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Condominio. L'avvocato puo' fare l'amministratore
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Articolo di Alessandro Gallucci
27 febbraio 2013 10:04
 
Il Cnf, forse, ha messo la parola fine alla querelle di questo inizio anno: l’avvocato, alla luce della nuovo ordinamento forense (l. n. 247/2012), puo’ o non puo’ assumere l’incarico di amministratore condominiale?
In un primo momento il Consiglio nazionale forense rispondeva cosi’:
R: No, in quanto costituisce altra attivita’ di lavoro autonomo, svolta necessariamente in modo continuativo o professionale. Tale circostanza risulta confermata, altresi’, dalla nuova disciplina in materia di professioni regolamentate (L. n. 4/2013) che conferisce dignita’ e professionalita’ alle categorie dei professionisti senz’albo. Sebbene non vengano meno i requisiti di autonomia ed indipendenza, che hanno sinora consentito di considerare compatibile l’attivita’ di amministratore di condominio con l’esercizio della professione, la riforma ha innovato profondamente la disciplina vigente, escludendo che l’avvocato possa esercitare «qualsiasi attivita’ di lavoro autonomo svolta continuamente o professionalmente», con eccezioni indicate in via tassativa – quali attivita’ di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale – ovvero con l’iscrizione nell’albo dei commercialisti ed esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti, nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro (art. 18, co. 1 lett. a)
D’altronde quello di amministratore e’ effettivamente un lavoro autonomo a tutto tondo. La legge sembrava essere chiara. In buona sostanza, in un primo momento per il CNF l’avvocato che era anche amministratore doveva scegliere: o l’uno o l’altro pena la cancellazione dall’albo.
Apriti cielo: tanti avvocati hanno protestato e tantissimo!
Risultato: quella risposta pubblicata come quesito n. 32 (l’ultimo) di una serie di domande-risposte sulla nuova legge forense sparisce. A questo punto l’uso del verbo “sembrava” di cui sopra diventa comprensibile.
Il Consiglio doveva riflettere meglio.
E lo ha fatto. Come? Naturalmente dicendo che le due attivita’, a suo parere, sono compatibili.
Perche’?
Lo leggiamo nel verbale di seduta del CNF del 20 febbraio 2013.
Si inizia dicendo che “quello dell’amministratore configura un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilita’ delle disposizioni sul mandato (Cass. 16 ago. 2008, n. 10815, ivi rv 535589); e proprio al mandato si riferisce ora anche l’art. 9 della recente legge n. 220 dell’11 dicembre 2012 (recante la modifica della disciplina del condominio negli edifici) quando, modificando l’art. 1229 c.c., attribuisce all’assemblea la facolta’ di subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione di una polizza di assicurazione per la responsabilita’ civile “(…) per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato” (ivi, art. 1129,terzo periodo, c.c.)”
In questo contesto, si prosegue, va ”osservato che – come si e’ visto – l’attivita’ di amministratore di condominio si riduce, alla fine, all’esercizio di un mandato con rappresentanza conferito da persone fisiche, in nome e per conto delle quali egli agisce e l’esecuzione di mandati, consistenti nel compimento di attivita’ giuridica per conto ed (eventualmente) in nome altrui e’ esattamente uno dei possibili modi di svolgimento dell’attivita’ professionale forense sicche’ la circostanza che essa sia svolta con continuita’ non aggiunge ne’ toglie nulla alla sua legittimita’ di fondo quale espressione, appunto, di esercizio della professione. Ben vero potrebbe obiettarsi che, se non sul piano della continuativita’, e’ su quello dell’attivita’ svolta professionalmente che potrebbe scorgersi un profilo di incompatibilita’. A questo proposito va detto, anzitutto, che nemmeno la citata legge n. 220/2012 ha innovato la figura dell’amministratore perche’ se ne ha ampliato, sotto certi profili, poteri e responsabilita’, non ha trasformato l’esercizio della relativa attivita’ in professione vera e propria, o quanto meno in professione regolamentata, come e’ confermato dal fatto che non e’ stato istituito ne’ un albo, ne’ uno specifico registro degli amministratori di condominio, mentre il fatto che essi debbano seguire corsi di aggiornamento (art. 25 nella parte in cui inserisce l’art. 71 bis delle disp. att. c.c.) non sembra sufficiente a configurare l’esistenza di una vera e propria professione. E la mancata istituzione di un albo o registro – ad onta di una prima versione della proposta di legge che invece la prevedeva – e’ indice ermeneutico di rilevante significato ai fini di confortare la soluzione qui accolta. D’altra parte, anche quando il riferimento alla svolgimento in forma professionale dovesse intendersi come allusione ad un modo di esercizio di un’attivita’ che richiede competenze, un minimo di qualificazione e rappresentante fonte reddituale, la riconducibilita’ dell’attivita’ all’area del mandato e di quest’ultimo ad una modalita’ di esercizio della professione forense, finisce per riferire a quest’ultima il citato requisito”.
Sintetizzando e semplificando, sembra che venga evidenziato quanto segue: l’elemento discriminante per valutare la compatibilita’ tra attivita’ di avvocato ed altri lavori autonomi e’ rappresentato dal particolare rapporto giuridico che s’instaura con il cliente e dalla mancanza di regolamentazione specifica dell’altra attivita’.
In pratica, siccome l’amministratore e’ un mandatario e non un professionista e siccome quello dei mandatari e’ ruolo spesso ricoperto dagli avvocati, allora e’ tutto in regola: insomma non c’e’ nessuna incompatibilita’. E la legge sulle professioni senz’albo cui gli amministratori devono (oppure dobbiamo dire, dovrebbero o avrebbero dovuto?) fare riferimento? Pare proprio che il CNF abbia affermato proprio l’esatto contrario di quanto affermato qualche giorno prima.
Anaci sulla sua pagina ufficiale facebook, il 18 febbraio ha scritto: “Indiscrezioni provenienti dal Ministero di Giustizia farebbero pensare che entro breve verra’ emanato un decreto attuativo della legge 220/2012 relativo alla formazione degli amministratori di condominio”. E se il decreto dovesse parlare di amministratore condominiale quale “lavoratore autonomo”?
Non entro nel merito: non e’ una questione di essere favorevoli o contrari a questo “doppio lavoro”. E’ una questione di certezza normativa. E non sembra che per come si stanno mettendo le cose, si stia andando in questo senso.
Ah! Dimenticavo: naturalmente tutti i guadagni proventi dell’attivita’ di amministratore condominiale concorrono alla determinazione del pagamento della cassa forense.
 
 
 
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