testata ADUC
Grecia: la fiera degli errori… e degli orrori
Scarica e stampa il PDF
Editoriale di Alessandro Pedone
15 luglio 2015 18:30
 
Lo scorso week-end è stato forse il punto più basso mai raggiunto dalle istituzioni europee. Una dimostrazione lampante del fatto che questa Europa ha un bisogno disperato di essere riformata nelle sue istituzioni oppure il fallimento del progetto europeo sarà solo questione di tempo.
Il waterbording mentale a cui Tsipras è stato sottoposto, ed il voltafaccia che ne è scaturito, nasce da una situazione che si è incancrenita e che ha visto la somma di una serie impressionante di gravissime responsabilità politiche che si sono stratificate per anni ed anni.
Dare tutta la colpa alla “Germania nazista” o alla “Grecia fannullona” è facile, ma ci allontana molto dalla realtà e quindi dalla soluzione del problema.
Il cuore del problema è la governance dell’Europa: una unione monetaria non può funzionare senza un’unione politica. Le decisioni, in Europa, vengono prese su base intergovernativa. Si tratta di una continua mediazione fra governi nazionali. I rappresentanti dei governi nazionali hanno come primissima preoccupazione restare in carica sulle proprie poltrone e per fare questo devono compiacere l’opinione pubblica nazionale anche quando questo va contro l’interesse nazionale di lungo termine che, spesso, coincide con l’interesse del progetto europeo nel suo complesso.
E’ evidente che in Grecia ci sono problemi di corruzione, evasione fiscale ed una mentalità che per anni ha visto “mungere” la mucca del pubblico per ricavarne grandi o piccoli vantaggi personali. Tutti sappiamo come la Grecia sia entrata nell’Euro truccando i conti, ecc.
Quando è scoppiato il problema dell’insostenibilità del debito pubblico greco, dal momento che le decisioni in Europa si prendono a livello intergovernativo, la situazione è subito stata posta come problema della Grecia, non problema dell’Europa. Si è subito posto il problema come Germania (principale finanziatrice) contro Grecia. Le rispettive opinioni pubbliche sono state sottoposte dai media ad un bombardamento di notizie parziali quando non completamente false che hanno reso sempre più complicato per i governanti fare scelte lungimiranti.
La crisi della Grecia inizia nell’autunno del 2009 quando l’allora primo ministro Papandreou rivela che le statistiche elaborate per entrare nell’Euro erano state truccate (lo si sapeva già dal 2004), che anche il precedente governo aveva truccato i conti e che il deficit pubblico sotto il 3% dichiarato era frutto di una falsificazione. “Il deficit per quest’anno ammonta al 12,7% del PIL ed il debito pubblico sfiora i 300 miliardi di euro. Di conseguenza, il nostro Paese rischia di soffocare sotto la mole del debito” disse allora il primo ministro greco. Queste pesanti dichiarazioni si inserivano in un contesto di crisi innescata dal problema dei così detti mutui “sub prime” che dagli USA inserirono un virus nel sistema finanziario internazionale con molte banche, anche europee, in forte crisi.
Già da quel momento si poteva perfettamente comprendere (come si comprende perfettamente oggi) che quel debito di circa 300 miliardi della Grecia non era sostenibile e che c’era bisogno di una pesante ristrutturazione.
E’ del tutto evidente che la Grecia ha le sue pesanti responsabilità nell’aver truccato i conti e vissuto molto al di sopra delle proprie possibilità per anni. Ma è anche evidente che i governi europei sono stati ciechi – come continuano ad esserlo tutt’oggi – nel rifiutarsi di accettare l’evidenza: ovvero che avrebbero dovuto acconsentire ad una ristrutturazione del debito Greco anche a carico del pubblico. Se lo avessero fatto allora, ci avrebbero risparmiato anni di recessione economica.
