Indice:
1 - Malfunzionamento della piattaforma di trading on line
2 - Acquisto di obbligazioni subordinate a tasso variabile di tipo Upper Tier II, effettuata dal Ricorrente tra il 2014 e il 2016 tramite servizio di internet banking.
3 - Cambio di consulente – mancate informazioni sulle perdite degli investimenti.
4 - Obbligazioni Portugal Telecom
5 - Responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati a terzi da un proprio consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede.
6 - Mancata esecuzione di ordini di disinvestimento di quote di fondi e sicav
7 - Disconoscimento delle firme apposte ai moduli di sottoscrizione ordini
8 - Obbligazioni Astaldi, Mps e Portugal Telecom.
9 - Investimenti in Azioni Salini Impregilo, ora Webuild, Tullow Oill, BMPS, Banca Carige e Bio ON
1) Malfunzionamento della piattaforma di trading on line
Nel caso in esame il Collegio con decisione 7456/24 pur
respingendo il ricorso torna a ribadire un consolidato orientamento tale per cui:
“spetta agli intermediari che si pongono quali prestatori di servizi d’investimento tramite servizi di home banking dotarsi di presidi organizzativi e piattaforme efficienti, tali da garantire il perdurante rispetto dell’obbligo di esecuzione con la necessaria tempestività degli ordini impartiti dai clienti, munendosi in tale contesto di risorse idonee a far fronte ad eventuali “cadute” (anche solo temporanee) dei sistemi automatizzati utilizzati a questi fini, in ogni caso prevedendo strumenti alternativi, efficaci e strutturati, che consentano alla clientela di dare agevolmente corso all’operatività di loro interesse”.
Aggiungendo fra l'altro che: “Né può sottacersi che è l’art. 21, comma 1, lett. d), del TUF impone agli intermediari di “disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività”; dovere, questo, dettagliato poi già con la risalente Comunicazione Consob n. DI/30396 del 2000 (“gli intermediari che prestano servizi di trading on line devono dotarsi di sistemi informativi interni adeguati a garantire, tenuto conto dei volumi delle transazioni disposte, il rispetto dell’obbligo di eseguire con tempestività gli ordini impartiti dagli investitori […]”. E, ulteriormente, nel Regolamento congiunto Consob/Banca d’Italia del 29 ottobre 2007, all’art. 5, comma 2, lett. l), è stabilito che “gli intermediari nell’esercizio dei servizi, adottano, applicano e mantengono […] politiche, sistemi, risorse e procedure per la continuità e la regolarità dei servizi volte a: i) assicurare la capacità di operare su base continuativa; ii) limitare le perdite in caso di gravi interruzioni dell’operatività; iii) preservare i dati e le funzioni essenziali; iv) garantire la continuità dei servizi in caso di interruzione dei sistemi e delle 5 procedure. Qualora ciò non sia possibile, permettere di recuperare tempestivamente i dati e le funzioni e di riprendere tempestivamente i servizi”.
Si rammenta tuttavia che anche la condotta del ricorrente dev'essere scevra da equivoci e rispecchiare la realtà dei fatti; ciò significa che, sotto il profilo eziologico, il pregiudizio economico lamentato dev'essere direttamente da ricondursi al riscontrato temporaneo malfunzionamento
2) Acquisto di obbligazioni subordinate a tasso variabile di tipo Upper Tier II, effettuata dal Ricorrente tra il 2014 e il 2016 tramite servizio di internet banking.
Con la decisione 7457/24 il Collegio
respingendo il ricorso torna su alcuni orientamenti già noti e sui quali bisogna fare particolare attenzione.
Anzitutto respinge l'ipotesi di inadempimento come opposta dal ricorrente sul punto avendo cura di precisare che:
“non può essere accolta, anzitutto, la domanda di risoluzione per inadempimento, atteso che l’orientamento di quest’Arbitro è nel senso che, in presenza di violazione di obblighi di condotta posti in capo agli intermediari dalla legge o dal contratto quadro, non ricorrono i presupposti per accertare, neppure in via incidentale, la risoluzione delle operazioni di investimento; ciò in quanto gli inadempimenti dell’intermediario agli obblighi di informazione, sebbene condizionino le scelte di investimento dei clienti, tuttavia, si collocano “in un momento antecedente alla singola operazione di acquisto e dunque non possono operare come causa di risoluzione delle stesse ai sensi dell’art. 1453 c.c., tale rimedio presupponendo che 5 l’inadempimento che vi da causa inerisca direttamente al rapporto contrattuale che si vorrebbe risolvere, e non a un rapporto diverso, ancorché a esso in un certo senso presupposto”. (Decisione ACF n. 3486).
