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La 'fedelizzazione' del Tg5
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Macromicro economia di Domenico Murrone
15 maggio 2009 0:00
 
E' vero, nonostante il suo impero mediatico Silvio Berlusconi ha perso due elezioni. Non e' questo il punto, ma capire quanto incide nella vita quotidiana di tutti gli italiani una situazione oggettivamente insostenibile in uno Stato di diritto (e infatti l'Italia non lo e'): i due principali organi di informazione sono in mano ai partiti (Mediaset e' del premier, la Rai e' dei partiti di maggioranza, che concerta con la minoranza di turno); questo pone seri dubbi sulla liberta' di stampa, anche perche' il duopolio fa la parte del leone rispetto alla torta degli introiti pubblicitari (1). La cosa e' destinata ad incancrenirsi ulteriormente in quanto tale assetto non sara' scalfito dal passaggio della televisione al digitale terrestre. Checche' ne dicano i suoi sostenitori, la riforma Gasparri, che permettera' di ampliare il numero di canali ricevibili sui televisori, non portera' sconvolgimenti all'attuale situazione. Anzi, Rai e Mediaset potrebbero addirittura (con l'aumento delle frequenze) bloccare lo sviluppo di Sky.
Cosa comporta tutto cio' per gli italiani? Le notizie relativamente all'attivita' del premier e del suo Governo sono necessariamente filtrate, sia per imposizione diretta, sia per una sorta di autocensura che il giornalista che vive in un contesto controllato si impone. I principali tg piu' o meno hanno sostanzialmente taciuto, allo scoppio del caso del divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Il tutto mentre nelle piazze italiane non si parlava d'altro.
Se questi sono argomenti apparentemente frivoli e privati, pensate cosa accade quando in ballo ci sono direttamente soldi e potere.
Vediamo dove c'e' "a rrobba".
Sky e' l'unica multinazionale dell'informazione tv con un'importante presenza in Italia, ha preso in mano due televisioni a pagamento pressoche' fallite (Stream e Tele+), arrivando ad avere un ruolo importante nel palinsesto degli italiani. Rai, Mediaset e Telecom Italia (LA7) hanno costituito Tivu', una nuova piattaforma gratuita che portera' l'offerta del digitale terrestre sul satellite. Quindi, prima o poi, la piattaforma di Sky, ora dominante, perdera' i contenuti Rai e questo ne ridurra' l'appeal. Inoltre, di recente il Governo ha deciso di aumentare l'Iva sugli abbonamenti alla pay tv. Sono argomenti passati come notiziole sui principali tg o talk show giornalistici. Ma come non vedere in queste mosse un interesse immediato di Berlusconi?
Grazie alla palude partitica Rai e alla liberta' che alcuni programmi hanno avuto (se non altro per motivi commerciali), l'informazione Mediaset si e' rafforzata notevolmente.
Ora c'e' la fase della normalizzazione e l'informazione in Mediaset si e' appiattita. Emilio Fede (direttore del Tg4) ha fatto scuola e si e' assistito da un paio d'anni alla "fedelizzazione" anche del Tg5, l'unico fino ad allora non allineato alla linea berlusconiana. Se Mediaset avesse avuto sempre questo approccio, avrebbe mietuto meno successo di pubblico, ora non e' piu' necessario tentare di essere attendibili.
Enrico Mentana, ex-direttore del Tg5, che speriamo non diventi un'icona in mano ai professionisti dell'antiberlusconismo, ha scritto un libro in cui racconta la fase della normalizzazione: in occasione della vittoria di Silvio Berlusconi alle ultime elezioni, tutti i dirigenti del settore informativo del Biscione hanno brindato all'evento come se fosse una vittoria del Milan in campionato e non una competizione elettorale che ha riportato il proprietario di Mediaset alla guida di una nazione. Le dimissioni/licenziamento dello stesso Mentana sono state stimolate dal fatto che il giornalista invitava spesso un antiberlusconiano di professione come Di Pietro, senza fargli domande incalzanti (come ha ammesso il presidente di Mediaset, Fedele Gonfalonieri, in un'intervista alla trasmissione Report di Rai 3).
In questi ultimi mesi, le regole sulla Rai sono state sistematicamente non rispettate, ancor piu' che in passato. Per eleggere il presidente della Commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai si e' impiegato piu' di un anno, un anno di vuoto come se nulla fosse, come se non esistesse il conflitto di interesse. Purtroppo la Rai e' una partita persa, se non sara' privatizzata non cambiera', rimanendo serva del potere e se il potere e' ancora piu' pasticcione e prepotente del passato, si adatta anche al peggio.
Per chi crede che il conflitto di interesse non abbia conseguenze dirette, ecco un paio di altri esempi.
Anni fa Telecom Italia compro' quella che oggi si chiama LA7. I capi di Telecom d'allora annunciarono grandi investimenti per diventare il terzo polo televisivo. Nel 2001 Berlusconi vinse le elezioni e tutti i piani furono ridimensionati e LA7 e' rimasta una tv di nicchia. Visto che Telecom Italia vive di concessioni statali e aveva ed ha molti debiti, immaginiamo che l'entourage del capo del Governo abbia avuto gioco facile a convincere i proprietari di Telecom a desistere dai grandi propositi.
Ancora piu' indietro. Quando Berlusconi nel 1994 scese in campo (vincendo le elezioni) le tre reti Mediaset fecero da cassa di risonanza all'evento, con personaggi notissimi del piccolo schermo che annunciarono ad anziani e giovani italiani il sostegno all'imprenditore di successo. Anch'io ho sognato di scendere in campo col sostegno dell'amico barista o del barbiere, ma non e' la stessa cosa. Perche' avere tre tv, non assicura la vittoria, ma crea una massa critica perche' si possa vincere. Un'arma in piu' che puo' essere usata per tacitare notizie agli italiani, per oscurare gli avversari e anche contro gli alleati, destinati necessariamente a rimanere comprimari.
 
(1) L'informazione non puo' fare il cane da guardia della politica, perche' i principali editori italiani sono i partiti e Berlusconi. E allora?
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