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Decreto ingiuntivo condominiale: legittimita', presupposti e conseguenze
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Articolo di Alessandro Gallucci
25 gennaio 2010 12:27
 
Secondo l'ultimo rapporto Censis-Anaci del 2009, nell'ambito delle cosiddette cause condominiali, le azioni relative al recupero crediti per la morosita' dei condomini occupano il primo posto.
Non e' raro sentire dire che l'amministratore abbia fatto notificare un decreto ingiuntivo o che sia in corso un'azione esecutiva che abbia comportato il pignoramento di beni del condomino.
Quando l'ingiunzione di pagamento degli oneri condominiali e' legittima, quali sono le conseguenze per il condomino e quando lo stesso puo' opporsi?
Il codice civile, e piu' precisamente le disposizioni di attuazione dello stesso, disciplinano espressamente l'azione monitoria per il recupero degli oneri condominiali.
L'art. 63, primo comma, disp. att. c.c. recita:
“Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore puo' ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione”.
La locuzione 'immediatamente esecutivo' sta ad indicare la possibilita' di procedere subito ad esecuzione forzata (pignoramento mobiliare, immobiliare, ecc.).
In sostanza –mentre per i decreti ingiuntivi “ordinari” il ricorrente deve aspettare che non sia proposta opposizione contro il decreto per poi ottenerne la dichiarazione d'esecutivita' e provvedere a notificarlo assieme al precetto– nel caso di crediti condominiali il decreto ingiuntivo potra' essere portato ad esecuzione (e quindi notificato immediatamente unitamente al precetto di pagamento) anche se il termine per l'opposizione e' ancora pendente.
Perche' cio' sia possibile e' necessario porre alla base del ricorso per decreto ingiuntivo il rendiconto, con la ripartizione delle spese, approvato dall'assemblea.
Lo stato di ripartizione puo' essere anche quello preventivo, non essendo necessario che sia approvato il consuntivo di fine anno per procedere al recupero del credito (Cass. 29 settembre 2008 n. 24229). Se cosi' fosse l'amministratore di condominio, nel caso di morosita' croniche, sarebbe impossibilitato a garantire la corretta erogazione dei servizi comuni nel corso dell'anno. E' importante, pero', che il rendiconto approvato sia quello dell'anno in corso.
Questa regola soffre di eccezione allorquando l'assemblea di condominio, per la noncuranza dei condomini, non approvi il rendiconto consuntivo presentato dall'amministratore. In questi casi, ci dice la Cassazione (sent. n. 24229/08), per evitare la paralisi gestionale del condominio l'amministratore potra' richiedere, al giudice competente, l'emissione del decreto ingiuntivo sulla base dell'ultimo rendiconto preventivo approvato.
L'Autorita' Giudiziaria competente per somme fino a € 5.000,00 e' il Giudice di Pace, per somme superiori il Tribunale.
La competenza territoriale va individuata nel luogo in cui e' situato l'edificio.
Una volta emesso, il decreto deve essere notificato al condomino moroso entro 60 giorni; quest'ultimo nel termine di 40 giorni dalla sua ricezione potra' proporre opposizione anche se, come si e' detto prima, l'esecuzione forzata in mancanza di pagamento puo' essere iniziata anche prima della scadenza del termine per proporre opposizione.
In pratica, tenendo conto che con il precetto si intima, al debitore, il pagamento entro e non oltre 10 giorni dalla sua notificazione, e' possibile affermare che si potra' dare corso al pignoramento dall'undicesimo giorno successivo alla notifica del decreto ingiuntivo e del precetto.
Che cosa puo' fare il condomino che si ritiene ingiustamente attaccato?
Le soluzioni sono due e presuppongono una tempistica differente:
- Se si ritiene che la richiesta e' errata in quanto si e' gia' provveduto a pagare quanto preteso, allora sara' necessario fare opposizione (allegando al ricorso gli elementi a sostegno delle proprie tesi ricevute di pagamento, ecc.) e chiedendo la sospensione dell'esecutivita'.
- Se, invece, il condomino, fin dal principio, ritiene che il rendiconto sia errato, allora dovra' impugnare quanto prima la delibera con la quale e' stato approvato. Cio' per evitare d'incorrere in decadenze per il trascorrere del tempo previsto dalla legge per l'impugnazione delle decisioni assembleari (30 giorni come previsto dall'art. 1137 c.c.).
Infatti, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire, recentemente, che a meno che non si tratti di vizio di nullita' della delibera (che puo' essere fatto valere in qualsiasi momento) quello di annullabilita' deve essere “fatto valere nel termine di cui all'art. 1137 c.c. con l'impugnazione della delibera al giudice competente, non potendo tale invalidita' essere accertata neppure incidenter tantum dal giudice adito con l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo relativo ai contributi deliberati dall'assemblea” (Cass. 23 novembre 2009, n. 24658).
In sostanza se riteneva ingiusta la delibera ma questa era solamente annullabile e non e' stata impugnata nei termini di legge, l'ingiunto sara' costretto a pagare per non vedersi elevato un pignoramento.
 
 
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
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