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Investimenti e consulenza finanziaria. Il ruolo dell'informazione
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Articolo di Marco Solferini
20 maggio 2020 16:51
 
La diversificazione degli investimenti ha reso disponibili un gran numero di strumenti finanziari molti dei quali di non facile comprensione se non debitamente studiati, e spesso dai contenuti solo in parte speculativi. Come tali in linea teorica pericolosi per i risparmiatori che cercano un guadagno ma senza volersi esporre in modo eccessivo.
Questa varietà nell'offerta, cui certamente ha fatto seguito una quantità ma non una qualità, rende sempre più necessario focalizzarsi bene su quelli che sono gli obblighi degli intermediari prima e durante il servizio di consulenza. Fin cioè dalla fase iniziale, antecedente all'acquisto vero e proprio di uno strumento finanziario (c.d. investimento) e alla sua inclusione nel portafoglio di prodotti del risparmiatore (gestione o custodia amministrazione titoli).
Nel contempo questa esigenza di chiarezza è particolarmente utile e sentita anche in ragione del gran numero di contestazioni che vengono mosse agli intermediari da parte dei risparmiatori, complice pure la facile accessibilità alle informazioni a mezzo internet.
Ma attenzione perchè anche in questo caso, se guardiamo alle informazioni o meglio al tutoraggio, circa le varie azioni a difesa dei risparmiatori, disponibile nel vasto arcipelago “on line” c'è molta quantità (spesso accompagnata da promesse di risultati e servizi a pagamento low cost) ma non altrettanta qualità.

Nella mia esperienza è ormai frequente il fatto che il risparmiatore decida di compiere i “primi passi” della contestazione di un investimento al proprio intermediario per conto proprio, magari a mezzo dell'atto di reclamo, o domandando una consulenza a chi non è titolare per studi accademici e per formazione specializzata nella scienza del diritto bancario e finanziario. Di solito si chiede una consulenza a chi svolge consulenze finanziarie a diverso titolo per sapere come contestare un precedente investimento effettuato sotto la direzione e il coordinamento o in costanza di consulenza vera e propria dall'intermediario.
Il risultato si traduce in non pochi casi, successivamente al reclamo respinto, in un atto di ricorso all'Arbitro per le Controversie Finanziarie che viene affrontato in modo temerario, superficiale e con una scarsa focalizzazione sugli elementi in diritto più premianti.
Dimenticandosi peraltro che il percorso stragiudiziale “reclamo – ricorso” è stato concepito non come alternativa al giudizio di merito di primo grado del Giudice competente ma come uno strumento preventivo. Andrebbe collocato pertanto in una più vasta strategia processuale che prenda sempre in considerazione anche l'ipotesi del successivo ricorso al Tribunale quale unico titolare del potere d'imperio per ottenere una pronuncia vincolante. Infatti non deve dimenticarsi mai che qualunque decisione adottata nello stragiudiziale in diritto bancario e dei mercati finanziari non ha il potere di essere esecutiva.

