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UN PO' DI COERENZA, PER FAVORE - OVVERO: SULLA NECESSITA' DI RISPETTARE I PORCI
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 maggio 2004 0:00
 
Chi non ha mai detto "porco qui, porco la'", per esprimere con piu' forza il proprio disprezzo per qualcosa o per qualcuno, alzi la mano. Niente mani alzate! Neppure la mia.
L'uso dei termini che indicano i suini, maschi e femmine, per gettare discredito anche sul nostro prossimo e' cosi' diffuso che e' superfluo fare degli esempi, e persino fra i cattolici c'e' chi non si perita di accostare il nome del porco a quello della progenitrice EVA e dell'amico di Gesu', GIUDA ISCARIOTA, senza che qualcuno trovi da eccepire.

Da tempo provo disagio di fronte a simili esternazioni (compreso il banale "porca miseria!"), ma solo da poco ho capito che cio' accade perche' esse contengono una elevata e pericolosa dose di illogicita' ed incoerenza.
Infatti, nella nostra societa' italiana (mi limito al conosciuto), il porco (o maiale che dir si voglia) e' un animale importantissimo; non solo da tempi lontani, qui da noi, la sua carne costituisce gran parte dell'alimentazione, ma, almeno nel passato, tutte, o quasi, le parti del suo cadavere trovavano utilizzazione, tanto da far coniare il detto: "del maiale non si butta via nulla".
Ma allora, se il maiale e' stato ed e' cosi' prezioso per la nostra sopravvivenza e per la nostra economia generale, non e' strano che i nomi che lo designano vengano usati per offendere? Da dove nasce questa contraddizione fra il disprezzo che il suo nome suscita e il suo ampio apprezzamento sulla tavola? Un apprezzamento che, per esempio, nel 1439, fu testimoniato dai dignitari laici ed ecclesiastici ortodossi convenuti a Firenze per un Concilio che doveva riavvicinare la chiesa orientale a quella di Roma; e' allora, infatti, che nasce il termine "arista" (che in greco significa "ottimo"), a definire quello che e' un vanto del modo toscano di cucinare il maiale.
Stando cosi' le cose, sembrerebbe logico che i nomi che indicano questo animale, accostati a cose o a persone, dovrebbero suonare come una lode. O almeno suggerirci un po' di rispettoso silenzio di fronte a cio' che ci assicura la sopravvivenza; il che accadeva anche nella nostra antichita', quando gli animali e le piante importanti per la vita umana erano circondate da un sentimento di riverenza, che spesso diventava un vero e proprio culto. E del resto, ancora oggi, nella societa' induista, il divieto di uccidere le vacche, pur vecchie e improduttive, e' un segno di questo rispetto per l'animale che "da' la vita"; e, anche qui, prima di liquidare in fretta, e magari con ironia, questa tradizione, un piccolo ripensamento non guasterebbe.

Ma allora, noi, a che gioco giochiamo con le fonti della nostra sopravvivenza?
Qualcuno potra' osservare che il maiale e' un animale che sta nel sudicio e che mangia praticamente tutto quello che trova, una specie di cloaca vivente. Sulla prima "accusa" gli studiosi di etologia hanno qualcosa da eccepire: sembra, infatti, che, allo stato naturale, i maiali siano animali puliti, e che a condurre una vita lercia siano (stati) costretti dagli umani allevatori. E puo' essere vero; del resto, se il problema e' rotolarsi nel fango, questa e' un'abitudine di molti animali. Anche il nobilissimo cavallo ama farlo, per non parlare del cucciolo umano che e' attirato dalle pozzanghere come da una calamita .... Ma ne' il nome cavallo, ne' tantomeno quello dell'infante umano vengono usati per offendere. E se si tratta dell'ingurgitare di tutto, va detto che anche qui, beh, sempre noi umani non scherziamo! E allora?

