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 U.E. - U.E. - Brevettabile solo ovulo che non diventa essere umano. Avvocato Corte Ue
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17 luglio 2014 18:01
 
Un ovulo ''il cui sviluppo sia stato stimolato senza fecondazione e che non sia in grado di divenire un essere umano non può essere considerato un embrione umano''. Ma ''se tale ovulo sia manipolato geneticamente in modo che possa svilupparsi in un essere umano, esso va considerato un embrione umano e come tale dev'essere escluso dalla brevettabilità''. E' quanto conclude l'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Unione europea, Pedro Cruz Villalón, che si è espresso sul caso di una società biotecnologica britannica. Il caso rimanda a una sentenza del 2011, in cui la Corte di giustizia europea ha dichiarato che l'uso delle cellule staminali embrionali per la ricerca scientifica non può essere brevettato per motivi di dignità umana. Ma la britannica Stem Cell Corporation ha sostenuto che la sentenza non si debba applicare agli embrioni che non possono svilupparsi in esseri umani. La direttiva comunitaria del 1998 sulla biotecnologia definisce le norme riguardanti la brevettabilità di invenzioni biotecnologiche. Ai sensi della direttiva, il corpo umano, nei vari stadi del suo sviluppo, non può costituire un'invenzione brevettabile. Tuttavia, un elemento isolato dal corpo umano, o diversamente prodotto mediante un procedimento tecnico, può essere soggetto a tutela brevettuale. Sono escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all'ordine pubblico o al buon costume. In tale contesto, le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali non sono brevettabili.
Nelle sue conclusioni Cruz Villalón ritiene che nella valutazione se un ovulo non fecondato debba essere considerato un embrione umano, il criterio decisivo di cui tenere conto è ''se esso abbia la capacità intrinseca di svilupparsi in un essere umano''. Per contro, la circostanza che un ovulo non fecondato sia in grado di dare avvio a un processo di divisione e differenziazione cellulare, analogo a quello di un ovulo fecondato, ''non è di per sé sufficiente per considerarlo un embrione umano''. Nel caso affrontato le osservazioni presentate dalle parti, così come i chiarimenti forniti dalla britannica High Court of Justice, suggeriscono che i partenoti, organismi derivati dalla partenogenesi, non hanno, in quanto tali, la capacità di svilupparsi in un essere umano. Per questo l'avvocato generale propone alla Corte di escluderli dalla definizione di embrione umano. Per Cruz Villalón, però, non si può escludere la possibilità che, in futuro, i partenoti umani possano essere geneticamente alterati in modo che possano svilupparsi a termine e quindi in un essere umano. Per tale motivo, l'avvocato generale chiarisce che i partenoti possono essere esclusi dalla nozione di 'embrioni' solamente nei limiti in cui non siano stati manipolati geneticamente in modo da diventare capaci di svilupparsi in un essere umano. Infine, l'avvocato generale sottolinea che, a suo giudizio, anche qualora i partenoti umani siano da escludere dalla nozione di embrioni umani, la direttiva ammette che uno Stato membro escluda i partenoti dalla brevettabilità per considerazioni di ordine etico e morale. A suo avviso, nell'escludere gli embrioni umani dalla brevettabilità, la direttiva sancisce unicamente un divieto minimo a livello dell'Unione, mentre consente agli Stati membri di estendere il divieto di brevettabilità ad altri organismi in base a considerazioni di ordine etico e morale.
 
 
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