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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 settembre 2006 0:00
 
Seconda metà d'agosto. Tempo di cartoline.

...dall'Inghilterra...
Diversi giorni dopo Ferragosto e' arrivata, finalmente, la cartolina che G., il mio giovane amico, mi aveva mandato dall'Inghilterra alla fine del suo soggiorno londinese. Dato che non era ancora arrivata dopo tre settimane dalla spedizione, lui l'aveva data per persa -con dispiacere, perche' vi aveva messo fantasiosi saluti anche per la mia/sua micina Alef.
E invece la cartolina e' felicemente arrivata, anche se, all'inizio, l'immagine sembrava compromessa, tappata com'era in gran parte da un autoadesivo blu, sul quale -udite udite!- erano stampate le scuse delle reali poste britanniche:
"The sender didn't pay enough Airmail postage on this item, so we had to divert to an alternative service -sorry if there was a delay" (Il mittente non ha pagato l'importo sufficiente per la posta aerea, percio' abbiamo dovuto dirottare l'invio su un servizio alternativo -scusate se c'e' stato ritardo).
Con gli occhi ancora sgranati per la sorpresa, ho rimosso l'adesivo che non ha lasciato traccia sull'immagine, e cosi' l'abbazia di Westminster mi e' comparsa davanti in tutto il suo splendore.
Che dire?! Che civilta'!

.e dal Montenegro
Lo stesso giorno, il portalettere ha lasciato anche la cartolina che S., la mia amica tedesca, e generoso angelo custode nelle mie traduzioni dalla sua lingua materna, mi manda dal Montenegro. Essa era custodita in una busta bianca, su cui spiccano tre bei francobolli da 0,25 euro (si', proprio euro!) con la riproduzione della cartina di questo paese resosi indipendente dalla federazione con la Serbia lo scorso 21 maggio con un pacifico e non contestato referendum popolare.
Dai francobolli mi pare di capire che questo nuovo Stato ha assunto la doppia denominazione di "Crna Gora -Montenegro". Non ho letto niente in proposito, ma non credo di essere lontana dalla realta' a pensare che il nome in italiano sia come un ponte gettato, in generale, verso l'Unione europea, ma anche, piu' propriamente, verso l'Italia, e non solo per motivi di economia turistica. In effetti, l'Italia ha con questo paese alcuni percorsi di storia comune. Nei ristretti limiti della mia cultura, ricordo che proprio il nome, "Montenegro", gli viene dai Veneziani, che qui ebbero il possedimento di Cattaro, e che restarono impressionati dalle sue montagne coperte da foreste fittissime, che le facevano sembrare, appunto, nere. Un altro elemento di contatto piu' recente tra Italia e Crna Gora -Montenegro e' costituito dal fatto che una delle figlie del re Nicola I fu regina d'Italia, la regina Elena, dal 1900 al 1946. Infine, vi e' la presenza italiana in quel paese durante la seconda guerra mondiale, e precisamente dal 1941, di cui so molto poco, ma che, proprio in virtu' della presenza di Elena sul trono italiano, dovrebbe essersi connotata meno dura che altrove.
Comunque siano state le cose in passato, sento quel doppio nome, slavo-italiano, sui francobolli come pegno e impegno di relazioni feconde per il presente.

Quanto S. mi scrive offre un'interessante sintesi fra impressioni e osservazioni:
"Tanti saluti da una terra molto bella, dove, pur capendo niente della loro lingua, ho incontrato tante persone gentili e sorridenti. Incredibile che sono risorte da poco da una guerra. Anche del grande TITO non ho visto tracce, ma tantissime della casa reale montenegrina. Eccoti una bella regina".