A rigor di logica, se il maiale e' realmente avvertito come una cosa sporca, hanno ragioni da vendere gli Ebrei e i Musulmani che si astengono dal cibarsene. Nella Bibbia ebraica, il divieto si trova nel libro del Levitico (per questo e gli altri documenti vedere i testi in "appendice"). A sua volta, il Corano vieta di cibarsi della carne di porco nella seconda Sura. A questo proposito, trovo interessante la nota, che la traduzione "ufficiale" del Corano in italiano vi appone, e che riporto integralmente: "Allah (gloria a Lui l'Altissimo) ci proibisce tutto quello che e' un male per noi. In moltissime lingue il maiale e' sinonimo di sporcizia fisica e morale. Maiale, maialata, porco, porcheria, porcile, troia, troiata: quanto di peggio possa esprimere il comportamento umano viene espresso con colore ed efficacia per mezzo di questi termini. Basterebbe questa semplice considerazione per rendere l'idea della ripugnanza che dovrebbero ispirare le carni suine. Purtroppo la grande convenienza economica dell'allevamento fa si' che i non musulmani se ne cibino, con grave pregiudizio per la loro salute fisica e spirituale".

Freniamo l'impulso di chiederci perche' gli osservanti ebrei e islamici considerino impura la carne suina; per loro e' parola di Dio e questo basta. Tanto piu' che fior di studiosi non sono ancora riusciti a capire bene che cosa stia davvero, razionalmente, alla base di questa proibizione.
Molto piu' interessante e' renderci conto della contraddizione, gia' esplicitata, in cui ci dibattiamo noi, proprio noi: COME SI FA AD APPREZZARE IL MAIALE, DA UNA PARTE, E DISPREZZARLO DA UN'ALTRA? Possiamo approfondirne i motivi e capire la portata che essa ha nella pratica, oggi? Perche' a me pare che una causa del nostro malessere, per esempio, verso la cultura islamica nasca proprio dalle nostre contraddizioni irrisolte, che essa ci rende palesi. Ma, invece di farci prendere da una sterile rabbia, che e' poi segno di insicurezza, perche' non cogliere l'occasione per renderci piu' consapevoli di noi stessi e delle basi su cui poggia la nostra cultura? Una cultura che non e' affatto da buttar via, anzi; ma che e' incrostata e appannata, appunto, dalle numerose contraddizioni che vi sono state depositate dall'illogicita', dall'ignoranza, dalla pigrizia, in breve, dalla presunzione di "possedere la verita'" una volta per tutte, quella stessa presunzione che adesso ci da' tanta noia, quando la scorgiamo in alcuni dei nostri ospiti. Tutto molto umano, del resto!
Per esempio, nella nota del Corano, che ho citato sopra, e' tutto logico, salvo l'ultima affermazione che trascura la storia delle religioni. Infatti, nella nostra societa', la certezza che non esistono cibi impuri ha certamente radici religiose (altrettanto valide e rispettabili di quelle, contrarie, del Corano e della Bibbia ebraica); essa e' testimoniata dai due co-fondatori del cristianesimo; l'apostolo Pietro l'ha ricevuta in una visione narrata negli "Atti degli apostoli", in cui gli si intima: "Cio' che Dio ha purificato, tu non chiamarlo impuro!", e Saulo/Paolo di Tarso lo segue con decisione, ripetendola due volte nella lettera ai Romani e nella prima ai Corinzi, con l'unico limite imposto dal rispetto per la sensibilita' del prossimo. Il tutto sulla scia dell'insegnamento di Gesu' di Nazareth che, per esempio, nel vangelo di Matteo, in polemica con coloro che rispettano le regole esteriori della legge divina e ne trascurano la sostanza, dice alla folla: "Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l'essere umano, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'essere umano!". E, poco dopo, ai discepoli che non capiscono bene, con molto realismo spiega: "Non capite che tutto cio' che entra nella bocca, passa per il ventre e va a finire nella fogna? Invece cio' che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'essere umano. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. ..." (Mt 15,10-20).
Con tutto cio', e a maggior ragione, direi, la contraddizione, che sono andata illustrando, resta viva e vibrante. E tale la consegno a chi legge.
A conclusione, mi sembra giusto dire che, personalmente, mi accosto ai libri che ho citato col grande rispetto dovuto a ogni "patrimonio dell'umanita'", dovunque si trovi e comunque sia manifestato. Potere interrogare direttamente questi testi e lasciare che ci parlino in prima persona (e non solo attraverso "interpreti autorizzati", e sempre un po' interessati), oltre che essere un arricchimento per me stessa, lo vedo come l'unica garanzia di una convivenza pacifica; mi permette di comprendere meglio me stessa e il mio ambiente, e anche chi ora mi sta accanto, proveniente da un ambiente diverso.