Tuttavia posto che la Banca non ha trasmesso in atti ulteriore documentazione attestante l’informativa resa al Ricorrente in sede di acquisto, né tanto meno la scheda prodotto non vi è, dunque, prova che sia stata resa ex-ante al Ricorrente l’informativa sul carattere subordinato delle obbligazioni e quindi il Collegio precisa che: “L’Intermediario ha, infatti, versato in atti solo una stampa tratta dal proprio sistema informatico, attestante gli ordini (effettuati tramite internet e su iniziativa del cliente), rispettivamente in date 31 agosto 2016 e 2 dicembre 2015, per la sottoscrizione di n. 172.000 e di n. 100.000 obbligazioni. Tale stampa riporta unicamente il quantitativo da acquistare; i limiti di prezzo per eseguire l’operazione; numero consulenza “0”; Iniziativa cliente “SI”; Op. inappropriata “NO”
Orbene, avuto riguardo al carattere subordinato delle obbligazioni: “L’obbligazione subordinata è, difatti, uno strumento finanziario che contiene un livello di rischio più elevato e ben diverso da quello di un’obbligazione ordinaria, “sicché si tratta – anche in assenza di un obbligo regolamentare di indicarlo nell’anagrafica – di una informazione che non può non essere resa al momento dell’investimento, perché senza di essa il cliente non può adeguatamente apprezzare il rischio dell’operazione che compie, e dunque non può orientarsi in maniera consapevole nelle scelte che riguardano l’allocazione del proprio risparmio” (Decisione ACF n. 3999).
Mentre, per quanto riguarda le operazioni effettuate tramite internet: “l’intermediario prestatore dei servizi è chiamato ad assolvere gli obblighi informativi previsti dalla normativa di settore con modalità che possano essere considerate equivalenti a quelle a supporto di un servizio erogato “in presenza”, ovverosia con modalità che possano ritenersi equiparabili, sotto il profilo sostanziale, quantomeno alla consegna materiale al cliente del documento informativo. In particolare, “modalità equivalenti alla consegna del documento recante le informazioni necessarie per la scelta consapevole del cliente, e che permettono di considerare pienamente provato da parte dell’intermediario l’assolvimento dei relativi obblighi, sono semmai rappresentate o (i) dall’inserimento di tutte le informazioni di dettaglio rilevanti direttamente nella pagina dove si trova il comando per impartire l’ordine di acquisto, oppure (ii) dalla previsione di un link che permetta di scaricare il documento ma in questo caso con contestuale implementazione di una funzionalità bloccante, che renda cioè possibile impartire l’ordine solo previo richiamo di attenzione del cliente e presa d’atto di aver preso visione della documentazione informativa ” (Decisione ACF n. 5242 del 30 marzo 2022)
Posto che le operazioni sono state eseguite tramite internet banking e altresì ritenendo che la Banca non abbia svolto un servizio di natura consulenziale. “l’Intermediario era tenuto a svolgere la verifica di appropriatezza. Ebbene, dal modulo di stampa tratto dal relativo sistema informatico – attestante gli ordini effettuati tramite internet su iniziativa del cliente, rispettivamente in data 31 agosto 2016 e 2 dicembre 2015 – emerge che per entrambi gli ordini la Banca ha valutato le operazioni come appropriate al profilo del Ricorrente (“Op. inappropriata No”)”.
L'Arbitro è saggio ed oculato nel rimarcare attentamente questi passaggi perché successivamente, dopo aver altresì esaminato anche la fattispecie “Questionario” non può che rilevare come tuttavia la dinamica dell'investimento non testimoni a favore del Ricorrente, finendo quindi per ribadire l'orientamento tale per cui: “Quest'arbitro ha, infatti, già escluso la sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione di obblighi informativi e il danno lamentato, laddove dalla documentazione in atti emergevano elementi tali da indurre a ritenere che la decisione di investimento fosse stata il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore, che quest’ultimo avrebbe compiuto anche ove gli fosse stato fornito un corretto e completo quadro informativo (v., in questo senso, tra le tante, Decisioni n. 5632 del 14 luglio 2022, e n. 6444 del 27 marzo 2023).
Questa Decisione, ad avviso dello scrivente redatta, come ormai sempre accade, molto bene e in maniera dettagliata mette nelle condizioni di ribadire come più e più volte consigliato a molti risparmiatori che non è sufficiente prendere dei precedenti e provare a far sembrare che il proprio caso ci rientri.. è come cercare di far entrare il cubo nello spazio pensato per la sfera. Si rompe il giocattolo. In fase di per-analisi il Professionista cui il risparmiatore / ricorrente si affida è chiamato, da interprete della scienza del diritto, a verificare la sussistenza di criticità che trovino corrispondenza nelle norme che poi vengono richiamate sia nel reclamo che nel ricorso.