Ripartiamo pertanto dai fondamentali cercando quindi di circoscrivere in modo sintetico quegli elementi della scienza del diritto che sono utili per creare una strategia vera e propria.
Se parliamo di corretta informazione nella prestazione di una consulenza finalizzata ad identificare e qualificare il grado di rischio e di conoscenza finanziaria del Cliente, nell'ottica di proporgli uno o più strategie di investimento in strumenti finanziari, occorre tenere ben presente da subito due articoli.
L'art. 21 del TUF:
  1. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.
1-bis. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le imprese di paesi terzi autorizzate in Italia, le Sgr, i GEFIA non UE autorizzati in Italia, gli intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del Testo Unico bancario e le banche italiane: a) adottano ogni misura idonea ad identificare e prevenire o gestire i conflitti di interesse che potrebbero insorgere tra tali soggetti, inclusi i dirigenti, i dipendenti e gli agenti collegati o le persone direttamente o indirettamente connesse e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di qualunque servizio di investimento o servizio accessorio o di una combinazione di tali servizi; b) mantengono e applicano disposizioni organizzative e amministrative efficaci al fine di adottare tutte le misure ragionevoli volte ad evitare che i conflitti di interesse incidano negativamente sugli interessi dei loro clienti; c) quando le disposizioni organizzative e amministrative adottate a norma della lettera b) non sono sufficienti ad assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse nonché delle misure adottate per mitigare i rischi connessi; d) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.
1-ter. Le disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1-bis si applicano anche ai conflitti di interesse determinati dalla percezione da parte di Sim, imprese di paesi terzi autorizzate in Italia, Sgr, GEFIA non UE autorizzati in Italia, intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del Testo Unico bancario e banche italiane di incentivi corrisposti da soggetti terzi o determinati dalle politiche di remunerazione e dalle strutture di incentivazione da loro adottate.
2. Nello svolgimento dei servizi e delle attività di investimento è possibile agire in nome proprio e per conto del cliente previo consenso scritto di quest'ultimo.
2-bis. Quando realizzano strumenti finanziari per la vendita alla clientela, i soggetti abilitati alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento fanno sì che tali prodotti siano concepiti per soddisfare le esigenze di un determinato mercato di riferimento di clienti finali individuato all'interno della pertinente categoria di clienti e che la strategia di distribuzione degli strumenti finanziari sia compatibile con i clienti target. I soggetti di cui al presente comma adottano inoltre misure ragionevoli per assicurare che lo strumento finanziario sia distribuito ai clienti all'interno del mercato target.
2-ter. Il soggetto abilitato deve conoscere gli strumenti finanziari offerti o raccomandati, valutarne la compatibilità con le esigenze della clientela cui fornisce servizi di investimento tenendo conto del mercato di riferimento di clienti finali di cui al comma 2-bis, e fare in modo che gli strumenti finanziari siano offerti o raccomandati solo quando ciò sia nell'interesse del cliente.
e l'art. 19.1 della Direttiva Mifid che come ben noto impone fra l'altro all'intermediario di agire in modo “onesto, equo e professionale”,

Quando l'interprete del diritto è chiamato a verificare le correlazioni tra queste due importanti disposizioni e quindi, per usare una metafora, a cercare di ritagliare dalla stoffa l'abito su misura per il cliente risparmiatore allo scopo di individuare la condotta che l'intermediario avrebbe violato o che avrebbe dovuto tenere, dovrà effettuare un primo “screening” verificando le situazioni di acquisto e disinvestimento.
In entrambi i casi infatti hanno rilevanza ambedue gli articoli citati.
Dopodichè, dovrà porsi il quesito se nel caso di specie l'intermediario avesse (anche in forma di Gruppo) un conflitto d'interesse.
Partendo dal valutare se l'investimento o il disinvestimento fosse in linea con il profilo dell'investitore, tenuto conto del questionario e del contratto quadro, è necessario comprendere e identificare che genere di induzione a valutare la stabilità dell'operazione è stata operata dall'intermediario verso il cliente. La persuasione a mò di convincimento che può essere alla base di un consiglio se elaborato e strumentalmente orientato a ricadere nell'ambito della consulenza porta immediatamente ad un eventuale assenza di un appropriata attività informativa.
La quale può quindi verificarsi secondo i contenuti degli articoli in commento sia nel caso dell'acquisto / disinvestimento come pure nella circostanza del conflitto d'interessi.
Il risparmiatore può immaginarsi questi come due binari che conducono alla stessa stazione. Che ci portano cioè a valutare se siano o meno stati rilasciati quegli elementi essenziali perchè venisse operata una scelta consapevole.
Essenzialità quindi che è una delle caratteristiche irrinunciabili del contratto.
Conseguentemente si può affermare che un divario conoscitivo o uno squilibrio o un alterazione circa l'esatta natura dei rischi insiti nella specifica operazione di compravendita si traduce in una mancanza di un elemento essenziale affinchè la scelta sia consapevole.
E allo stesso risultato arriviamo anche se partiamo dal conflitto di interessi, ancor più nel momento in cui secondo la Cassazione: “quando il potenziale conflitto di interessi può assumere un incidenza negativa sugli interessi dei clienti non basta l'adozione di idonee misure organizzative ma ai sensi dell'art. 25, lett. B) reg. congiunto Banca d'Italia – Consob è necessario informare i clienti di tutti gli aspetti connessi al conflitto d'interesse”. Ancora essenzialità pertanto. In un interessante parallelismo che rende le norme non solo di facile comprensione ma anche particolarmente efficaci. E infatti a fronte dell'inadempimento dell'intermediario degli obblighi così imposti dalle norme l'investitore può agire per la risoluzione del contratto come ha da tempo stabilito la Cassazione a Sez. Unite 26724/2007.