APPENDICE DEI TESTI CITATI:
EBRAISMO: Levitico 11,4-8, in particolare versetto 7: "Ma fra i ruminanti e gli animali che hanno l'unghia divisa, non mangerete i seguenti: .... il porco, perche' ha l'unghia bipartita da una fessura, ma non rumina, lo considererete immondo. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro cadaveri; li considererete immondi" (altri animali immondi: il cammello, l'irace e la lepre).
ISLAMISMO: Sura II, 173: "In verita' vi sono state vietate le bestie morte, il sangue, la carne di porco e quello su cui sia stato invocato altro nome che quello di Allah..."
CRISTIANESIMO: oltre al brano del vangelo riportato sopra, sono fondamentali i seguenti testi: "ATTI DEGLI APOSTOLI" (10,9-16), che riguarda la visione di Pietro: " .... Pietro sali' verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuono' una voce che gli diceva: 'Alzati, Pietro, uccidi e mangia!". Ma Pietro rispose: 'No, davvero, Signore, poiche' io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo'. E la voce di nuovo a lui: 'Cio' che Dio ha purificato, tu non chiamarlo piu' profano'. Questo accadde per tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu risollevato al cielo". (Va notato che la visione riguarda due cose: che non ci sono animali impuri e che nella comunita' cristiana devono essere accolti anche i non ebrei).
"LETTERA AI ROMANI" di Paolo (14, 14-23) "Io so, e sono persuaso nel Signore Gesu', che nulla e' immondo in se stesso; ma se uno ritiene qualcosa come immondo, per lui e' immondo. Ora, se per il tuo cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti piu' secondo carita'. Guardati percio' dal rovinare con il tuo cibo uno per il quale Cristo e' morto! Non divenga motivo di biasimo il bene di cui godete! Il regno di Dio infatti non e' questione di cibo e di bevanda, ma di giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve Cristo in queste cose, e' bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole. Non distruggere l'opera di Dio per una questione di cibo! Tutto e' puro, d'accordo; ma e' male per un uomo mangiare dando scandalo. Percio' e' bene non mangiare carne, ne' bere vino, ne' altra cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi. La fede che possiedi, conservala per te stesso davanti a Dio. Beato chi non si condanna per cio' che egli approva. Ma chi e' nel dubbio, mangiando si condanna, perche' non agisce per fede; tutto quello, infatti, che non viene dalla fede e' peccato".
"PRIMA LETTERA AI CORINZI" di Paolo (8,1-13). Qui Paolo parla della liceita' di mangiare la carne che e' stata immolata alle divinita' greche, ed e' convinto che il cristiano possa mangiarle liberamente:".Noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'e' che un Dio solo". Tuttavia, se questa disinvoltura offendesse la sensibilita' di un altro credente piu' insicuro, Paolo invita di nuovo a soprassedere, considerando che "non sara' certo un alimento ad avvicinarci a Dio; ne', se non mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, ne' mangiandone ne abbiamo un vantaggio".
(N.B. La versione dei libri biblici e' quella della CEI (1971); quella del Corano viene dall'edizione curata da Hamza Roberto Piccardo, Newton & Compton, Milano 2001).
 
 
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