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‘I cinesi accarezzano i miei capelli crespi, ma nessuno mi rimorchia’. Una togolese in Cina
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Articolo di Redazione
2 gennaio 2019 19:02
 
Una delle prime immagini che ricordo del mio arrivo in Cina è quella della stazione di Pechino a settembre del 2018. Non parlavo il mandarino e il mio inglese non era preciso. Avevo paura, lo ammetto. Per quanto riuscissi a vedere, non ho visto nessun nero. Sì, era l’unica ad avere la pelle scura e dei capelli crespi. Tutte le teste si giravano quando io passavo. Ho percepito la mia differenza. Mentre ero seduta in attesa del treno, un gruppo di persone anziane si è anche fermata intorno a me, mi hanno posto una serie di domande delle quali non comprendevo nulla.
La città di Harbin (nella foto) ha ben presto conquistato il mio cuore. La “Mosca d’Oriente”, metropoli cinese dall’architettura russa, appariva con una grande calma malgrado le sue escursioni termiche impressionanti fino a -35 gradi. Arrivata direttamente da Lomé, Togo, all’età di 26 anni per un dottorato in biochimica, sono rimasta inorridita i primi giorni in cui tutti gli smartphone mi riprendevano per strada. Degli sconosciuti mi fotografavano perché ero nera. Alcuni mi indicavano ai loro bambini e si mettevano a parlare sottovoce. I più coraggiosi, facevano delle domande o mi chiedevano di mettermi in posa con loro. Ho anche provocato un assembramento di curiosi in una stazione sciistica. Le persone si affannavano per attirare la mia attenzione. Lo ammetto, ho ben presto cominciato ad aver piacere di sentirmi come una star.
“Selvaggio”
Se i cinesi hanno la medesima reazione con tutti gli stranieri, la stessa è più marcata con le donne nere. Dovuta anche al fatto che la mia capigliatura crespa suscita diverse attenzioni. Spesso convinti che non sono i miei veri capelli. Ho perso la conta delle persone che li toccano quando sono in strada. Molti lo fanno senza prima chiedertelo. Talvolta non me ne rendo neanche conto. Questo può farmi sorridere, ma abitualmente mi infastidisce. Perché è una parte della mia persona che queste persone si sentono autorizzati a toccare. Domandare il permesso sembra una cosa scontata. Ma ho scoperto che il codice penale cinese non considera che qualcuno che tocchi in pubblico il corpo di qualcun altro sia un atto di molestia sessuale o una forma di razzismo. In Togo è lo stesso, ma lì nessuno mi mette una mano tra i capelli senza chiedere permesso.
Per cui non mi sono allarmata di avere a che fare con una qualche forma di razzismo. Anche se infastidita, ho compreso che questi voyeur non sono altro che dei gran curiosi. In effetti, mi chiedo spesso se gli sforzi incessanti dell'uomo nero per lisciarsi i capelli, fare delle aggiunte, non siano una delle cause della mancanza di conoscenza dei nostri capelli da parte della gente. Per questo motivo, ho deciso di non indossare più delle aggiunte e andare in giro con i capelli crespi.
Qui in Cina, essere neri è a doppio taglio: se vi prendono per un americano siete adulati, se invece sanno che sei un africano siete poco considerati. In mandarino, la parola Meiguo indica gli Stati Uniti, il cui significato è “bel paese”. Mentre la parola feishou, che si potrebbe tradurre come “selvaggio”, indica l’Africa. Anche se non c’é un evidente razzismo contro gli africani, è la lingua di per sé che discrimina.
Ma essere un’africana nella parte finale della Manciuria, a 350 Km dalla frontiera russa, diminuisce in modo cruento le mie chance di seduzione. Gli uomini cinesi ci trovano poco belle perché la loro societa’ super valorizza il biancore della pelle, primo criterio di bellezza, oltre alla magrezza. Nessuna possibilità per le africane con le rotondità generose. In Togo, il rimorchio è ovunque. In strada, non è difficile essere fermate, come sulle reti social si ricevono messaggi dello stesso tono. Essere cresciute in un contesto di seduzione permanente, qui mi fa un po’ perdere i punti di riferimento. Tutti i miei codici sono scombussolati perché nessun cinese mi ha rimorchiato per il momento. Nessun flirt che si faccia sentire tramite il telefono. Non ho neanche un amico uomo cinese.

In inverno, nella città cinese di Harbin, alla frontiera russa, viene costruita una gigantesca città di ghiaccio, molto visitata dai turisti.

Amori di circostanza
Di conseguenza, alle donne africane espatriate, non restano altro che delle possibili relazioni “Addis-Abeba”. Vengono chiamate così perché i voli con destinazione per la maggior parte delle capitali africane hanno come scalo la capitale etiope, che è anche sede dell’Unione africana (UA). E’ qui che di solito si verifica la separazione fisica tra questi amori di circostanza come quelli che si hanno in Cina. Ognuno prende poi il proprio volo di ritorno verso il proprio Paese. Ma anche queste relazioni hanno poco futuro. Perchè, considerato intraprendente e buon amante, l’uomo africano si crede alla moda e non sempre disponibile a far proprie le esigenze delle donne africane che lui stesso giudica troppo difficili.
Oggi, dopo quattro mesi passati ad Harbin, la Cina mi conquista poco a poco. Sono affascinata dalla sua cultura plurale, dai suoi lavoratori laboriosi che ogni giorno si logorano in modo che la bandiera rossa stellata brilli più in alto. Sono ancora più innamorata che non della mia città. Harbin è una città in cui la delinquenza è quasi inesistente. Dove incontro un sacco di persone accoglienti, con un cuore grande, fedeli all’amicizia. Non posso fare i miei capricci. O resto single o colleziono avventure senza futuro.
Ma, qualunque sia la direzione dove io volgo lo sguardo, le mie possibilità di relazioni amorose rimangono molto limitate.

L’autrice, Judith Gnamey, è una togolese di 26 anni, blogger molto prolifica e dottoranda in erba. Partita per fare il suo dottorato in biochimica in Cina, si è ritrovata nella città glaciale di Harbin, vicino alla Russia. Divide il suo tempo tra gli studi di mandarino e la scrittura di articoli sulla sessualità, la religione o la politica togolese. Ama definirsi, con una punta di provocazione come “una negra che pensa”.

(articolo pubblicato sul quotidiano Le Monde del 02/01/2019)
 
 
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