Ben compreso quindi questo percorso interpretativo aggiungiamo altri due importanti punti di riferimento per la corretta ricostruzione del comportamento dell'intermediario al fine di valutare le sue responsabilità nei confronti del risparmiatore.
Anzitutto l'art. 40 del Regolamento Intermediari a mente del quale:
1. Al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari che siano adeguati al
cliente o potenziale cliente e, in particolare, che siano adeguati in funzione della sua tolleranza al
rischio e della sua capacità di sostenere perdite, nella prestazione dei servizi di consulenza in
materia di investimenti o di gestione di portafogli, gli intermediari ottengono dal cliente o
potenziale cliente le informazioni necessarie in merito:
a) alla conoscenza ed esperienza in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di
strumento o di servizio;
b) alla situazione finanziaria, inclusa la capacità di sostenere perdite;
c) agli obiettivi di investimento, inclusa la tolleranza al rischio.
2. Gli intermediari di cui all’articolo 35, comma 1, lettera b), applicano gli articoli 54, paragrafi da
1 a 11 e 13, e 55 del regolamento (UE) 2017/565.
Poi le indicazioni di ESMA, ed in particolare le “Guidelines for assesment of knoledge and competence” che hanno rappresentato il vero e proprio documento operativo per la revisione del Regolamento Intermediari laddove il medesimo ha recepito la disciplina “knowledge & competence” prevista da Mifid 2 facendo applicazione degli orientamenti ESMA che hanno portato all'attuale formulazione del titolo IX del Reg. Intermediari agli artt. 78 e ss.
Del resto lo scopo, come si evince dal documento Consob “Modifiche al regolamento intermediari relativamente alle disposizioni per la protezione degli investitori e alle competenze richieste al personale degli intermediari in recepimento della direttiva 2014/65/UE” è proprio quella di “garantire una maggiore tutela degli investitori e un innalzamento del livello di qualificazione del personale”.
Sulla base di queste disposizioni (e fermo restando la natura sintetica del presente documento utile alla consultazione), la Cassazione ha recentemente coniato un orientamento tale per cui: “l'omessa informazione comporta necessariamente un disorientamento”. E in presenza del quale “si deve presumere la sussistenza del nesso di causalità tra la violazione degli obblighi informativi da parte dell'Intermediario ed il danno patrimoniale patito dal Cliente”. (Conformi Cass. 12544/2017, 23417/2016, 2123/2019).

