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Lavoratori deportati in Germania II Guerra Mondiale. Diritto al risarcimento
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Articolo di Aaron Jorgos Lau
22 aprile 2020 11:10
 
Dopo il crollo del muro di Berlino e la riunificazione tedesca è riemersa la questione di come la Germania Federale, successore legale del Deutsche Reich, avrebbe dovuto risarcire i danni derivanti dai crimini commessi durante la seconda guerra mondiale contro la popolazione e gli ex deportati, civili e militari. L’Italia, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 con gli alleati, ha dissolto l’esercito ed ha pure dichiarato guerra alla Germania nazionalsocialista. Così, molti soldati italiani sono stati deportati dalle truppe tedesche in campi di prigionia e lavoro in Germania (i c.d. Internati Militari Italiani, IMI). Stessa sorte è toccata a molti combattenti partigiani e civili italiani. In altri casi, come è noto, la popolazione è stata vittima di terribili rappresaglie con centinaia di morti. La maggior parte delle vittime (sopravvissuti o parenti) non ha mai ottenuto un risarcimento per le sofferenze patite.

Nel 1998, il Sig. F., che era stato catturato in Toscana e deportato in Germania come lavoratore coatto, rappresentato dall’avv. RA Joachim Lau, ha citato la Repubblica Federale Tedesca davanti al Tribunale di Arezzo per ottenere il riconoscimento della responsabilità della Repubblica federale tedesca per i danni che aveva subito.
La Germania si è difesa adducendo che, in quanto stato sovrano, essa godrebbe dell’immunità giurisdizionale rispetto alla giurisdizione italiana. Dopo due gradi di giudizio, la domanda di F. è stata finalmente accolta con la nota sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 5044/2004.
Per la prima volta, nella storia del diritto internazionale moderno un giudice nazionale italiano ha riconosciuto a un singolo cittadino il diritto al giudice per ottenere il risarcimento del danno provocato da uno stato estero durante la seconda guerra mondiale.
La giurisprudenza italiana ha proseguito il percorso intrapreso con alcune battute di arresto dovute all’intervento della CIG. Per maggiori dettagli si veda qui..

Infine però, la Corte Costituzionale si è pronunciata in materia e, con la sentenza n. 238/14, ha confermato che il “diritto al giudice”, di cui all’art. 24 della Costituzione, prevale (c.d. contro-limite) sulla prerogativa dell’immunità giurisdizionale degli stati stranieri, a maggior ragione quando chi agisce in giudizio è vittima di gravi violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra.

Purtroppo è passato molto tempo dai fatti e le vittime della deportazione spesso sono decedute senza veder riconosciuta la loro sofferenza e la responsabilità della Germania in sede giudiziaria. Il diritto al risarcimento e la possibilità di farlo valere giudizialmente spetta però anche agli eredi delle vittime.

Dopo l’evoluzione giurisprudenziale sopra accennata, svariati processi di merito si sono conclusi con il definitivo accoglimento delle domande di risarcimento delle vittime o dei loro eredi. Fino ad oggi, il danno riconosciuto a ogni vittima varia dai 30 ai 100 mila Euro.

Per avere informazioni dettagliate sui documenti necessari per proporre la domanda giudiziale, sulla possibilità di partecipare ad un’azione congiunta di risarcimento e sui costi del giudizio è possibile rivolgersi allo Studio legale Lau scrivendo una e-mail a questo indirizzo: [email protected]
 
 
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