E' essenziale impostare entrambi con meticolosa attenzione.
3) Cambio di consulente – mancate informazioni sulle perdite degli investimenti.
La decisione 7458/24
respingendo il ricorso anzitutto conferma il pluricitato orientamento che esclude come abbiano rilievo i riferimenti alla presunta insistenza dei bancari o dello stesso direttore di filiale come pure altre questioni inerenti ai rapporti "face to face" tale per cui: “Le questioni relative alla dinamica dei rapporti tra il cliente e il personale dell’Intermediario non possono, infatti, essere meramente allegate, ma devono trovare riscontro in idonee evidenze che è onere del ricorrente fornire, vertendo in tal caso la prova su circostanze che si collocano al di fuori dell’applicazione del principio di inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23 del TUF (tra le molte, v. Decisione ACF n. 6905), onere che nel caso di specie non risulta essere stato soddisfatto”.
Relativamente alle periodiche comunicazioni: “In merito, poi, alla contestata mancata ricezione della rendicontazione periodica relativa all’andamento del dossier per l’anno 2022, deve rilevarsi che l’Intermediario ha versato in atti, oltre ai due rendiconti al 31 dicembre per gli anni 2020 e 2021, quattro rendiconti trimestrali proprio con riferimento all’anno “incriminato”.
Inoltre: “Quanto alla rendicontazione specifica del servizio di consulenza evoluto, la sezione “F. Indirizzo di corrispondenza” indicava che le comunicazioni relative al contratto sarebbero state inviate al cliente in formato elettronico secondo le modalità definite nel contratto. Anche tali documenti risultano indirizzati all’indirizzo del Ricorrente”.
Relativamente poi al presunto danno l'Arbitro sottolinea:
“Parte Ricorrente, infatti, a fondamento della sua pretesa, si è limitata a formulare una richiesta di risarcimento alquanto generica e forfetaria pari a 100.000,00 euro, comprensiva anche del danno morale asseritamente subito. Tuttavia, a comprova della domanda di ristoro avanzata non viene fornita precisazione alcuna in ordine 10 alle operazioni di investimento alle quali tale danno sarebbe riconducibile, né ci si può esimere dal rilevare che neppure la richiesta di danni morali può essere accolta, in quanto, come noto, l’art. 4, comma 3, del Regolamento ACF stabilisce che “l’Arbitro riconosce all’investitore solo i danni che sono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di cui al comma 1, con esclusione dei danni non patrimoniali” in cui rientrano anche i danni morali. Tali pretese risarcitorie si palesano, in buona sostanza, come mere richieste prive di supporto probatorio e di allegazioni”.
Dall'attenta lettura di questa decisione si evince come le censure sollevate dal ricorrente avrebbero potuto essere agevolmente evitate il fase di pre-analisi della controversia in quanto le prove dimostrano come la strategia adottata nel ricorso aveva ben poche possibilità di essere accolta ed anzi la sensazione è che in più passaggi fosse anche temeraria.
4) Obbligazioni Portugal Telecom
Con decisione 7459/2024 in
accoglimento del ricorso il Collegio esamina un altro caso relativo ai tanti sottoposti alla sua attenzione inerente alle ormai note Obbligazioni Portugal Telecom.
Nel caso di specie l'Arbitro giustamente ha cura di rilevare subito quella che sembra una tutt'altro che efficace strategia difensiva della Banca resistente a fronte degli addebiti che le sono mossi, infatti leggiamo: “non può sfuggire, quanto al rispetto degli obblighi informativi al momento degli acquisti, che l’Intermediario resistito ha esibito per ciascuna operazione eseguita le schede informative sullo strumento finanziario, che il disponente ha sottoscritto contestualmente ai relativi ordini di acquisto. Ebbene, tali schede riportano la denominazione delle obbligazioni, classificate come “obbligazioni estero rimborso in unica soluzione”, la divisa di emissione, la sede di quotazione principale, il rating attribuito ai titoli da S&P (BB+) senza, però, alcuna ulteriore specifica a supporto, e l’assenza di rating per l’Emittente. Come livello di rischio è evidenziato un grado 5 “Alto”, penultimo nella scala di valori da 1 (“basso”) a 6/7 (“molto alto”) e nella sezione “Avvertenze” dell’ordine di acquisto è contenuta l’indicazione che il titolo era soggetto a rimborso anticipato; tutto ciò, a fronte di un profilo sintetico “Bilanciato” dei Clienti, un’esperienza e conoscenza di grado “Medio” ed un orizzonte temporale di medio termine, riportando anche il questionario l’esito della precedente profilatura, dalla quale emergeva un profilo “Moderato” ed un orizzonte di investimento più breve, pur dovendosi rilevare che tale evocato primo questionario non risulta versato in atti”.
