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Io sono il blogger saudita Raif Badawi!
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
18 gennaio 2015 19:29
 
A distanza di una decina di giorni, da quando mi sono unita a milioni di persone, scrivendo qui "Je suis Charlie!", oggi sono da sola a gridare:
Io sono il blogger saudita Raif Badawi!
E lo dico con ansia, perché sento l'urgenza di intervenire presso le autorità saudite per sottrarre questo prigioniero di coscienza alla tortura di una atroce flagellazione e alla lunga prigionia che gli si prospetta, ammesso che sopravviva alla stessa flagellazione.
E’ urgente – perché quasi nessuno se ne occupa. A quanto ne so ci sono in rete solo due petizioni per la sua liberazione, quella di Amnesty International e quella di “Magrebiya Quotidiano” diffusa da “Firmiamo.it”. 
E invece, di fronte al silenzio dei Governi occidentali, denunciato dal "Manifesto" di ieri, ci vuole una mobilitazione forte dal basso, possibile usando le opportunità offerte da Internet ai singoli cittadini che possono e devono scrivere e-mail o messaggi via Twitter all’Ambasciata dell’Arabia Saudita e anche al Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi e al ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni.

Perché lui, il trentenne Raif Badawi, è ancora vivo e si tratta, come appena accennato sopra, di cercare di salvargli la vita: di sottrarlo alla flagellazione delle 1000 (mille) frustate a rate (50 a settimana) e dei 10 anni di galera che gli hanno inflitto i giudici del tribunale penale di Gedda (Arabia Saudita), cumulando una serie di accuse, tra cui quella di aver pubblicato dei commenti estremamente critici nei confronti della religione e di alcuni funzionari religiosi sauditi su Twitter e Facebook  (evviva la libertà di parola!). 
Visto che l’Arabia Saudita ha partecipato alla marcia di Parigi dell’11 gennaio scorso, a sostegno della libertà d’espressione, possiamo appellarci, proprio noi, semplici cittadini e cittadine, a questo fatto, chiedendo al suo governo di essere un tantino coerente anche e soprattutto in casa propria? E di abolire ogni genere di tortura (compresa, ovviamente, la flagellazione)? Che senso ha, il 9 gennaio, infliggere le prime 50 (di mille) scudisciate a un uomo, che ha solo espresso pacificamente il proprio pensiero su Internet, e poi, due giorni dopo partecipare alla manifestazione di Parigi, e quindi, il 16 gennaio, essere pronti di nuovo a flagellare il giovane blogger? Una contraddizione di tal fatta va messa in evidenza e non può trovare giustificazioni che tengano - né legali, né politiche, né religiose.
Una notizia “buona” è arrivata ieri l’altro: la seconda flagellazione, che doveva avvenire venerdì 16 gennaio, è stata rinviata sia pure per motivi medici; infatti il medico del carcere, in cui è recluso Badawi, ha dichiarato che il prigioniero non sarebbe stato fisicamente in grado di subire un’ulteriore flagellazione, perché le ferite della prima, del 9 gennaio, non si sono rimarginate - vedi "Il Manifesto già citato, l'Agenzia di stampa: Ansa: e il "Corriere della sera" 
Questo rinvio potrebbe essere, però, dovuto anche all’effetto degli appelli lanciati sinora a favore di Badawi, a cui, a maggior ragione, bisogna che si unisca subito una organizzata pressione internazionale da parte dei Governi occidentali. Ma, lo ripeto, ritengo che sia necessario scendere in campo noi, semplici cittadini, rivolgendosi sia all'Arabia Saudita sia ai nostri governanti.
Con tutta la correttezza possibile, facciamoci sentire direttamente!

Questo è il testo che ho inviato all’Ambasciatore dell’Arabia Saudita a Roma:
“Egregio Signor Ambasciatore del Regno dell’Arabia Saudita,
La prego di inoltrare al Suo Governo questo appello per la liberazione del cittadino saudita Raif Badawi, in nome di quella libertà d’espressione, che il Suo stesso Governo ha manifestato di avere a cuore, partecipando, con tanti altri importanti Capi di Stato, alla marcia di Parigi dell’11 gennaio scorso. Mi permetto anche di esprimere un secondo auspicio: che in Arabia Saudita sia abolita la tortura, di cui fa parte anche la flagellazione, a cui è stato sottoposto Raif Badawi il 9 gennaio (e dovrebbe essere sottoposto ancora per un numero pazzesco di settimane); questi trattamenti, per la mia coscienza, sono disumani, sono inoltre messi al bando da convenzioni internazionali, e non rendono onore al Vostro pur grande Paese!
Ringrazio della gentile comprensione che Lei mi userà per avere scritto nella mia lingua (purtroppo non conosco l’arabo) e della attenzione che Lei, signor Ambasciatore, e il Suo Governo vorranno dare a queste richieste di una semplice cittadina italiana.
Distinti saluti.
A.L.”


L’ho inviato per e-mail, ai due indirizzi  dell’Ambasciata dell’Arabia Saudita ([email protected] e: [email protected]) e per conoscenza a Matteo Renzi ([email protected]).
Da notare che il ministro Gentiloni è irraggiungibile per posta elettronica che non sia certificata; ma lo è via Twitter: @PaoloGentiloni.
Anche con Matteo Renzi, ovviamente, si può comunicare via Twitter: @matteorenzi, oppure: @Palazzo_Chigi.

Facciamoci sentire!

 
 
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