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La vendita coatta del sistema operativo Windows pre-istallato e la liberta' contrattuale
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Osservatorio legale di Claudia Moretti
15 settembre 2006 0:00
 
Abbiamo gia' segnalato con un precedente comunicato stampa il parere del Garante della Concorrenza e del Mercato in risposta alle richieste di intervento e alle nostre denunce di abuso di posizione dominante di Microsoft e dei suoi rivenditori. Sentiamo l'esigenza di ritornarvi su, prima di proseguire la nostra battaglia legale in Europa, per chiarire a noi stessi e ai nostri lettori alcuni punti che riteniamo fondamentali, sotto un profilo giuridico puro e di risvolti pratici per il consumatore.
In particolare, ci soffermiamo sulla patente contraddizione dell'Autorita' che, da un lato nega che vi sia una qualche restrizione o limitazione della concorrenza e al libero mercato, dall'altro ammette che gli acquirenti possono chiedere i rimborsi.
Il che' rappresenta in primo luogo una severa condanna del consumatore, costretto nella pratica a intimare e ricorrere all'autorita' giudiziaria per la restituzione del pagamento di un bene che si ammette essere non richiesto ne' voluto. Ma soprattutto rappresenta un assurdo logico e giuridico che, francamente, dall'Autorita' Garante non ci saremmo ne' aspettati ne' augurati. Una evidente contraddizione rispetto alle regole e ai principi generali dell'ordinamento in materia contrattualistica.
Vediamo perche'.
Per quanto si possano tentare escamotage contrattuali, quali quelli inseriti nei contratti di licenza d'uso, e per quanti nomi possiamo dare alla transazione in esame, non vi sono dubbi che l'acquisto di un software costituisce una vera e propria vendita di bene mobile, se pur ha ad oggetto un prodotto intellettuale. E che si tratti di vendita non e' messo in discussione dall'Autorita' Garante nel provvedimento in questione, che implicitamente la postula prevedendo il diritto del consumatore al rimborso, laddove non desideri l'installazione del prodotto. Dunque gli acquisti in questione, sono regolati dalle norme codicistiche sulla vendita e in particolare, sulla vendita al consumo, se l'acquirente riveste la qualita' di consumatore.
Ma quand'e' che un acquirente ha diritto al rimborso?
Nel nostro diritto, l'acquirente ha diritto al rimborso:
1. Quando il bene acquistato non corrisponde al bene su cui si e' raggiunto l'incontro dei reciproci consensi, ossia l'accordo con il quale la vendita si e' conclusa. Insomma quando si porta a casa un bene diverso oppure con vizi di conformita' (e in tal caso si avra' diritto alla sostituzione, alla riparazione o al rimborso e ai danni per il disguido).
2. Quando manca o e' viziato il consenso, cioe' quando non si sia verificato l'accordo di compravendita e, per errore, per dolo della controparte ci si trovi ad avere in mano un prodotto, non solo non voluto, ma di cui non si e' saputo alcunche' fino ad ora. E' il caso del vizio del consenso, che da' luogo all'annullamento, restituzione e risarcimento del danno.
Si tratta, evidentemente di una situazione patologica, a cui si pone rimedio con il rimborso e la restituzione e a cui l'ordinamento offre ristoro anche con il risarcimento del danno.
Le richieste di rimborso cui fa cenno il Garante, sono giustificate anche quando lo stesso consumatore conosce e acconsente all'acquisto anche della licenza Windows? Evidentemente tutti coloro che si accingono ad acquistare il pc sanno di comprarlo con il sistema operativo in aggiunta all'hardware. Dunque, in astratto, il loro consenso non e' viziato da errore o dolo, ne' acquistano aliud pro alio (una cosa per un'altra).
Perche' allora il garante accorderebbe anche per loro un diritto al rimborso che la legge gli nega? Non si tratta allora di provvedimento abnorme in palese contrasto con il codice civile?
Rispondiamo noi: perche' il consenso e' viziato in quanto coartato, e la vendita e' in fatto e in diritto coatta. Il Garante non si e' sentito di negare l'evidenza ed ha riconosciuto il diritto al rimborso (omettendone la ragione giuridica) a chi e proprio per coloro che, in quanto coartati nella volonta', hanno dovuto accettare l'acquisto.
Cosa avrebbe di "normale" e di "fisiologico" una simile compravendita? Compro sapendo di comprare un prodotto, pur non volendolo, ma, col beneplacito dell'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, non appena arrivo a casa ne chiedo il rimborso! Cosa ha di libero, leale e concorrenziale, un mercato simile che rinnega le proprie regole piu' elementari del diritto, pur di non ammettere l'evidenza?
In aggiunta alle possibilita' di rimborso, il Garante avrebbe forse dovuto menzionare anche la possibilita' di chiedere il risarcimento dei danni subiti, per la vicenda contrattuale anomala e dannosa perche' iniqua e inutilmente dispendiosa. Speriamo che al suo posto, in attesa del parere del garante europeo, ponga rimedio la magistratura civile adita.
 
 
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