Giustamente il Collegio prosegue rilevando come: “Pur in presenza dei citati indicatori degli strumenti finanziari in contestazione che segnalavano talune specificità circa il livello di rischiosità delle obbligazioni, nessun elemento informativo è contenuto nei documenti esibiti con riferimento al rapporto - tutt'altro che irrilevante o secondario - tra l’Emittente e la società brasiliana OI S.A. che ne era indiretta controllante e che, a giugno del 2015, vale a dire tra il primo ed il secondo acquisto, a seguito della cessione di Portugal Telecom SGPS alla società lussemburghese Altice, ne diveniva diretto azionista di controllo. Tale circostanza, al di là dell’eventuale variazione o meno del livello di rischio degli strumenti, rende l’informativa concretamente resa ai Ricorrenti non esaustiva riguardo al soggetto al quale il credito degli obbligazionisti era, di fatto, riconducibile”.
Non può quindi che giungersi all'inevitabile e giusta conclusione tale per cui: “In considerazione di ciò, non può dirsi idoneamente dimostrato dall’Intermediario il corretto assolvimento degli obblighi informativi nei confronti dei Clienti al momento dell’operatività controversa; circostanza, questa, che risulta particolarmente censurabile nel caso di specie per i motivi che questo Collegio ha già avuto modo di sottolineare nel trattare ricorsi aventi ad oggetto obbligazioni emesse da PTIF, allorquando ha avuto modo di sottolineare la centralità di una esaustiva informativa per l’investitore per farne da essa scaturire scelte effettivamente consapevoli, in special modo in situazioni, quale per l’appunto quella in esame, in cui finiscono con l’assumere speciale rilievo le vicende societarie che avevano l’emittente nel periodo immediatamente precedente l’acquisto dei titoli (cfr., in questo stesso senso, ad es., Decisioni ACF nn. 3260, 5788, 6491, 6472 7033, 7133)”.
Tutto ciò anche in considerazione del fatto che: “è orientamento consolidato del Collegio ACF quello di ritenere necessario che gli intermediari adempiano “in concreto” a detti obblighi e non in modo meramente formalistico, con l’effetto che non può reputarsi sufficiente, a tal fine, la dichiarazione sottoscritta dal cliente, presente nella modulistica precompilata dall’intermediario o dall’emittente, di “aver preso visione della documentazione informativa”, ovvero “di aver ricevuto l’informativa sui rischi dell’investimento”.
Inoltre il Collegio pur dando atto che quanto sopra di per sé definisce la controversia a favore del Ricorrente ha cura di approfondire un ulteriore aspetto che riguarda l’esito della valutazione di adeguatezza che “l’Intermediario ha svolto per entrambe le operazioni, come del resto indicato in calce alle schede, nelle quali si legge “La Banca valuta l’adeguatezza delle operazioni di investimento preventivamente all’esecuzione delle stesse”, rimandando poi per maggiori informazioni su consulenza e valutazioni di adeguatezza/appropriatezza ad uno specifico documento informativo ricevuto dal cliente, che però non è presente in atti. In entrambe le occasioni l’Intermediario risulta aver evidenziato al disponente il seguente messaggio: “L' investimento in oggetto è POTENZIALMENTE NON ADEGUATO rispetto al suo/vostro profilo di rischio. La Banca raccomanda di non procedere con l’investimento qualora l’incidenza dei prodotti finanziari con livello di rischio 5-alto sia superiore al 40% del suo/vostro patrimonio totale. Dichiaro/dichiariamo che l’investimento in oggetto non è stato raccomandato dalla Banca e che deriva unicamente da una mia/nostra specifica e autonoma richiesta”. Ora, la formulazione utilizzata – che ingloba in se un’inadeguatezza di tipo “potenziale” – non può dirsi idonea a porre l’investitore in grado di compiere una scelta di investimento di immediata percezione nelle sue ricadute e, dunque, pienamente consapevole, accollando di fatto a questi l’onere di verificare l’incidenza percentuale degli strumenti a rischio alto presenti nel suo portafoglio e, di conseguenza, di interpretare – egli - la valutazione così resa”.
