
I rapporti annuali
Irpet sull’economia della Toscana sono stati quasi sempre definiti come una fotografia in cui luci e ombre tendevano a compensarsi. In quello presentato ieri, che si sforza di immaginare anche un immediato futuro,
le ombre sono di gran lunga superiori alle luci. Di queste ultime, per molti aspetti, si può più propriamente parlare di lumicino. Un Pil regionale appena sopra la media nazionale che rischia di essere azzerato dall’eventualità dei dazi trumpiani; il peso fortemente decrescente del manifatturiero che ha il suo punto più debole nella moda; gli investimenti dovuti in gran parte al Pnrr, sostanza dopante che dal 2027 non farà più sentire il suo effetto. Restano l’export in un ristretto novero di settori e il turismo straniero, cioè un’attività economica importante ma che risente di una fragilità strutturale, ultrasensibile alle raffiche di vento, alle bizze geopolitiche o agli accidenti sanitari. Non capace, insomma, di sostituire per intero l’impalcatura necessaria a sostenere un’economia composita ma stabile e, soprattutto, in grado di indicare una via di sviluppo. Pochi giorni fa il professor Alessandro Petretto aveva osservato su queste pagine che «i servizi possono racchiudere attività complementari all’industria manifatturiera». In Toscana, però, «anche dato lo sviluppo del turismo, i servizi sono in grado di produrre reddito dei produttori e lavoratori nell’immediato, ma incidono molto poco sulla crescita e l’occupazione di qualità» . Insomma, senza il manifatturiero, oggi in uno stato non comatoso ma sicuramente grave, non si va molto lontano.
Tuttavia è preoccupante che la politica sembri non accorgersi di questo pericolo che dal rapporto Irpet emerge con chiarezza, ma a poco più di sei mesi dalle elezioni regionali pare più affaccendata attorno ad altre questioni.
Il centrosinistra perso in un campo che stretto o largo potrebbe diventare presto il parco della memoria di un’economia che fu, e dedito a consolarsi con le due dita che impediscono di dire che il bicchiere si sta sostanzialmente svuotando. Il centrodestra preferisce esercitarsi con il fuoco amico sul suo unico (al momento) possibile candidato, con il rischio di depotenziare la contesa e con essa la possibilità per chi governerà nei prossimi 5 anni di confrontarsi con una realtà viva e carnale. Quella che i pur accurati rapporti non possono rappresentare nella loro drammaticità: imprese che chiudono, crisi aziendali a raffica, lavoratori in cassa integrazione, impoverimento generale. Il tempo per invertire la tendenza e dotarsi di una prospettiva è breve. È lungo invece quello per vederne i risultati. Forse troppo lontano per chi è a caccia solo di risultati elettorali.
(Pubblicato su Corriere fiorentino - Corriere della Sera del 11/02/2025)
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