi trimestri, se passeremo presto alla fase della negazione o se dobbiamo ancora esaurire completamente la fase della compiacenza.  
 
 
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