Malgrado ciò l'Arbitro rileva anche come i Ricorrenti erano nella condizione, in quanto frequenti investitori su titoli analoghi, di cautelarsi e pertanto “non avendo posto in essere alcuna azione finalizzata alla liquidazione delle Obbligazioni in contestazione, allorquando essi erano già in grado di rendersi conto della perdita di valore registratasi rispetto al valore dell’investimento iniziale, è avviso di quest’Arbitro che gli odierni Ricorrenti hanno finito con il concorrere a cagionare (ovvero, a non ridurre) il danno di cui ora si dolgono, con l’effetto che deve trovare applicazione il disposto di cui all’art. 1227 c.c”
Definitivamente considerando quindi che: “Benché, come detto, i prodotti in esame possa ritenersi di fatto appropriati rispetto al profilo dei Clienti, l’intermediario prestatore del servizio deve, tuttavia, essere in grado di dimostrare di aver svolto efficacemente ed effettivamente le valutazioni di appropriatezza/adeguatezza delle operazioni, non foss’altro perché “l’intero processo di investimento deve essere rigorosamente tracciato” in ogni caso (v. già Decisione ACF n. 1096 e successivamente, ex multis, n. 7038 e più di recente n. 7387 del 29 maggio 2024).”
L'iter argomentativo seguito dal Collegio é senza dubbio condivisibile.
Corretto accogliere il ricorso pure in ragione del fatto che dalla lettura del disposto l'Intermediario resistente pare avere commesso inusuali errori difensivi avendo addirittura servito sul proverbiale piatto d'argento elementi utili al Ricorrente. Si ha quasi la percezione che siano delle difese preimpostate che nell'ottica “taglia e incolla” e che abbiano finito per includere elementi che o non andavano nella direzione voluta o sarebbero dovuti essere argomentati in modo completamente diverso perché letti come giustamente ha fatto il Collegio sono favorevoli al Ricorrente.
Ciò malgrado lo stesso si è ugualmente visto ridurre l'importo per essere risultato un investitore assimilabile a quel concetto di esperto in ragione della trading history la qual cosa non sembra in linea con alcune possibili strategie che oggi sono note e che andrebbero inserite nei ricorsi proprio per scongiurare questa ipotesi penalizzante per il Ricorrente pur se vincitore. Strategie difensive ben argomentate e attentamente predisposte chiamano in causa il concetto di adeguatezza e consapevolezza di importazione Europea su cui peraltro abbiamo, come associazione di consumatori, innumerevoli volte prodotto degli articoli a cominciare dagli orientamenti e dalle guideliness di ESMA. Il tutto per ottenere una vittoria piena con un pieno ristoro dei diritti del Ricorrente che in questo caso il Collegio ha deciso in parte di limitare.
5) Responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati a terzi da un proprio consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede.
Con la decisione 7460/2024 di
parziale accoglimento il Collegio affronta il non facile tema del consulente finanziario che contatta il cliente per portarlo nella nuova realtà lavorativa rappresentando migliori condizioni.
Orbene per definire e qualificare quella che si potrebbe definire l'offerta che ha invogliato il Cliente il Collegio afferma: gli elementi nel complesso disponibili, inducono a ritenere accertato che il consulente, nell’esercizio della sua attività per conto del Resistente, abbia tenuto un comportamento tale da aver ingenerato nell’investitrice, dapprima, il legittimo affidamento del riconoscimento di un bonus dell’8% sui nuovi investimenti effettuati, suo tramite, presso la Banca resistente e, successivamente, il convincimento che tale bonus le fosse stato riconosciuto.
Per l'appunto l'Arbitro precisa che: “la Ricorrente ha prodotto in atti: i) una email dell’11 marzo 2020, riguardante “PROPOSTA INVESTIMENTO”, in cui il consulente precisava, per quanto qui di interesse, che “il contenitore di tali proposte, uno per ogni pdf, prevede un bonus dell’8% da applicare sulla liquidità investita”; ii) una ulteriore email del 5 febbraio 2021, avente a oggetto “RIEPILOGO OPERAZIONI”, nella quale il consulente afferma “in data 01/10/2020 abbiamo investito 480k, questi danno diritto a un bonus dell’8%, quantificato in 38.400 euro. Questo viene caricato/conferito/valorizzato sull’investimento dei 480k immediatamente in un fondo per un tv di 38.400 euro. Successivamente viene reso visibile, quindi nel valore finale del guadagno in 4 tranche, indicativamente di circa 9.600 euro l’una. Queste 4 tranche hanno una frequenza solitamente trimestrale, nel nostro caso le prime due sono state immediatamente valorizzate, quindi 19.200 euro”. Nella medesima email, peraltro, il consulente comunica alla cliente il conseguimento di un ulteriore bonus laddove afferma “questo perché nel frattempo il 23/12/2020 avete apportato nuova liquidità in questo investimento per un ctv di 34k, che hanno prodotto un nuovo bonus di 2.720 euro. Questi verranno valorizzati e visibili nel guadagno da marzo 2021. Ricapitolando; il guadagno attuale totale è di circa 39k, ci cui 19.200 euro è di bonus e il resto è la crescita del mercato. Questa struttura la terremo in essere fintanto che avremo raggiunto i 38.400 euro di bonus più i 2.720 euro […]; oltre a questo la terremo ovviamente fino a quando non avremo azzerato la pregressa perdita ottenuta con [il precedente intermediario]”.
