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Matrimonio gay. Le sconfitte della politica e le speranze della giustizia: ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale della Corte d'Appello di Firenze
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Famiglia e individuo di Claudia Moretti
27 gennaio 2010 19:07
 
Dopo le precedenti ordinanze con cui il Tribunale di Venezia e la Corte d'Appello di Trento, anche la Corte d'Appello di Firenze e il Tribunale di Ferrara sollevano dubbi sulla legittimita' costituzionale del divieto di matrimonio omosessuale. La prima con ordinanza del 3 dicembre 2009, la seconda con ordinanza del 14 dicembre scorso, decidono di sospendere il processo per attendere la parola finale della Consulta. In entrambe le pronunce si ripercorrono in buona sostanza le motivazioni gia' ampiamente espresse dalle prime ordinanze su citate (rispettivamente dell'aprile e del luglio 2009). In particolare si afferma che il divieto di nozze gay appare violare l'art. 2 della Costituzione che "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'". Non v'e' dubbio, infatti, ad avviso dei giudici, che la famiglia rappresenti la massima forma ove la personalita' di ognuno si realizza. Entrambe le ordinanze riportano poi l'elenco delle convenzioni internazionali che tutelano la coniugio:
- artt. 12 e 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948;
- artt. 8 e 12 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta' fondamentali;
- artt. 7 e 9 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea del 2000;
- art. 3 della Costituzione in merito al divieto ivi contenuto di discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale.
In proposito la Corte fiorentina, con parole toccanti, aggiunge: "Al giorno d'oggi, tuttavia, sarebbe davvero ridicolo, se non retrivo, contrapporre l'inclinazione omosessuale alla dignita' dell'uomo o all'integrita' morale del consorzio civile. Il progresso della sensibilita' comune ha ormai felicemente emancipato l'omosessualita' dal ghetto di emarginazione, se non di aperta repressione, in cui ideologie autoritarie del passato l'avevano confinata, facendo comprendere e rispettare alla generalita' dei consociati "un modo d'essere" (per usare le parole spese da Cort. Cost. n. 165/1985 per i transessuali) che risponde a moti insindacabili dell'animo umano, di cui la normativa di un ordinamento civile non puo' che prendere atto e consentire l'affermazione, evitando anzi ingerenze e sgombrando il campo da ogni ostacolo al dispiegarsi del diritto di autodeterminazione di ciascuno".
L'ordinanza dei giudici di Firenze rappresenta tuttavia un indubbio passo avanti rispetto alle precedenti ordinanze citate, perche' da un lato ribadisce con fermezza ed acume i ragionamenti gia' espressi che fondano il dubbio di legittimita' costituzionale. Dall'altro affronta ulteriori e possibili ostacoli all'espansione del matrimonio agli omosessuali, fugandoli, e maturando cosi' il quadro logico, giuridico che dovra' ora affrontare la Consulta.
In particolare l'interessante dubbio che la Corte si pone, non fosse altro che per il sottointeso quadretto sul vincolo matrimoniale, e' il seguente:
Il matrimonio e' un contratto molto gravoso, e i vincoli ed obblighi che ne conseguono non hanno eguali in tutto l'ordinamento: obbligo di coabitare, obbligo di assistenza morale e materiale anche dopo il suo scioglimento, obbligo di fedelta' sessuale. Ora, poiche' potrebbe sembrare che dette "limitazioni" abbiano la sola ragion d'essere ("scopo giustificativo") nell'esigenza di stabilita' economico-affettiva necessaria alla finalita' procreativa, come e perche' consentire una simile auto restrizione dei propri diritti a chi non si pone dette finalita'?
"Il divieto di matrimonio tra omosessuali perderebbe cosi' ogni sapore discriminatorio per assumere una funzione di salvaguardia, nei confronti di chi, non potendo procreare, verrebbe messo a riparo da impegni che l'ordinamento considera altrimenti intollerabili. La ratio della preclusione, a questo punto non sarebbe odiosa, sarebbe quella stessa ratio liberale e protettiva che, fuori dal matrimonio, impedisce in via ordinaria a chiunque di obbligarsi per tutta la vita ad essere fedele o a coabitare con qualcun altro".
Il ragionamento, che pur ha una sua validita' logico giuridica, e' poi utilizzato dai Giudici fiorentini per ricavarne opposte conclusioni: la finalita' procreativa svolge ormai solo un ruolo tendenziale nel giustificare l'instaurazione del matrimonio (si pensi alle coppie sterili), l'istituto che invece adempie ad indubbie funzioni di solidarieta' sociale e morale ingiustamente precluse alle coppie omosessuali.
La Corte d'Appello di Firenze afferma, del resto, che la tutela accordata agli sposi, grazie alla stabilita' del quadro delle relazioni sociali, affettive ed economiche che comporta, agli obblighi e ai diritti che ne consegue, non trova eguali ed adeguate possibilita' suppletive nell'autonomia di diritto privato.
E mentre e' ormai tramontata nella passata legislatura una ipotesi sbiadita di Pacs, Dico e quant'altro, i Giudici della Consulta si confronteranno con questa nuova interpretazione costituzionalmente orientata, moderna, attuale, che arriva dalle aule dei tribunali. Organi sempre piu' deputati a supplire laddove la politica, da anni, costantemente, fallisce.
 
 
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