Così facendo, accanto a quell'essenzialità di cui abbiamo già appreso stiamo aggiungendo due ulteriori fattori. Il primo è già noto con l'affermazione “know your customer e merchandise rule” cioè la necessità di conoscere il proprio cliente e lo strumento finanziario che si vorrebbe o che si propone in consulenza e l'altro, ma ben correlato a questa inevitabile conoscenza, è la stabilità e l'efficienza del mercato.
E' invalsa l'idea che si possa “giocare” in Borsa o che si possano sviluppare per passione o interesse attività di “trader fai da te” comprando e vendendo titoli ma ogni prodotto finanziario più realisticamente fa parte di un grande insieme, di un sistema in cui affinché esista il rendimento è necessario che ci sia efficienza. E questo sistema può esserlo, efficiente, solo se gli operatori professionali ben conoscono l'oggetto della loro attività. E' impensabile l'idea che ci possano essere operatori di mercato a qualunque titolo cui venga consentito di “piazzare” strumenti finanziari senza che questi siano adeguatamente conosciuti in modo professionale.
ESMA infatti sostanzialmente ci sottolinea come sia fatto carico agli intermediari e ai loro dipendenti di essere sempre e costantemente formati sulla materia oggetto della consulenza.
Una formazione professionale dinamica non statica, cioè sempre al passo con il tempo. Una conoscenza non approssimativa, non di massima o “forfettaria” bensì specifica e dettagliata.
Frutto di un’indagine e di un’attività di studio che sia stata anche di natura formativa e quindi migliorativa della conoscenza (approfondimento) da parte del personale dell'intermediario. Perché tutto ciò corrisponde non solo all'esigenza attesa dal Cliente risparmiatore ma altresì dalla necessità di garantire il più alto e costituzionalmente tutelato risparmio secondo il concetto introdotto dalla Costituzione Italiana, realizzato anche attraverso la stabilità del mercato stesso.
Tutto questo si concretizza nell'obbligo a carico dell'intermediario di comunicare alla controparte cioè il cliente risparmiatore ciascun aspetto peculiare. Non di convincerlo o persuaderlo all'acquisto. Tali informazioni peraltro riguardano anche il rilascio di apposita documentazione tecnica (ricavabile anch'essa dalle indicazioni ESMA in proposito) e che concernono l'utilizzo di algoritmi ad alta frequenza per alcune tipologie di investimenti come pure i sistemi di protezione nel contenimento delle possibili perdite ad essi associati.

Come si può a questo punto agevolmente comprendere le norme formano una vera e propria rete dalla quale è ben difficile sfuggire e la Cassazione ha più volte ribadito il concetto tale per cui quest'obbligo così pregnante vale per tutti i tipi di investimento e si concretizza nell'obbligo di fornire informazioni specifiche e su misura rispetto al caso concreto (Cass. 3914/2019).
Per quanto riguarda l'onere della prova di avere cioè assolto correttamente all'obbligo informativo nei confronti del cliente risparmiatore, quest'ultimo è a carico dell'intermediario e deve concretizzarsi nella prova positiva della diligenza, mentre il cliente investitore è tenuto ad allegare specificatamente il deficit informativo e a fornire la prova dell'esistenza di un pregiudizio patrimoniale dovuto all'investimento eseguito.
Non a caso ho individuato due diversi soggetti pur riferendomi al medesimo: 1) il cliente risparmiatore e 2) il cliente investitore. Il primo viene erroneamente confuso con il secondo per via del fatto che spesso sono la stessa persona. Tuttavia fra i due c'è un divario evolutivo enorme. Il primo è colui che si approssima con l'intento di diventare il secondo e compirà tale trasformazione in modo corretto e responsabile solo se avrà ricevuto la necessaria conoscenza attraverso le informazioni secondo le modalità di cui abbiamo già trattato
La presunzione forte a favore del risparmiatore parte anche dal presupposto appunto che quest'ultima conoscenza non sia mai arrivata o non sia arrivata in modo corretto. Per questo all'investitore è in buona sostanza richiesto di provare solo di aver subito un danno mentre è rimessa all'intermediario la prova non di non essere stato negligente, bensì di avere correttamente operato.
Come si può quindi evincere dal contenuto delle norme, dal loro circuito interpretativo e dalle loro correlazioni, la contestazione all'intermediario è un interessante e approfondito percorso di apprendimento e di studio che punta ad identificare una vera e propria rappresentazione delle manchevolezze nell'ambito della consulenza finanziaria tali per cui si possano tradurre poi in una strategia da opporre all'intermediario stesso.
In tutto ciò non può esserci nessuna approssimazione o superficialità. Di sicuro non è mai un compito semplice ma altamente specialistico.
 
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