E ancora, fra le altre cose si legge: “non può non rilevarsi che la seconda email, in cui si rinvengono dettagli anche circa le modalità con cui il bonus in questione sarebbe stato erogato, contiene indizi univoci, precisi e concordanti in ordine al fatto che la corrispondenza fosse in realtà indirizzata alla Ricorrente e il suo contenuto fosse tale da ingenerare nell’investitrice la convinzione che l’Intermediario le avesse riconosciuto il predetto bonus; inoltre, nella stessa email traspare il riferimento al bonus con funzione “compensativa” della perdita maturata presso il precedente intermediario”.
A tutto ciò si aggiunga poi il fatto che: “Non può neppure omettersi di rilevare che il consulente finanziario, oltre a essere stato destinatario, come allegato dalla stessa Ricorrente, di un provvedimento di sospensione sanzionatoria per violazione dell’art. 159, comma 4, del Regolamento Intermediari, risulta essere stato altresì destinatario di un provvedimento di radiazione dall’Albo unico dei consulenti finanziari nel 2023, essendo stata ritenuta accertata la violazione dell’art. 158, comma 1, “per non aver osservato gli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza, in particolare, per aver: - acquisito, quantomeno temporaneamente e mediante distrazione, la disponibilità di somme di pertinenza di clienti o potenziali clienti; - comunicato e trasmesso a clienti informazioni e documenti non rispondenti al vero”; radiazione preceduta da un provvedimento di sospensione cautelare, nelle cui premesse si fa riferimento a dichiarazioni di clienti riguardanti, tra l’altro, presunte garanzie e bonus rappresentati dal consulente e asseritamente accordati dall’Intermediario”.
Quindi: “In considerazione di tutte queste circostanze la doglianza oggetto del presente ricorso configura una ipotesi responsabilità dell’intermediario per i danni provocati dal consulente di cui all’art. 31, comma 3, del TUF. Non è revocabile in dubbio che la condotta qui censurata sia stata posta in essere dal consulente nell’ambito dell’esercizio della sua attività professionale per conto del Resistente, come comprovato, non solo, dal fatto che egli abbia utilizzato l’indirizzo email in uso presso l’Intermediario, ma anche dalla circostanza che gli investimenti a valere dei quali sarebbe stata promessa l’erogazione del bonus sono stati effettuati con l’intermediazione dello stesso Resistente”.
Conseguentemente l'Arbitro conclude che: “Può, pertanto, ritenersi accertato il requisito del “nesso di occasionalità necessaria”, in quanto il comportamento illecito del consulente preposto è funzionalmente e strumentalmente collegabile all’incarico espletato”
La decisione in commento ci offre un'ottima panoramica di quelli che sono gli indizi (plurimi) da valutare (e in che ottica) relativamente alla condotta del consulente finanziario che pare essere, in questo come in diversi altri casi, tendente all'ingannevolezza, decettività e falsa rappresentazione di elementi che rappresentano all'opposto i capisaldi del convincimento del Cliente basato su trasparenza e correttezza.
6) Mancata esecuzione di ordini di disinvestimento di quote di fondi e sicav
La decisione 7461/2024 che
respinge il ricorso analizza alcune modalità di procedura tali per cui la Banca non avrebbe dato seguito all'ordine impartito dal Cliente. Il ricorso non viene accolto ma per mancata dimostrazione di un danno in concreto risarcibile.
Nel merito invece della questione meritano di essere riportati due significativi passaggi, anzitutto che: “va rilevato che la scelta del Ricorrente di inviare la richiesta di rimborso delle quote degli Oicr tramite raccomandata a.r. non può ritenersi inidonea a sostanziare un valido ordine di disinvestimento, non avendo la Banca dimostrato che tale modalità non fosse consentita dai contratti in essere tra le parti. Al riguardo, va anzi rilevato che nell’unico contratto prodotto dalla Banca, ossia quello concernente il rapporto intestato al solo Ricorrente, viene specificato che “gli ordini 7 sono impartiti alla Banca per iscritto” senza imporre una specifica modalità scritta e senza escludere che questa possa essere rappresentata dalla raccomandata a.r.”
Come pure il fatto che: “incombe sugli Intermediari la prova di aver prontamente contattato il cliente in ossequio al dovere di attivarsi in caso di ricezione di ordini che presentino delle irregolarità “sanabili” o richiedano approfondimenti da parte dell’intermediario”.
7) Disconoscimento delle firme apposte ai moduli di sottoscrizione ordini
Con la decisione 7464/2024 di
accoglimento del ricorso il Collegio ACF è chiamato a valutare molteplici aspetti di una gestione di lunghissima durata riguardante fondi e certificates e per quanto d'interesse pare importante riportare la preliminare questione del disconoscimento delle firme apposte ai moduli di sottoscrizione degli ordini poiché secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro: “l’indagine sull’autenticità delle sottoscrizioni non può prescindere almeno dalla produzione, a cura della parte interessata, di una perizia grafologica o di altra documentazione di tipo tecnico, dal momento che le esigenze di celerità e di speditezza del procedimento dinanzi all’ACF impongono una cognizione sommaria dei fatti, sulla base dei soli documenti prodotti dalle parti ed escludono che l’Arbitro possa promuovere direttamente iniziative per l’acquisizione di perizie o consulenze grafologiche e procedere a giudizi di verificazione di sottoscrizioni o di scritture private, ovvero ad accertamenti di altro genere” (Decisione ACF n. 6881 del 5 ottobre 2023).
8) Obbligazioni Astaldi, Mps e Portugal Telecom.
Il collegio nella Decisione 7466/2024 che
respinge il ricorso affronta una questione che verte su diverse operazioni in acquisto e in vendita che il Ricorrente, tramite servizio di internet banking, ha disposto su Obbligazioni Astaldi, Obbligazioni MPS e Obbligazioni Portugal nel periodo dal 2013 al 2018.
Orbene, chiarito da subito come: "l’eventuale accertamento della violazione degli obblighi di condotta gravanti sull’Intermediario e lamentati nel ricorso non può essere richiamato a fini di nullità" l'Arbitro rileva la presenza di alcune criticità nel comportamento dell'Intermediario fra cui alcune carenze nell'obbligo di profilatura (raccolta informazioni necessarie) e avuto riguardo alla procedura informatica di negoziazione tramite piattaforma il fatto che non abbia tenuto traccia di tutti i passaggi giacché non si rinviene nelle evidenze informatiche in atti l’indicazione della presa visione dei documenti da parte del Ricorrente.
E l'Arbitro giustamente ha cura di precisare: "L’analisi delle evidenze istruttorie fa emergere, quindi, alcune criticità comportamentali imputabili all’Intermediario che, nello specifico, non ha dimostrato, con riferimento solo ad alcune delle operazioni contestate, di aver adempiuto completamente agli obblighi informativi sulle caratteristiche degli strumenti finanziari intermediati".
Malgrado ciò però emerge anche che il Ricorrente abbia un profilo, secondo la trading history da investitore abituato a questo genere di investimenti tale per cui il Collegio scrive: "Ciò risulta segnaletico di un profilo finanziario dal carattere particolarmente evoluto e con una spiccata propensione verso investimenti di natura speculativa, che - volendosi limitare a valutare gli investimenti dedotti in lite – tra il 2013 e il 2018 è consistito in un susseguirsi di acquisti e vendite anche in tempi ravvicinati, a volte azzerando le posizioni sui titoli Astaldi e MPS e operando sui primi con acquisti a prezzi sotto la pari nel 2017".
E quindi si legge nella decisione che: "simili modalità operative, poste in essere in un arco di tempo prolungato, unitamente alla circostanza che diversi strumenti sono stati ripetutamente movimentati sia in acquisto sia in vendita anche a distanza di pochi giorni e a prezzi ampiamente sotto la pari, portano a ritenere che l’odierna Parte Ricorrente si caratterizzava, al tempo dei fatti, per una più che apprezzabile e consapevole propensione a investire in strumenti finanziari con caratteristiche analoghe alle Obbligazioni qui dedotte in lite, caratterizzate da elevati rendimenti e, pertanto, inevitabilmente incorporanti anche un maggior livello di rischio".
Pertanto si legge nel dispositivo che "è avviso di quest’Arbitro che, già dall’inizio dell’operatività contestata, il Cliente fosse in grado di adeguatamente cogliere sia il rischio che le caratteristiche proprie degli strumenti finanziari acquistati, non potendo ritenersi plausibile che alla luce delle pregresse esperienze in tal senso – per di più aventi ad oggetto anche i medesimi titoli – non avesse compreso le possibili implicazioni e i rischi che tali investimenti potevano presentare" Conseguentemente l'ACF conclude: "Questo Collegio, d’altronde, ha già più volte escluso la sussistenza del nesso di causalità tra la violazione degli obblighi informativi ed il danno lamentato, laddove dalla documentazione in atti fossero emersi, come nel caso di specie, elementi tali da indurre a ritenere che la decisione di investimento fosse stata il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore, che quest’ultimo avrebbe compiuto anche ove gli fosse stato fornito un corretto e completo quadro informativo".