La regina in questione, ritratta nella sobria eleganza del costume nazionale, e' Milena Petrovich, che mi colpisce per il suo sguardo, a un tempo, dolce e severo.
La curiosita' mi spinge a fare qualche ricerca, e cosi' scopro che Milena e' la madre della regina d'Italia, e che, in effetti, severa lo fu davvero, e anche molto, proprio in occasione del matrimonio della sua figlia sestogenita, Jelena (Elena), con l'erede al trono d'Italia, Vittorio Emanuele di Savoia. A quelle nozze, celebrate a Roma nel 1896, la regina Milena, convinta ortodossa, non partecipo', poiche' esse esigevano che Elena abiurasse la propria ortodossia a favore del cattolicesimo romano.
A mano a mano che leggo nuove informazioni, mi viene in mente anche quanto mi diceva mia nonna, che, cioe', di casa Savoia, l'unica che si salvava era proprio lei, la regina Elena. Ora, io non ho la possibilita' di fare confronti, ma devo constatare che, nel quadro problematico dei 46 anni di regno di Vittorio Emanuele III, la figura della sua consorte, Elena Petrovich -Niegosch (Cetinje, Montenegro,1873 -Montpellier, Francia, 1952) continua ancora a stagliarsi per la sua personale serieta', dignita' e pietas, che si tradussero in azioni concrete, e questo e' il motivo per cui mi sembra giusto dedicarle un po' di spazio.
Il fatto, ad esempio, che molti ospedali del nostro paese venissero intitolati, lei viva, al suo nome e continuino a portarlo anche in tempi repubblicani (il piu' importante forse e' il "Regina Elena" di Roma, inaugurato nel 1933) non fu, allora, un mero omaggio obbligato alla sovrana, ne', oggi, costituisce un semplice reperto archeologico, ma fu ed e' il riconoscimento all'impegno che questa donna mostro' per la ricerca e la cura del cancro e di altre malattie, tra cui anche l'encefalite letargica e il Parkinson, tanto da meritare la laurea ad honorem in medicina e chirurgia dell'universita' di Roma, consegnatale, per sua volonta', in modo riservato, il 2 giugno 1941 .. e, nel 2002, un francobollo legato proprio alla ricerca e alla prevenzione ai tumori al seno (Elena stessa mori' di cancro nel 1952). Un altro impegno di Elena Petrovich Savoia, legato alla scienza a motivo di una sua particolare sensibilita' , si riscontro' nell'ambito dei terremoti, e cio' diede luogo a un nutrito scambio di osservazioni fra lei e padre Guido Alfani, direttore dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze, che duro' per molti anni, e che aveva sia scopo preventivo sia di ricerca scientifica; purtroppo il dossier, che la regina conservava, ando' perduto durante l'occupazione tedesca di Roma.
Del resto, dei disastri e del dolore causati dal terremoto di Messina e Reggio del 28 dicembre 1908 Elena fu testimone diretta e immediata, perche' si reco' subito nella citta' siciliana, non tanto per rendersi conto, quanto proprio per soccorrere le vittime, restando sul posto per parecchio tempo ed esponendosi personalmente a molti rischi. E anche di questa sua non formale presenza in mezzo alla gente comune, che peraltro fu una costante della sua vita, la regina Elena ricevette un riconoscimento in tempi ormai pienamente repubblicani. Solo nel 1960, infatti, fu inaugurato a Messina il monumento dedicatole per l'opera di soccorso, quasi leggendaria, da lei svolta nel 1908.
Da queste poche note si capisce come Elena meritasse davvero l'appellativo di "pietosa", che suo padre Nicola le aveva dato quando era ancora piccola, e proprio questo aspetto della sua personalita' anche il papa Pio XI onoro', conferendole, nella primavera del 1937, la massima onorificenza allora concessa alle donne dalla Chiesa cattolica, e cioe' la "Rosa d'oro", e continua ad essere onorato, se, nel cinquantenario della morte (2002), il vescovo di Montpellier ha addirittura dato inizio alla causa di canonizzazione della "Serva di Dio Elena di Savoia (...) laica della diocesi di Montpellier e del vicariato di Roma, sposata, regina d'Italia".
Un senso di dignita' e di liberta' civile sembra trasparire anche dall'atteggiamento che la regina Elena ebbe verso Mussolini, che ella tenne alla massima distanza consentitale dal suo ruolo, chiamandolo, ad esempio, "signor presidente", e non "duce", come egli avrebbe preteso.
Proprio le caratteristiche, che la fecero amare alla gente comune, unite a una grande austerita', la resero, come si legge, antipatica a una certa parte della nobilta' e della stampa, quella che si nutriva di pettegolezzi. E poiche' lei non dava alcun adito ai chiacchiericci, ecco servito lo scherno. La chiamano la "paysanne" (contadina) e la "montanara", dimenticando, in quest'ultimo caso, che la montagna vuol vedere in faccia le persone ed esige in esse una forte e seria tempra fisica e spirituale -e che cio' non sia una merce diffusa, neppure nella "linea del sangue", la storia di ieri e la cronaca di oggi ci attestano con dovizia di anche crudi particolari.

A mo' di conclusione, sull'onda della considerazione appena fatta, voglio esprimere un augurio ai Montenegrini, fieri della loro ancor fresca indipendenza, e anche agli Italiani, troppo spesso dimentichi di avercela da tempo, questa indipendenza, e di usarla bene:
di essere noi, di persona e con originalita', dei veri, autentici montanari.

(a cura di Annapaola Laldi)

NOTA
Per le notizie sulla vita di Elena Petrovich Savoia ho consultato i seguenti libri:
SICCARDI, CRISTINA, Elena, la regina mai dimenticata, Paoline, Milano 2002 (2.a ed. riveduta e corretta)
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REGOLO, LUCIANO, Jelena, Simonelli editore, Milano 2002
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Su Internet ho consultato i seguenti indirizzi:
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