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VIAGGIATORI O TURISTI?
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 giugno 2002 0:00
 


L'unica volta in cui, fra i miei pochi viaggi, sono uscita dall'Europa, e' stato per andare in uno dei piu' classici giri che esistano: le fatidiche due settimane fra Nepal e India del nord.
Qualche anno fa, dunque, mi mossi attratta dalla presenza, in quel viaggio, di un monaco impegnato nel dialogo interreligioso proprio in India, che l'agenzia organizzatrice (legata a un'associazione cattolica) garantiva come guida, assicurando anche incontri con buddhisti e induisti e, soprattutto, un numero limitato di viaggiatori per favorire il necessario raccoglimento. Di tutte le promesse, solo la presenza del monaco -persona, peraltro, intelligente, colta e simpatica- fu mantenuta. Gli incontri con buddhisti e induisti non andarono oltre la visita ai dei templi e l'assistere ad alcune cerimonie aperte a tutti, ma la delusione piu' forte l'ebbi constatando, gia' a Fiumicino, che "i 16 partecipanti al massimo" erano piu' che raddoppiati, diventando 35.
Cosi', viaggiando attraverso la valle di Kathmandu e l'India settentrionale in questo fitto drappello che imponeva senza scampo la sua presenza ad ogni passo, capii che cos'e' l'impatto ambientale ed ebbi netta e viva la certezza che STAVAMO ESPORTANDO CORRUZIONE .
Come in una acquario alla rovescia, viaggiavamo con il nostro grande torpedone inquinante nelle strade e piste percorse soprattutto da biciclette, riscio' e barroccini trainati a mano o tirati da animali, incombenti sui poveri imploranti ai semafori di Delhi, tagliando in due i pur brevi cortei funebri che si dirigevano al luogo della cremazione. Una mattina all'alba, a Benares, stipati sulle barche spinte dalla forte corrente del Gange, nonostante la resistenza dei magri ma forti barcaioli, andammo quasi addosso a un gruppo di fedeli induisti che, dopo chissa' quale pellegrinaggio, stavano finalmente immergendosi nelle acque sacre (e inquinatissime) della "Madre Ganga". Invano ciascuno dei partecipanti (fra cui diversi preti e suore) si sarebbe potuto appellare alle nobili motivazioni che l'avevano spinto a venire: desiderio di capire le altre religioni, solidarieta' con le suore di madre Teresa visitate sempre a Benares, ricerca di Dio, avvicinamento alla spiritualita' della meditazione...la cruda realta' che mi trovai di fronte fu che un gruppo di MORTI DI FAME si erano recati a fare i nababbi in hotel a cinque stelle in un paese di MORTI PER FAME, dispensando, all'occorrenza, caramelle portate da casa o merendine conservate dall'ultimo passaggio aereo, a bambini, ex lebbrosi e mendicanti vari che si materializzavano come dal nulla non appena ci profilavamo all'orizzonte.
"Cercavamo lo spirito, abbiamo trovato la carne", questa, espressa con le parole di una giovane donna del gruppo, fu L'ESPERIENZA che trassi da quel viaggio. Tanto piu' preziosa, dovetti constatare, quanto piu' inattesa.

Da quel momento mi vado chiedendo : c'e' un modo di visitare questi Paesi senza offendere la vista e attentare ulteriormente alla vita di quegli 800 e passa milioni di poveri assoluti delle stime della FAO, e senza essere irridenti -per il semplice fatto di essere li' ben pasciuti come siamo- per i morti per fame, grandi e piccini, che se ne vanno, proprio in questi Paesi, ad ogni manciata di minuti, se non di secondi?