Anche questa decisione come altre sembrano il frutto di una errata impostazione da parte del Ricorrente il quale nel concepire la strategia difensiva non tiene in considerazione la propria trading history sulla quale lo scrivente ha più volte avuto modo di mettere in guardia i risparmiatori che si sono rivolti all'associazione per avere una consulenza in proposito. Nel caso di un investitore avveduto per scelte precedenti non serve proporre il medesimo paradigma quasi sempre "taglia e incolla" basato su precedenti decisioni. E' un manierismo espositivo che non "fa il diritto" ma si limita a copiarlo. Con il risultato di una versione miope e vecchia che giustamente non viene accolta dall'Arbitro.
Si ribadisce che ACF è un organismo molto serio e che si nota bene come legga ogni atto sottoposto e scrive decisioni personalizzate. Provare a vendergli lucciole per lanterne è sicuramente un errore paradossalmente anche nel momento in cui il ricorrente avrebbe avuto, come in questo caso, elementi della scienza del diritto da poter dedurre ma che non ha fatto.
9) Investimenti in Azioni Salini Impregilo, ora Webuild, Tullow Oill, BMPS, Banca Carige e Bio ON
Nella decisione 7469/2024 il Collegio
respinge il ricorso e ha cura di valutare, come in molti casi analoghi la rilevanza dei pregressi investimenti nella c.d. trading history dell'investitore.
Leggiamo quindi che le evidenze istruttorie: "forniscono piena evidenza della ripetuta e oltremodo rilevante operatività complessivamente dispiegata dall’odierno Ricorrente a valere sul relativo dossier, sia sui titoli dedotti in lite sia su strumenti finanziari di analoga natura".
Prosegue poi l'Arbitro: "Operatività complessiva che appare, allora, segnaletica di un profilo finanziario dal carattere spiccatamente evoluto e di un approccio d’intonazione chiaramente speculativa, tanto che, già a partire dal 2011, essa è si è tradotta in una reiterata operatività, anche in vendita e anche in tempi ravvicinati, sugli strumenti finanziari in contestazione".
Dall'analisi dei singoli titoli emerge fra l'altro che: "Il Ricorrente ha, infatti, effettuato più acquisti su ciascun titolo anche a distanza di tempo, operato talora con modalità tipiche del trading speculativo, ad esempio aprendo e chiudendo ripetutamente le posizioni" e pertanto: "Tutto ciò dimostra, indubbiamente, conoscenza e significativa dimestichezza con titoli siffatti".
Quindi come in altre decisioni: "può dirsi che già dall’inizio dell’operatività contestata il Cliente fosse del tutto in grado di adeguatamente cogliere sia il rischio, sia le caratteristiche degli strumenti finanziari acquistati, non essendo plausibile che alla luce delle pregresse esperienze in tal senso – per di più aventi ad oggetto anche i medesimi titoli – non avesse ben colto le possibili implicazioni e i rischi che tali investimenti potevano presentare; il che porta anche a dire che appare pretestuoso il comportamento del Ricorrente laddove contesta selettivamente solo gli investimenti, tenuti in portafoglio per quasi dieci anni, che si sono rivelati non profittevoli".
Giungendo alla conclusione che: "Questo Arbitro è pervenuto a tale conclusione nei casi in cui le evidenze prodotte consentivano di tracciare un profilo dell’investitore caratterizzato da una buona esperienza e competenza finanziaria e davano conto di un’operatività piuttosto frequente, in epoca precedente e in alcuni casi anche successiva alle operazioni contestate, nei medesimi prodotti oggetto del ricorso o in strumenti finanziari con caratteristiche analoghe, che non aveva, tuttavia, dato luogo a contestazioni di sorta, neppure sotto il profilo della mancata conoscenza delle caratteristiche proprie dello strumento finanziario" (cfr., tra le tante, Decisione ACF n. 6634).
Valgono analoghe riflessioni esposte in precedenza e non si può non essere d'accordo con l'Arbitro giacché l'ACF non è il luogo dove gli speculatori possono provare a recuperare quello che la loro temerarietà negli investimenti gli ha fatto perdere per scelte non andate a buon fine.
Non è il luogo, a queste condizioni, per cercare il tentativo tramite il ricorso.
Finché i Ricorrenti (che dal punto di vista in diritto potrebbero anche avere ragione su alcune fattispecie, nel caso di Bio On quest'associazione ha pubblicato numerosi articoli in proposito per esempio) vogliono concepire le proprie difese in modo teatrale cercando di suggerire il risultato da loro voluto e non produrre una strategia completa e forse complessa ma che appartiene al diritto, si espongono a queste decisioni che in ragione dell'apparente pretestuosità dei contenuti sono anche giuste nella scelta dei termini quando denotano intransigenza.
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