Invece le cose si sono trascinate e la ricetta che si è voluta imporre ad Atene era la ricetta dell’austerity fatta di: privatizzazioni, tagli degli stipendi pubblici e pensioni, aumento delle tasse. La ricetta, chiaramente, non ha funzionato e nel 2011 c’è stato bisogno di un secondo piano di salvataggio della Grecia accompagnato da un nuovo piano di austerity ed un taglio del debito privato.
Ancora una volta non si è compreso che quel taglio non sarebbe stato sufficiente, specialmente se accompagnato da un nuovo pacchetto recessivo per l’economia greca. Oltre al debito detenuto dai privati, andava tagliato anche il debito detenuto dalle istituzioni pubbliche ed andava accompagnato da una politica economica se non espansiva, quantomeno non recessiva.
Non si è fatto niente di tutto questo e siamo arrivati ai giorni nostri. Le politiche recessive hanno creato un clima sociale di disperazione che ha portato al governo un agglomerato politico populista come Syriza. I dati economici sono disastrosi. In questi anni di crisi la Grecia ha perso circa un terzo del proprio prodotto interno lordo! Gli indicatori economici e sociali sono paragonabili a quelli di un’economia post bellica.
In questo contesto i governi europei hanno continuato a pretendere dalla Grecia austerity ed a negare la necessità della ristrutturazione del debito. Perché questa apparente irragionevolezza? Perché chi decide sono i governi ed i governanti del nord temono l’opinione pubblica (alcuni governi sono già caduti sui precedenti piani di aiuto alla Grecia).
Anche i governi che si sono susseguiti in Grecia hanno fatto i loro gravi o gravissimi errori. Non sono mai riusciti a fare le tante riforme non recessive che avrebbero aiutato la situazione (riforme del fisco, della giustizia, ecc.).
L’ultimo Governo è stato forse il più deludente di tutti. Il ministro delle finanze Varoufakis ha esordito cacciando dalla Grecia la così detta Troika (FMI, BCE e Commissione Europea) con la quale avrebbe dovuto trattare per tutti i mesi successivi.
Negli ultimi sei mesi di trattative, quando si capiva perfettamente che le posizioni in campo erano inconciliabili, il Governo greco non ha mai proposto una radicale alternativa di politica economica rispetto alle proposte della Troika.
Invece di proporre un Referendum con una settimana di dibattito in una situazione già ampiamente fallimentare (con le banche chiuse!) il Governo greco avrebbe dovuto proporre mesi prima un piano alternativo che prevedesse, ad esempio, una moratoria sul debito per 5 anni, uno strumento di pagamento complementare all’Euro sulla base del quale proporre una politica economica espansiva della Grecia e sottoporre queste due alternative a Referendum con congrui tempi per un dibattito politico. Davanti ad un piano economico radicalmente alternativo, appoggiato da un Referendum serio e che non prevedesse ulteriori aiuti da parte degli altri Governi ma solo un periodo di moratoria del debito e l'esplorazione di diverse opzioni di politica monetaria ed economica, l’Europa non avrebbe potuto far altro che prenderne atto e far sperimentare alla Grecia una via alternativa alla permanenza nell’area Euro.
L’eccentrico ministro Varoufakis, però, non solo ha dimostrato di non avere alcuna dote politica, ma anche sul piano accademico ha dimostrato di non saper concretizzare in strumenti operativi le teorie economiche non main stream che ha sempre professato. E’ apparso che le uniche strade praticabili, secondo lui, fossero o il taglio del debito senza condizioni recessive o l’uscita dall’Euro.
Sarebbe stata possibile, invece, una permanenza nell’Euro ma con strumenti monetari complementari. Questa strada non è mai stata neppure presa in considerazione né proposta.
Alla fine, quindi, anche quest’ultimo governo della Grecia si trasformerà in una sorta di governo di unità nazionale che farà le solite politiche recessive fatte in tutti questi anni e che porteranno fra qualche trimestre a dover riparlare dell’insostenibilità del debito greco.
Appuntamento alla prossima puntata della tragedia greca…

 
 
EDITORIALI IN EVIDENZA
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS