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PER UNA VITA PIU' UMANA. OVVERO: LA SCOMMESSA DELL'ACCOGLIENZA INCONDIZIONATA
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 dicembre 2007 0:00
 
Non c'e' due senza tre!
Anche quest'anno, come nel 2005 e nel 2006, ho cercato e trovato qualcosa che ha a che vedere col Natale proprio dall'interno, cioe' a partire dalla fiducia che quel bambino ebreo, che da noi si chiama Gesu' e di cui il 25 dicembre si festeggia la nascita nella tradizione cristiana, porti davvero all'umanita' e al mondo il messaggio insito nel suo vero nome, l'ebraico Joshua che significa: il Signore salva.
Offro cosi', col gentile permesso della casa editrice Queriniana di Brescia, l'omelia del 22 dicembre 1985 (quarta domenica di Avvento), che il prete e teologo tedesco Eugen Drewermann (leggi: oighen drewermann) tenne riflettendo sul vangelo di Luca (1,39-45). Il breve brano narra della visita che la giovane Maria, incinta di Gesu', fa alla cugina Elisabetta, piu' anziana di lei, che, dopo una vita di sterilita', stava prodigiosamente aspettando il suo bambino. Il figlio di quest'ultima si chiamera' Johanan (Giovanni) che in ebraico significa "il Signore e' misericordioso" e sara' famoso come Giovanni Battista, colui che sa di essere inviato a preparare la strada a qualcuno di piu' grande di lui.
Qui Drewermann svolge un tema che per lui continua a essere importante anche ai nostri tempi, quello del confronto fra la predicazione e l'azione di Giovanni e di Gesu': se, infatti, "entrambi concordano sul fatto che il modo in cui viviamo non e' una vita umana, e che tutto deve cambiare per avvicinarsi un po' a Dio", tuttavia, l'approccio pratico dei due cugini e' diversissimo, come vedra' chi vorra' continuare la lettura. Come ulteriore dono offro anche un'immagine che mi piace moltissimo; si tratta della "Visitazione" del Pontormo, una tavola dipinta intorno al 1528, che si trova nella chiesa parrocchiale di Carmignano, in provincia di Prato (vedi foto).

Ecco il testo del vangelo della IV domenica di Quaresima (ciclo C).

"In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una citta' di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, saluto' Elisabetta con l'augurio di pace. E allora, appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussulto' nel grembo ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo. Esclamo' a gran voce:
'Benedetta tu fra le donne!
E benedetto il frutto del tuo grembo.
A che debbo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena la voce del tuo saluto e' giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato nel mio grembo. Si', beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore'"
(Lc 1,39-45)

. e l'omelia di Eugen Drewermann del 22 dicembre 1985:

"Potete fare voi stessi l' esperimento: chiedete a qualcuno di scrivere una storia in cui descriva come immaginerebbe di essere venuto al mondo da un'altra vita. Una storia fantastica, che inizialmente sembra inventata di sana pianta, ma che letta attentamente fornisce spiegazioni sul modo, in cui una persona considera e affronta la vita e sul suo carattere in generale, molto piu' precise di quelle che l' interessato potrebbe dare consapevolmente; siamo di fronte a qualcosa di simile a una leggenda o al mito della nascita di una persona. In storie di questo tipo si deve tentare di cogliere il ritratto essenziale della persona di cui narrano.
Lo stesso vale per la leggenda narrata da Luca nel vangelo di oggi, in cui la madre di Gesu' si mette in cammino per far visita alla madre di Giovanni Battista. Questo fatto apparentemente fantastico mette in relazione due persone che sono intrecciate l' una con l' altra nella loro essenza. In cio' si puo' vedere un elemento della teologia della Chiesa delle origini, come se Giovanni Battista avesse considerato se stesso come colui che con le proprie opere prepara la venuta di Cristo. La Chiesa delle origini tento' di accogliere nel proprio ambito il gruppo dei discepoli di Giovanni e di gettare un ponte tra due correnti di fede che all' epoca parevano ancora svilupparsi parallelamente. Ma al di la' della storia Giovanni Battista e Gesu' sono interiormente legati, ed e' un'esperienza dell'anima quella che questa prodigiosa leggenda descrive, narrando che Giovanni saluto' con grande gioia la venuta di Gesu', in un certo senso ancor prima di venire al mondo. In realta' Giovanni Battista e Gesu' sono incarnazioni di due maniere completamente diverse di rispondere al problema del nostro essere uomini. Entrambi concordano sul fatto che il modo in cui viviamo non e' una vita umana, e che tutto deve cambiare per avvicinarsi un po' a Dio. Ma come deve cambiare?
Giovanni, il piu' grande tra i nati dagli esseri umani, come Gesu' stesso lo definisce, ha compiuto un estremo tentativo di portare ordine nel caos ricorrendo alla buona volonta' e appellandosi alla capacita' di discernimento delle persone. Quasi sempre quando iniziamo a capire una cosa e siamo animati da buona volonta' tendiamo sulle prime ad adottare i metodi di Giovanni Battista. Diremo allora come immaginiamo debba essere fatto questo e quest'altro, daremo istruzioni, impartiremo ammonimenti, se necessario distribuiremo rimproveri, infine cominceremo a minacciare e poi forse anche a pronunciare maledizioni. Giovanni ha tentato con l'intero repertorio della censura e della correzione, ma qual e' stato il risultato di tutti i suoi sforzi?
Era convinzione di Giovanni che si dovesse prendere ogni singolo uomo e immergerlo nel Giordano, ossia, in parole povere, che se si fosse data a ognuno un'energica lavata di capo, alla fine questi avrebbe preso in qualche modo la giusta direzione. Ma e' cosi' che si puo' fare? Le pagine iniziali della Bibbia in un certo senso hanno molta piu' ragione quando raccontano che Dio, nel tentativo di ripulire il mondo dalla feccia dei peccati umani, non riconobbe piu' alcun limite e dovette infliggere all'umanita' un immane diluvio. In superficie puo' forse sembrare che sia sufficiente battezzare i singoli individui, ma questo approccio, elevato a principio, dovrebbe travolgere l'intera umanita' in un unico mare di sofferenza e di lacrime. Viste da fuori, le suddivisioni sono eccellenti: vi sono comportamenti buoni e cattivi, indolenti e zelanti, irreprensibili e abietti, lodevoli o riprovevoli, e cosi' apparentemente classifichiamo la condotta degli uomini, i loro atteggiamenti, in ultimo la loro personalita'. Secondo questo criterio gli esseri umani sono apparentemente distanti l'uno dall'altro centinaia di chilometri, come le vette alpine. Ma se si spinge un po' lo sguardo attraverso la coltre di nebbia, si vede che a valle i monti si toccano, e scendendo ancor piu' in profondita' si comincia a capire che l'intero massiccio delle Alpi costituisce un'unica, ininterrotta catena montuosa, un enorme corrugamento della terra, spinto in superficie dalle gigantesche energie del mantello terrestre. Nulla puo' essere separato, se solo si guarda abbastanza in profondita'. In fondo, noi uomini formiamo un tutto unico, e non e' possibile distinguere secondo le categorie della morale, della stratificazione sociale, delle norme tramandate, in breve secondo le delimitazioni e svalutazioni sempre troppo ristrette e troppo pratiche. Certo, nella quotidianita' parliamo spesso e volentieri tra noi alla maniera di Giovanni Battista; diciamo ai nostri figli: "Devi fare questo", "Non e' cosi' che si fa", "E' tutto sbagliato", eppure sentiamo chiaramente che spingendoci troppo in la' con questo stile non promoviamo la vita, bensi' la distorciamo, la soffochiamo e infine la uccidiamo. Tra noi adulti parliamo cosi', eppure comprendiamo bene che, se intendiamo parlarci seriamente, in questo modo la comunione e' distrutta, l'unita' si spezza. Non e' possibile risolvere in profondita' i problemi del cuore umano con i metodi della superficie.
Per comprendere correttamente le parole di Giovanni Battista non si deve sentire cio' che egli dice, bensi' cio' che voleva dire; cio' che egli intendeva veramente, non cio' a cui egli pensava soggettivamente. Egli, che portava il nome Johanan -'Dio e' misericordioso'-, non puo' aver avuto davvero in mente cio' che invocava, e nei termini in cui lo esprimeva: e' necessario dirigere il soffio divino in mezzo al fuoco, perche' finalmente gli scarti e il metallo nobile si fondano. Lo stesso Giovanni Battista ha bisogno del redentore, della venuta dell'uomo il cui nome e': 'il salvatore'.
In Gesu' viveva un altro principio. Egli lo incarnava e voleva che lo comprendessimo: esiste un unico mondo umano, in cui tutto si intreccia. Dio manda la pioggia su cio' che e' elevato e cio' che e' umile, su cio' che e' puro e cio' che e' impuro, sui 'buoni' e sui 'cattivi'. Gesu' non voleva il linguaggio delle prescrizioni, degli ordini, delle frasi fatte. Gesu' tentava di plasmare immagini che fossero come un invito a ritrovare se stessi al loro interno. Forse tra noi esseri umani non vi e' nulla di piu' bello da imparare del tentativo di comprenderci reciprocamente in modo tanto profondo che la natura dell'altro possa essere espressa in immagini poetiche e in sequenze di immagini affini al sogno. E se saremo capaci di esprimere cosi' il modo di sentire dell'altro, talvolta ci capitera' persino di sentirci dire dal nostro interlocutore che quello che formuliamo figuratamene corrisponde a cio' che egli ha sognato proprio negli ultimi giorni. Allora si chiude il cerchio tra mito ed esperienza, tra leggenda e realta', tra sogno e veglia. Ogni uomo porta in se' un canto meraviglioso, una melodia mai sentita, che Gesu' voleva si facesse udire. Basta con gli uomini che, secondo l'esempio di Giovanni Battista, si avventano letteralmente con la scure in mano contro le radici degli alberi. Gli esseri umani, ognuno nella sua impotenza, nella sua disperazione, nel suo sforzo di trovare una strada, magari lontana dal percorso del gregge, hanno bisogno di mani che li circondino e si stendano su di loro pacificatrici. E per Gesu' la centesima pecora e' sempre stata piu' importante delle altre novantanove.
Una delle frasi piu' sconcertanti del Nuovo Testamento, con cui Gesu' tentava di motivare la sua missione contro tutti gli attacchi e i rimproveri di coloro che erano sempre nel giusto, sempre irreprensibili, sempre pieni di certezze, suonava: "Io sono venuto per i malati che hanno bisogno di un medico. Sono stato mandato ai figli perduti di Abramo". Sono parole sconvolgenti perche', a ben considerare, tutti noi abbiamo bisogno che Dio ci veda cosi'. E siamo capaci di vederci l'un l'altro cosi', piu' come sofferenti che come responsabili, piu' come vittime che come colpevoli, in ogni caso persone che necessitano di comprensione e non di accuse, che hanno bisogno di molto coraggio per osare essere se stessi, ma che meno di tutto possono giovarsi di qualcuno che stia al loro fianco per dire loro come si deve fare.
Solo l'energia del sole fa crescere i fiori e le piante verso la luce, quando la neve scompare. Nessun recinto, nessuna spalliera, nessun metodo artificiale puo' ottenere cio', soltanto il potere del calore e dell'amore tra noi uomini. Sa Dio se questo prodigioso racconto della visita di Maria alla cugina Elisabetta ad Ali-Karim dice il vero: il traguardo di ogni religione della buona volonta' e della morale e' una religione della redenzione. Anche quest'ultima, memore del passato, richiede la codificazione del diritto, per non scivolare nella pigrizia e nell'indolenza. Non potrebbe esservi perdono laddove non si potesse formulare la colpa, ma a noi esseri umani, implicati in cento legami, serve soltanto la forza della comprensione e della pazienza, la forza di accompagnarci, venirci incontro e ascoltarci a vicenda in un amore che non ha mai fine, poiche' viene da Dio. Solo in questo amore siamo vicini a lui. Solo attraverso la sua forza si prepara la venuta di un uomo nuovo, che vive dentro di noi e attende di essere ammesso alla luce".

