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Lettera aperta a Giorgio Napolitano. Moratoria per l’articolo 59 della Costituzione
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
16 maggio 2013 12:07
 
Caro signor Presidente della Repubblica,
immagino che abbia molto da fare, se non altro a seguire, probabilmente con un certo patema d’animo, le vicende della vita del presente Governo. Per questo verrò subito al dunque, e mi scuso se lo farò in un modo alquanto perentorio, ma questo è il prezzo della stringatezza.
L’art. 59 della nostra Carta costituzionale va abrogato; nell’attesa che questo avvenga con la procedura richiesta, Le raccomando di metterlo in quarantena – in tutti e due i suoi commi. Questo il suo testo:

“E’ senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario
”.

Per quanto riguarda il primo comma, sarebbe un segnale importante e in chiave con la sobrietà autentica e non di facciata, di cui abbiamo bisogno quanto del pane e del lavoro, che Lei trovasse presto il momento e il modo adatto per annunciare che intende rinunciare al privilegio da esso contemplato, cioè quello di diventare Senatore a vita. Ascoltare e leggere la notizia che il Presidente Giorgio Napolitano, quando sarà il momento di congedarsi in perfetta salute (Le auguro) dalla massima carica della Repubblica, si ritirerà davvero a vita privata, ignorando ulteriori onori ed emolumenti, significherebbe una rivoluzione pacifica neppure tanto piccola, anche se prevista dalla stessa Costituzione. Auspico fortemente che i condizionali, che ho usato sopra, diventino presto un indicativo!
Per quanto riguarda il secondo comma, quello che dà al Presidente della Repubblica la facoltà “di nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, trovo sconsigliabili al momento attuale prese di posizione esplicite sulla necessità di una sua moratoria; basta che Lei, signor Presidente della Repubblica, continui a non avvalersi di quella facoltà, come sta facendo da qualche tempo.
Al di là del notevole risparmio economico, il motivo principale, che investe anche il primo comma, risiede nel fatto che queste nomine a Senatori a vita sono chiaramente un elemento estraneo alla struttura elettiva del Senato della Repubblica, e possono dare luogo a polemiche, come accadde durante il Secondo Governo Prodi, quando la nobile scienziata già ultranovantenne e sofferente Rita Levi Montalcini – ma non solo lei – diventò suo malgrado un jolly necessario per sostenere il predetto governo, trasformandosi in bersaglio delle scelleratezze, non meno intollerabili perché solo verbali, di un manipolo di beceri neri nell’anima. Però, il problema c’era e può presentarsi ancora; in effetti, è bene ribadire il concetto, in una Camera elettiva non può esserci posto per persone (sia pure poche) nominate e non, appunto, elette. E mi stupisce molto il fatto che quegli energumeni di allora, che stavano anche in Parlamento, non abbiano fatto l’unica cosa corretta che c’era da fare, cioè proporre un disegno di legge per l’abrogazione dell’art. 59. Cercare di capire il perché di questa omissione non aggiungerebbe nulla di sostanziale alla mia richiesta e quindi lascio perdere.
Non voglio tralasciare invece una considerazione sulla difficoltà oggettiva dell’individuazione dei “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, e della forzatura della sua interpretazione per nominare Senatori a vita personalità che hanno (avuto) come unica caratteristica l’aver passato la vita a fare politica. Oso dire, senza offesa, che per me è (stato) sempre un vero e proprio abuso, e mi sembra che quella nomina sia (stata) di solito una sorta di premio di consolazione offerto a uomini che non erano riusciti ad assurgere a più alta dignità. Faccio grazia dei nomi, perché non è questo il punto. Il nocciolo della questione mi sembra risiedere in queste domande nient'affatto retoriche:
Quale particolare altissimo merito sociale, scientifico, artistico e letterario hanno (avuto) quelle personalità che hanno vissuto la loro vita esclusivamente all’insegna della politica?
Infatti, se fare Politica significa davvero mettersi al servizio del Popolo sovrano, quale merito particolare potrebbe avere la persona che è stata eletta, quand’anche svolgesse il suo compito a un livello eroico? Non rientra forse nell’idea e nella pratica dell’autentico servizio svolgere quel ruolo con totale dedizione alla causa?

E’ con questi interrogativi che desidero salutarLa, certa che coglierà nell’anelito insito nella seconda domanda (che peraltro è formulata da una persona anziana) l’eco delle tante esortazioni, che Lei rivolge costantemente in special modo ai giovani perché tengano desta, tengano viva la fiducia nel loro e nostro futuro.
Ma per tenere viva questa fiducia bisogna fare ciò che è possibile qui e ora, ed è in questa ottica che io Le offro lo spunto per un’ulteriore azione concreta in questa direzione.
Con davvero infiniti auguri.
Annapaola Laldi

P.S. Va da sé che sia doveroso trovare un modo equo e giusto di onorare i cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Su questo si può aprire fin da ora un bel concorso di idee.
 
 
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