A parte qualche piccola voce, di droghe e legalizzazione, il governo in carica sembra non abbia intenzione di occuparsi. Altrettanto per quanto riguarda l’Unione Europea e l’ONU; la prima impegnata a capire se risolvere i problemi piuttosto che capire come fare l’equilibrista
per soddisfare la maggioranza di cui è stata espressione, la seconda travolta dalle vicende del cambiamento climatico e, allo stato dei fatti, con agenzie ad hoc (tipo UNODC)
brave solo a fare le fotografie del disastro in materia.
Intanto il fenomeno droghe, nella sua doppia esplicitazione sanitaria e politica (con tutte le varianti possibili ed immaginabili tra sociale, politico, economico, umano, antropologico, etc), dilaga. Si potrebbe prendere in considerazione ciò che accade in Usa ma, al momento, anche se questo Paese continua a mantenere il suo abituale essere riferimento mondiale per molte innovazioni, sembra concentrato su se stesso,
soprattutto per far sì che le legalizzazioni statali abbiano gli strumenti per essere tali nel “american style life”.
Sostanzialmente in assenza di strategie nazionali, sovrannazionali e globali in materia (1), ognuno fa da sé. Col proprio stile, che gli deriva dal proprio sistema politico.
E’ il caso del più popoloso Paese al mondo, la Cina. I cui numeri, ovviamente, sono all’altezza delle sue dimensioni e, pur se fanno impressione, sono sintomatici di un dato di fatto: le persone vogliono consumare droghe (2), e non c’è regime, libero o meno che sia, che riesca a sedare questo desiderio.
Per quanto riguarda la repressione e prevenzione dei traffici, la Cina è allineata ai metodi di tutti gli altri Paesi proibizionisti del mondo,
alleandosi anche con gli attuali suoi più acerrimi avversari, gli Usa. Sicuramente, come tutti gli altri, è consapevole di girare intorno al problema visto che, nonostante tutti gli sforzi e gli investimenti, la domanda di droghe è sempre in crescita, ma si “adegua” e svolge il suo ruolo di gendarme planetario con armi potenti, affliggenti, dolorose, ma spuntate… quindi inutili e dannose (!).
Per quanto riguarda la tossicodipendenza, invece, la Cina mira a diventare il più importante punto di riferimento per la creazione del
“sistema più perfetto al mondo”. Le sue capacità tecnologiche lo aiutano, al pari del suo essere un Paese in cui può disporre impunemente della libertà e delle scelte dei suoi abitanti. I tossicodipendenti, presunti e riconosciuti tali essenzialmente da un qualche tribunale (circa 2 milioni e mezzo secondo i loro dati), sono costretti in centri di riabilitazione (prigioni a tutti gli effetti) in cui vengono sottoposti a lavaggi del cervello dove le scene di un film dell’orrore in materia è come se fossero un cartone animato per bambini.
Mettere in evidenza il sistema cinese ci aiuta a capire come/perché, cosa, dove.
La disintossicazione:
Come/perché. Va imposta? Con metodi/medicine uguali per tutti?
Cosa. Deve far leva sulla distruzione della individualità?
Dove. Si basa comunque sulla ospedalizzazione, in centri che sono più prigione che ospedale… come, un tempo, i nostrani manicomi criminali?
Noi non abbiamo il necessario bagaglio scientifico e tecnologico per occuparci nel particolare della vicenda di come la Cina cura i tossicodipendenti ma, da osservatori, ne traiamo gli aspetti civici e politici.
In Cina quello che dovrebbe diventare il
“sistema più perfetto al mondo” trova facile terreno: il Paese ha un regime autoritario, un tipo di regime che (ultimamente più di frequente) molti, anche in altre parti del mondo, sono disposti ad accettare in virtù della presunta efficacia dei risultati. Le maggioranze che hanno espresso i governi in Brasile, Ungheria, Polonia, etc, sembra che abbiano optato per i risultati più che per il metodo. Ma non hanno considerato che il metodo prefigura i risultati, nonché la loro efficacia e durata.. e questo in virtù del fatto che il referente, per quanto lo si possa manipolare e ammaliare, non è una macchina ma un umano, e nella nostra fattispecie l’umano continua a conservare la voglia di drogarsi (2).
Quando la Cina fa qualcosa su cui poi, in qualche modo, vanta un primato, a nostro avviso c’è da temere. Per i cinesi e per il resto del mondo… un resto del mondo che in non pochi - anche ammaliati dal “efficientismo” cinese - ci vogliono far credere sia sempre più distratto, intollerante e insofferente dei diritti individuali. Credenza altalenante rispetto alla capacità di questi imbonitori di possedere e usare i sistemi e i metodi di comunicazione di massa.
Il rimedio radicale a questa situazione, cinese e non solo, si può intravedere, quantomeno si potrebbe valutare una sua sperimentazione: la legalizzazione delle droghe. Contesto in cui - per esempio come avviene per alcool, tabacco e videogiochi – la disintossicazione non dovrebbe avere a che fare con sostanze proibite e, di conseguenza, i tossicodipendenti non sarebbero equiparati a fuorilegge.
Siamo consapevoli che stiamo disquisendo non del domani, ma di un (per noi) auspicabile futuro, tanto prossimo come, per esempio, la fine della guerra doganale tra Cina e Usa… Questa consapevolezza ci induce, comunque, a n
on sottovalutare i prossimi “sistemi più perfetti al mondo” come se non ci riguardassero.
Non è che possiamo escludere che tutti coloro che guardano all’efficientismo cinese, si sentano attratti dall’acquistare (o imitare) da questo Paese non solo tram e altri sistemi di una certa tecnologia, ma anche quei sistemi tecnologici che loro applicano alla cura dei tossicodipendenti.
1 -
molto poco, a parte la mediatizzazione degli stessi, incidono alcuni tentativi in corso
2 – droghe sono anche tabacco e alcool, videogiochi, etc..