NOTA
La predica e' tratta, per gentile concessione della Casa Editrice Queriniana, dal libro di EUGEN DREWERMANN, Il cielo aperto -Prediche per l'Avvento e il Natale, Queriniana, Brescia 1997 (traduzione di Claudia Murara), p.173 ss..
Sempre di Drewermann sono le prediche offerte alla lettura il 15 dicembre 2005: "Solstizio d'inverno -Bisogno di luce":
clicca qui e il 15 dicembre 2006: "Et incarnatus est. ovvero: un inno alla liberta', all'amore, alla bellezza"
clicca qui.

EUGEN DREWERMANN e' nato il 25 giugno 1940 a Bergkamen, vicino a Dortmund (Renania settentrionale), da padre luterano e madre cattolica. E' stato ordinato prete cattolico nel 1966; accanto allo studio della teologia e della filosofia, ha approfondito anche quello della psicologia, sviluppando nel tempo la proposta di interpretare le Sacre Scritture della tradizione ebraica e cristiana in chiave di psicologia del profondo (vedere i due volumi di Psicologia del profondo ed esegesi, pubblicati dalla Queriniana di Brescia).
La sua attivita' pastorale (cappellano studentesco a Paderborn e poi prete coadiutore della parrocchia di Sankt Georg nella stessa citta') inizia nel 1972 e viene affiancata nel 1979 da quella di docente di Storia della religione e Dogmatica alla Facolta' teologica cattolica dell'Universita' di Paderborn. Contemporaneamente Drewermann inizia il lavoro di psicoterapeuta. Appassionato della persona di Gesu' di Nazaret, di cui egli non mette in alcun dubbio l'esistenza storica, ha cominciato presto a cercare un modo piu' giusto per rendere comprensibile alle persone il messaggio di liberazione di Gesu' e di renderlo concretamente efficace ai nostri giorni. Per questo ha approfondito molte conoscenze, da quelle storiche e storico-religiose a quelle scientifiche, riversando nelle omelie, nelle conferenze e in numerosissimi libri (circa 70 titoli a tutt'oggi) quanto andava scoprendo.
Ha messo, ad esempio, in luce quanto sia grande il debito che il Cristianesimo ha nei confronti della religione egizia, sia per l'idea della "figliolanza divina sia per l'idea dell'immortalita' dell'anima; a questi temi ha dedicato due opere scientifiche, rispettivamente: Il tuo nome e' come il sapore della vita -Interpretazione dei racconti dell'infanzia del vangelo di Luca a partire dalla psicologia del profondo (trad. di Enzo Gatti), Queriniana, Brescia 1996, e Io discendo nella barca del sole -meditazioni su morte e resurrezione (trad. di Amelia Valtolina), Rizzoli, Milano 1993.
Alcune sue interpretazioni della Scritture e anche la sua critica a certi aspetti della Chiesa cattolica (specialmente Funzionari di Dio -Psicogramma di un ideale (trad. di Franz Reinders), Edition Raetia, Bolzano 1995) hanno attirato l'attenzione della gerarchia che, per mano del vescovo di Paderborn, gli ha prima tolto il permesso di insegnare (1991), proibendogli poi anche la predicazione, per arrivare infine alla sospensione "a divinis" (1992).
Da allora Drewermann insegna Sociologia e Antropologia culturale all'Universita' di Paderborn, e continua la sua attivita' di interprete della Scrittura, conferenziere, scrittore e psicoterapeuta, a proposito della quale, nelle interviste precisa che la svolge gratuitamente perche', senza la ricchezza dell'esperienza umana che gli viene dalle persone che si fidano di lui, in pratica, egli non sarebbe quello che e'.
Verso la fine del 2005 Drewermann ha reso noto di avere lasciato la chiesa cattolica.
Per la bibliografia completa rimando ai siti degli editori (sperando di non dimenticarne nessuno).

QUERINIANA di Brescia (che ha pubblicato la maggior parte delle opere uscite in italiano):
www.queriniana.it (entrare nel sito, cliccare sulla seconda icona da sinistra e poi inserire il nome: Drewermann nel riquadro dell'autore; i titoli sono elencati senza un ordine preciso).

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