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Windows preinstallato. Cassazione: si' al rimborso del sistema operativo
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Articolo di Claudia Moretti
22 settembre 2014 16:25
 
Si tratta davvero di una vittoria schiacciante* quella ottenuta da Marco Pieraccioli, tecnico informatico di Aduc, contro il gigante HP, uno fra i tanti produttori di hardware contenenti software Microsoft integrati (licenze c.d. OEM)*. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 19161/2014, all'esito di tre gradi di giudizio, ha definitivamente promosso le sue ragioni e quelle di tutti consumatori, stabilendo che è dovuto il rimborso per la licenza integrata ma non voluta e non accettata dall'acquirente.
Questi, in sintesi, i percorsi, le analisi e le motivazioni della Corte.

1) HP sostiene nel ricorso che il contratto di licenza d'uso è un rapporto/contratto al quale lei è estranea: si tratta di un contratto fra Microsft e l'utente;
Non è così. Sostiene la Corte Suprema che il rapporto/contratto che ha ad oggetto la licenza d'uso è un rapporto diretto fra il produttore e l'utente. Il produttore infatti ne acquisisce i diritti commerciali e si pone come interlocutore unico rispetto ad esso, in virtù di accordi con Microsoft, tant'è che anche la licenza OEM dà conto di tali soggetti come soli soggetti contraenti.

2) HP sostiene nel ricorso che il binomio harware-software debba considerarsi un unicum inscindibile, al pari, ad esempio, dell'automobile con le sue ruote.
Non è così. Il software è un “prodotto”, un' “opera dell'ingegno di autonoma considerazione”, lo si commercia attraverso la licenza d'uso e non la vendita, ed ha una rilevanza di bene a sé stante, un'autonomia funzionale e tecnologica rispetto all'hardware di tal ché è sempre possibile scindere l'uno dall'altro ed istallare nel computer altro sistema operativo perfettamente funzionante.

3) HP sostiene che,anche a prescindere da quanto appena detto, comunque, i due contratti (vendita di hardware e licenza d'uso del software) sono avvinti dal collegamento negoziale e che al cadere dell'uno (ripensamento dell'utente sul software) cade anche l'altro (l'acquisto dell'intero pc). Con ciò giustifica il proprio comportamento di rifiuto del rimborso del solo software. (Se l'acquirente chiede il rimborso, receda in toto e riconsegni l'intero computer).
Non è così. La Corte di Cassazione ha, in primo luogo, ricordato i principi in materia di collegamento negoziale, che sussiste solo nel caso in cui entrambe le parti, consapevolmente, vogliano ed esprimano, anche implicitamente, tale volontà di connessione. In secondo luogo ha chiarito come l'acquirente “specialmente se non particolarmente ferrato in materia informatica” possa esser “finanche ignaro al momento dell'acquisto (con buona pace di una volontà di collegamento che, per rilevare, non potrebbe che esser comune)” (cfr. pag 15 sent.).

4) HP si difende dicendo che la clausola contenuta nella licenza non dispone il diritto al rimborso, ma solo l'onere dell'acquirente ad ottenere le informazioni sul rimborso stesso.
Così non è. La Corte ha respinto al mittente questo vero e proprio assurdo giuridico ai danni del consumatore. Che significa mai avere l'onere di chiedere informazioni al produttore sul rimborso, se poi quest'ultimo non ha il dovere di pagarlo? La sentenza, a tal proposito, correttamente tira fuori i concetti di buona fede e invoca la nullità della clausola laddove rimettesse la concessione del rimborso alla totale mercé del venditore (clausola meramente potestativa). Non solo. La Corte si spinge fino a dire che un simile accordo, se interpretato secondo quanto sostiene HP, sarebbe addirittura contrario alle regole della concorrenza ed ai principi di libertà di scelta del consumatore: in parole semplici un' imposizione bella e buona dei produttori di software dominante.

5) HP lamenta infine che il richiesto rimborso non sarebbe determinato nel suo ammontare e porterebbe così la relativa clausola ad una indeterminatezza sanzionabile con la nullità. Avrebbe sbagliato, ad avviso del produttore, tanto il Giudice di Pace che il Tribunale Fiorentino a corrispondere il prezzo di una intera licenza d'uso del Sistema Operativo di Microsoft Retail (ossia la stessa identica licenza però venduta separatamente ed isolatamente dall'hardware)
Così non è: il prezzo è facilmente determinabile in base alle regole di cui all'art. 1474 c.c. ed è chiaro a tutti in base ai listini Microsoft.

Una breve osservazione sulla sentenza.
La Corte di Cassazione ha ricostruito il contratto licenza d'uso di Microsoft in questi termini giuridici: il produttore è il soggetto contraente della licenza d'uso (non Microsoft); il produttore al momento dell'acquisto formula una proposta di accordo di licenza d'uso, che potrà dirsi concluso ad accettazione avvenuta con un click.
In tutto questo che ruolo ha Microsoft? Occorre puntualizzare che la licenza OEM, se accettata dall'acquirente, costituirà un rapporto contrattuale diretto fra Microsoft ed il licenziatario acquirente, che avrà, da quel momento in poi, solo come controparte la Microsoft stessa. E' evidente che la ricostruzione proposta dalla Corte di addossare l'intera titolarità della licenza sul produttore ha il benefico effetto di semplificare la questione sul fronte produttore: vendi, concedi in uso il software ergo ne rispondi ed hai l'obbligo di rimborsarlo.
Tuttavia non fa il paio con le reali e molte responsabilità, anche contrattuali, del colosso statunitense, che, sebbene sanzionata a livello di Antitrust americano e comunitario per altre vicende, rimane, sul punto ancora esente da colpe. Siamo convinti che la stessa violi, al di là di ogni questione antitrust, il nostro Codice al Consumo e le regole generali di buona fede contrattuale.
E sebbene la sentenza in esame “non le mandi a dire” in merito al rischio di abuso di posizione dominante di Microsoft, essa trova tuttavia il modo, concentrando tutta la responsabilità in capo al produttore, di escludere, di fatto, un coinvolgimento della Microsft nella vicenda contrattuale del Sig. Pieraccioli.
Ciò non vuol esser una critica negativa all'estensore della sentenza, che comunque non ha visto coinvolta Microsoft per volere delle parti stesse che non l'hanno citata in causa: la vittoria per il consumatore è, da un punto di vista pratico ancor meglio garantita, essendo il produttore soggetto più vicino e “citabile in giudizio” di Microsft Corporation.
Ma vuol esser una riflessione che costituisca un punto di partenza per future iniziative volte all'affermazione piena dei diritti dell'utenza anche nei confronti di quest'ultima che si trincera dietro accordi e manda così “in trincea” i produttori stessi.

* Si legga il comunicato di Aduc
** Per un approfondimento si legga questa scheda informativa

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