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Obbligazioni in euro. Una sola parola: vendere
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Editoriale di Alessandro Pedone
9 luglio 2014 15:30
 
 Uno dei principi cardine di Aduc-Investire Informati è che non si possono dare specifiche indicazioni operative su cosa e quando comprare e vendere perché tutto dipende, in primo luogo, dalle caratteristiche dell'investitore e solo secondariamente dalle condizioni del mercato o prospettive di un singolo strumento finanziario.
In questo articolo, però, farò una parziale eccezione perché riteniamo che le condizioni attuali siano assolutamente eccezionali e pensiamo che sia utile per i nostri lettori essere molto chiari e diretti.
I prezzi attuali delle obbligazioni denominate in euro si possono giustificare razionalmente solo ed esclusivamente se si ritiene probabile che l'Europa si stia avviando verso alcuni lustri di deflazione in stile giapponese. Se non si crede a questo scenario, avere obbligazioni a medio-lungo termine è semplicemente irrazionale, senza alcun senso. Se si hanno obbligazioni con scadenze superiori ai 5-7 anni, la cosa più ragionevole da fare oggi è semplicemente sbarazzarsene. In primo luogo bisognerebbe partire da quelle considerate “più sicure” come i titoli tedeschi e tutte quelle a più elevato rating (dalla singola “A” in su), subito a ruota le obbligazioni aziendali a media-lunga scadenza. Ancor prima sono da vendere le così dette obbligazioni "high-yield", che oggi sono solo high-risk, perché l'"yield" - cioè il rendimento - è diventato ridicolo per il tipo di rischio che incorporano. Quando le cose gireranno – e prima o poi accadrà! - queste obbligazioni potranno perdere anche il 50% del loro valore. Anche i titoli di stato periferici (Italia, Spagna, ecc.) hanno rendimenti ormai non più logici e sono da vendere. Gli ulteriori margini di apprezzamento che questi titoli possono avere sono poca cosa in confronto ai forti rischi che incorporano.
Sono convinto che il mercato obbligazionario possa definirsi “in bolla” anche sul piano psicologico.

Ogni bolla è caratterizzata da una “storia dominante”. Gli operatori dei mercati si “raccontano una storia” che giustifica i prezzi chiarissimamente assurdi. Ai tempi della bolla del 2000 la storia che ci si raccontava era che “internet cambia tutto”. Le valutazioni delle azioni di un tempo non valgono più nulla perché siamo entrati in un nuovo paradigma. Spesso questa storia ha una componente di verità. Era vero, ad esempio, che "internet cambia tutto", ma non era vero che questo stravolgesse il modo di valutare le aziende. La storia che ci raccontiamo oggi è che “fino a quando le banche centrali mantengono questa politica monetaria, i prezzi non possono scendere, e le banche centrali manterranno questa politica, ancora a lungo”. Questa “storia” è entrata, come sempre avviene nelle fasi di bolle, non solo a far parte delle credenze degli operatori finanziari, ma anche del piccolo investitore il quale è avidamente alla ricerca di rendimenti poiché la liquidità rende zero ed anche le obbligazioni hanno rendimenti ridicoli. 
Qualche giorno fa è venuto un nuovo cliente in studio che aveva in portafoglio diversi BTP a lunga scadenza. Dopo le solite analisi ed incontri ho raccomandato di vendere questi BTP. Dopo un po' di giorni mi scrivere, letteralmente, che “suo fratello, calcolatrice alla mano” gli aveva spiegato che non conveniva vendere quelle obbligazioni perché rendevano di più...
Un altro mio cliente, questo invece di vecchia data, durante un incontro recente mi "rimprovera" di essere stato “troppo affrettato” nel raccomandare di vendere il BTP-ei 2041 sul quale ha realizzato profitti complessivi per circa il 30% perché, mi dice, “tutti sanno che fino a quando la BCE terrà i tassi bassi le obbligazioni non scenderanno”. (Fra parentesi, lo stesso cliente, invero l'unico – fra quelli storici – che frequentemente critica le raccomandazioni che gli fornisco, non mancava occasione ad ogni incontro, nel periodo più buio della crisi dell'Euro, per ricordarmi che avevamo sbagliato a comprare quel BTP così lungo e che mai e poi mai avrebbe rivisto il prezzo di acquisto in vita sua, che avrebbe dovuto portarsi il titolo con se' fin nella tomba, ecc. ecc.).
Ho raccontato questi due episodi per evidenziare come anche sul piano psicologico stiamo vivendo una bolla obbligazionaria. La gente compra (o non vende) non perché ritiene che ci sia del valore in quello che compra, ma solo perché la liquidità non rende niente ed è convinta che le obbligazioni non scenderanno “fino a quando la BCE... ecc. ecc.”.
Il fatto che sia semplicemente insensato detenere obbligazioni a lungo termine (a meno che non si creda nello scenario “giapponese” per l'area Euro) diventa un elemento del tutto secondario.
Noi crediamo che la BCE abbia tutti gli strumenti per evitare questo scenario Giapponese, abbia ben chiaro il pericolo e stia iniziando a mettere in capo provvedimenti in grado di riportare l'inflazione in Europa. Può darsi benissimo che i tassi, anche a lungo termine, rimangano eccezionalmente bassi a lungo, ma è un dato di fatto che l'extra-rendimento che le obbligazioni a lunga scadenza possono offrire in questo momento rispetto alla breve scadenza (o alla liquidità che è pressoché la stessa cosa) non ripaga minimamente il rischio implicito di calo dei prezzi che questi strumenti incorporano. I moltissimi investitori che oggi sono su fondi obbligazioni, polizze unit-linked, gestioni patrimoniali che hanno la maggioranza del denaro investita in obbligazioni, non si si rendono neppure conto che hanno praticamente la quasi certezza di rimettere soldi in una prospettiva di medio termine. In questi casi, fra costi impliciti ed espliciti, bassissimi rendimenti dell'obbligazionario e fortissimo rischio di discesa dei prezzi, le probabilità che ci lascino le penne diventa una quasi certezza.
 
Per quanto riguarda l'azionario, qui le cose sono più complesse. Ancora non si può parlare di vera e propria bolla, ma ci siamo abbastanza vicini. Il discorso è ancora più complesso e magari lo affronteremo in un prossimo articolo.
 
 
 
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