Personalmente, ho molti dubbi. Pero', anche grazie al confronto con un'amica, che e' una grande viaggiatrice, e ama molto proprio l'India dove e' stata cinque o sei volte in pochi anni (sempre con altre due o tre persone e basta), spostandosi preferibilmente con i mezzi pubblici, mangiando e dormendo di solito in piccoli locali e alberghi gestiti dagli abitanti del posto, capisco che una discriminante passa proprio fra due specie diverse: il "viaggiatore", che cerca di adattarsi alle modalita' del luogo visitato e il "turista", che, invece, vuole adattare ai propri gusti il luogo che visita.
Del resto, neppure da noi, che siamo pur il Nord del mondo, il turismo passa in punta di piedi. Coste e montagne stravolte da insediamenti turistici e dall'industria dell'intrattenimento, citta' d'arte il cui centro storico diventa un'unica teoria di pizzerie, gelaterie, negozi di souvenir (in cui comprendo le grandi firme della moda) per turisti di ogni potere d'acquisto, aumento dei prezzi per tutti, perche' tanto i turisti pagano....., mercificazione anche delle chiese e dei giardini piu' belli (vedi, a Firenze, Santa Maria Novella, da una parte, il giardino di Boboli, dall'altra), e, ogni tanto, la minaccia di far pagare il biglietto per entrare nei centri storici, magari anche a chi abita nel circondario......
Ma se in Paesi come il nostro i problemi principali legati al turismo di massa sono quelli della salvaguardia dell'ambiente, nel Sud del mondo ve ne sono molti di piu', a cominciare dal fatto che li', della quantita' di soldi che il turista spende, non restano che le briciole, mentre circa l'80% torna nei Paesi ricchi. E oltre ai problemi ambientali e a quelli latamente sociali, c'e' il fatto che, in nome dello sviluppo turistico, si violano anche i piu' elementari diritti umani. Tralascio lo sfruttamento sessuale, perche' di esso si parla, giustamente, abbastanza. Non si parla invece a sufficienza di altre lesioni dei diritti umani che vengono segnalate sul sito di "Tourism concern" , un'associazione che si impegna per cambiare il modo di fare turismo.
Il turista che in Kenia , ad esempio, si gode quella bella spiaggia sull'oceano, lo sa che essa, come tutte le altre spiagge oceaniche di quel Paese, e' stata privatizzata, impedendo cosi' alle donne di raccogliere i granchi che erano la base del loro sostentamento?
E il turista che a Goa sguazza felice nella piscina dell'impeccabile complesso alberghiero, sarebbe altrettanto contento se sapesse che, per consentire a lui questo piacere, la popolazione dei villaggi limitrofi non puo' avere l'acqua corrente e deve fare affidamento solo sui pozzi?
E, andando in Tanzania , chi ammira la grande area protetta intorno al cratere Ngorongoro, lo sa il prezzo che ha pagato la fiera popolazione dei pastori Masai, costretta a diventare praticamente sedentaria e, perdendo il bestiame, incapace di autosostentarsi?
E come apprezzare il silenzio affascinante delle pagode di Pagan (Birmania) , sapendo che e' stato ottenuto con l'allontanamento forzato della gente che ci viveva, spinta adesso in un territorio arido e desolato?
Tutte queste cose le normali agenzie turistiche non le dicono, ma credo che diverse persone, se le sapessero, avrebbero un prezioso attimo di esitazione. E, se non proprio Viaggiatori -con la "V" maiuscola-, diventerebbero almeno "TURISTI RESPONSABILI" , come auspica un'agile guida, a cura di Umberto Di Maria e Silvia Melloni, pubblicata in una bella veste tipografica dall'Editrice Berti di Piacenza, in collaborazione con Cart'Armata srl. ( ), che si trova in libreria e nelle botteghe del commercio equo e solidale al prezzo di euro 8,50.

In primo luogo, questa guida presenta 21 associazioni che organizzano (o aiutano a organizzare) viaggi in Africa, Asia e America latina (ma anche in Albania, Moldavia, Bosnia, Romania), i quali si caratterizzano, rispetto al turismo corrente, per due punti essenziali:
1. lasciare almeno il 40% del prezzo del soggiorno nella comunita' visitata (nei normali viaggi organizzati resta appena il 20%), il che significa preferire esercizi (ristoranti, alberghi, negozi) di proprieta' di gente del posto;
2. dedicare una certa quantita' di tempo (dal 20 al 60%) alla conoscenza della realta' sociale e umana dei luoghi visitati, incontrando direttamente la popolazione grazie all'intervento di mediatori culturali e visitando associazioni e gruppi che cercano di rispondere alle esigenze primarie di salute, istruzione, lavoro.

Ma "TURISTI RESPONSABILI" non si ferma qui. Offre anche una gamma di possibilita' a chi non vuole o non puo' andare troppo lontano. Come ho accennato prima, anche per il nostro Paese il turismo comune puo' essere un pericolo, un peso talora insostenibile.
Ecco allora proposte alternative anche in Italia, con la segnalazione di 6 organizzazioni, fra cui il WWF, che offrono soggiorni e trekking alla scoperta di zone come l'Aspromonte, l'Etna, le isole Eolie e.... la citta' di Napoli.
Inoltre 10 fra Agriturismo e "Bed & Breakfast" attenti e solidali, dall'Emilia alla Calabria, passando per la Sardegna, si impegnano nell'accoglienza e nell'incontro degli ospiti all'insegna, come si legge, "della rivitalizzazione culturale del territorio, della tutela dell'ambiente o del reinserimento lavorativo di categorie svantaggiate della popolazione".
Un'ultima sezione riguarda il "turismo di scambio", la possibilita', cioe', di diventare a nostra volta un punto di riferimento per i viaggiatori che vengono dalle nostre parti, sia per ospitarli nella propria casa, sia, piu' semplicemente, per fare loro da guida o anche solo incontrarli per uno scambio di idee.

 
 
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