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Diritto ad abortire. Dove ci portano i passi indietro americani
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Articolo di Vincenzo Donvito
22 maggio 2019 12:34
 
Alabama, Georgia, Ohio, Kentucky, Tennessee. Missouri… dal 1 gennaio del 2019 è una lista che si allunga, e che, ad oggi, tra leggi già adottate e quelle in coso di revisione, coinvolge 28 Stati su 50. E sembra che lo scopo sia quello di portare la questione davanti alla Corte suprema per rivedere le norme federali. Che se dovessero essere riviste, farebbero tornare gli Stati Uniti indietro di 46 anni (1) e, di conseguenza, comprometterebbe non solo questo Paese ma tutto il mondo. E’ innegabile che sulla materia (e non solo) le politiche Usa sono state e sono un punto di riferimento, che hanno fatto scuola e continueranno a farlo. Preoccupazione che diventa ancora maggiore se pensiamo a quei Paesi del terzo e quarto mondo dove o l’aborto è negato o è difficile praticarlo e dove, grazie ai finanziamenti Usa (diretti o tramite agenzie ONU) la sua applicazione ne risentirebbe molto. Preoccupazione che non possiamo non estendere anche alla limitazione della contraccezione (obiettivo non celato di tutti gli antiabortisti) che se ottenesse un qualche risultato in Usa, grazie alla stessa logica politica dell’aborto, porterebbe, sempre in Paesi del terzo e quarto mondo, a conseguenze disastrose sul piano demografico, sociale ed economico.

Nello Stato del Missouri la legge approvata da poco commina quindici anni di galera a chi pratica l’aborto oltre l’ottava settimana. In Alabama, un medico che pratica un aborto dopo che la donna ha subito violenza o incesto, rischia fino a novanta anni di galera, una pena maggiore rispetto a quella comminata a chi ha messo incinta queste donne violentate. In Georgia, nell'Ohio o nel Tennessee, l'aborto è vietato dopo la sesta settimana di gravidanza, quando la maggior parte delle donne non ha contezza di essere incinta.

Il movimento antiaborto non mostra, al momento, segnali di debolezza o di reversibilità. E pur se ancora in minoranza, ne potrebbe essere coinvolta la libertà delle donne di disporre del proprio corpo. Ma non siamo ancora ad un passaggio irreversibile, anche se dopo l’elezione di Donald Trump (di per sé non proprio un puritano) le spinte in questo senso sono notevolmente aumentate: la nomina alla Corte Suprema di due giudici antiabortisti (Brett Kavanaugh e Neil Gorsuch) favorisce questa possibilità di modifica federale.

Sembra paradossale, ma sta succedendo. Dal 2006 in Usa gli aborti sono calati del 26%, due americani su tre sono favorevoli all’interruzione volontaria di gravidanza. Percentuali che in tutti i Paesi del mondo, dopo i primi periodi in cui vengono introdotte leggi che consentono l’aborto, sono dello stesso tenore.
Un paradosso che a noi europei non deve sembrare lontano, una sorta di stranezza tipica della società, della cultura e della politica americana. Occorre guardare con attenzione cosa accade oltre Atlantico.

Non vorremmo che un domani, al largo delle coste Usa, in acque extraterritoriali, debbano stazionare quelle navi olandesi che - cliniche attrezzate per praticare aborti - girano il mondo fermandosi al largo di Paesi in cui l’aborto è vietato e forniscono gratuitamente il loro servizio alle donne di questi Paesi.
Gli Usa avranno bisogno dell’Europa? La storia si capovolge? C’é ancora qualcuno che crede di poter ignorare o fermare la globalizzazione, e quindi che ognuno si tenga le proprie vittime di ideologie e pensieri che uccidono dignità e individui?

NOTA
1 – Dal 1973, in seguito alla famosa sentenza “Roe vs Wade” (https://it.wikipedia.org/wiki/Roe_contro_Wade), la Corte Suprema ha interpretato il quattordicesimo emendamento della Costituzione sulla vita privata in senso favorevole al diritto all’aborto.
 
 
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