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Lotta all’evasione fiscale. L’Europa passa dalla teoria alla pratica
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Articolo di Redazione
4 gennaio 2017 16:27
 
 E’ una delle principali conseguenze del “LuxLeaks”, quel clamoroso scandalo finanziario con il quale i media hanno rivelato, a fine 2014, un sistema di accordi fiscali molto vantaggiosi per le multinazionali che era stato organizzato dal Lussemburgo quando Jean-Claude Juncker, l’attuale presidente della Commissione europea, era ancora il primo ministro di quel Paese.
Da domenica 1 gennaio, le amministrazioni dei 28 Stati membri dell’Unione Europea devono comunicare automaticamente e obbligatoriamente tutti i “rulings” (gli accordi fiscali anticipati) che siglano con le imprese in materia transfrontaliera.
L’obiettivo di questa trasparenza e’ di evitare che un Paese non adotti condizioni fiscali troppo vantaggiose per una multinazionale e privi quindi altri Stati di sostanziali guadagni legati all’attivita’ reale di questa societa’ sul loro territorio. Il fatto di essere mutualmente tenuti al corrente di tutti i “rulings”, dovrebbe permettere di smettere con questa forma di concorrenza fiscale dannosa all’interno dell’Ue.
La direttiva alla quale i Ventotto devono conformarsi e’ stata proposta con urgenza dalla Commissione a fine 2014. Fu poi adottata a fine 2015 con una velocita’ inusuale per l’insieme degli Stati membri, i più restii fino ad allora per ogni progresso nella lotta contro la frode e l'evasione fiscale (Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio), che hanno dovuto cedere sotto la pressione dell'opinione pubblica.
Le pratiche sono cambiate
Le amministrazioni devono comunicare tutti i “rulings” e accordi sui prezzi di trasferimento (prezzi che si fatturano le filiali di un gruppo fra di loro) futuri o che ci sono ga’ stati dal 2012. I “rulings” successivi al 1 gennaio 2017 devono essere trasmessi -anche alla Commissione, che ne riceve una comunicazione parziale- al piu’ tardi tre mesi dopo la fine del semestre dell’anno in corso in cui sono stati siglati o modificati. Gli scambi di informazioni tra Stati, riguardanti i “rulings” siglati a partire dal 1 gennaio, saranno dunque avvenuti dopo il 1 settembre.
Le pratiche hanno cominciato a cambiare prima della stessa entrata in vigore di questo testo. A fine dicembre, il granduca del Lussemburgo ha annunciato nuove regole per cercare di evitare le montagne fiscali “abusive” delle multinazionali. Un tentativo, per il piccolo Stato, di migliorare la propri immagine, e per il suo primo ministro, Xavier Bettel, il successore liberale del cristiano-democratico Juncker, di marcare la sua differenza.
I cambiamenti annunciati sono stati qualificati come “molto benvenuti” dalla commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, i cui servizi -come lei fa sapere- hanno collaborato con le autorita’ granducali. La riforma della legislazione lussemburghese riguarda il trattamento fiscale applicato alle “societa’ di finanziamento”, queste specie di casse interne ai gruppi multinazionali ai quali esse forniscono dei prestiti e altri servizi finanziari. Sono queste che hanno permesso a delle societa’ basate sul Granducato di ridurre artificialmente le loro imposte, grazie ai “rulings” conclusi con le autorita’. Un sistema molto diffuso in Lussemburgo ma anche in altri Stati membri, tra cui Irlanda e Paesi Bassi.
Due inchieste per aiuti di Stato
Il Paese di Bettel resta soggetto a due inchieste per aiuti di Stato in virtu' delle sue apparenti "maniche larghe” verso Amazon e McDonald’s, due dossier che non sono automaticamente legati alla nuova legislazione. Ad ottobre del 2015, la Commissione aveva denunciato il “ruling” che ha permesso a Fiat Finance di ridurre la propria imposta di un importo complessivo tra 20 e 30 milioni di euro dopo il 2012.
Dopo i “LuxLeaks”, la Commissione ha lavorato duramente per far finire la concorrenza fiscale sleale. Carta bianca e’ stata lasciata a Vestager e a Pierre Moscovici, il suo collega incaricato all’Economia, che, oltre la comunicazione automatica ed obbligatoria dei “rulings”, hanno proposto altre leggi per cercare di finire con gli abusi fiscali. Ma l’immagine di Juncker ne resta duramente compromessa, anche se la sua responsabilita’ personale non e’ stata fino ad oggi direttamente coinvolta.
Lunedi’ 2 gennaio, The Guardian e’ tornato sulla questione basandosi su delle comunicazioni diplomatiche tedesche confidenziali. Il quotidiano britannico ha affermato che il Lussemburgo, all’epoca quando era diretto da Juncker -che e’ stato primo ministro dal 1995 al 2013-, si era sistematicamente opposto alle proposte in materia di lotta contro l’evasione fiscale degli europei. Il Granducato faceva parte dei Paesi “che bloccavano” nell’ambito del molto poco trasparente gruppo “Codice di condotta”, costituito dai rappresentanti degli Stati membri e istituito a Bruxelles nel 1998 per mettere fine alle pratiche di concorrenza fiscale dannosa.
Queste rivelazioni non sono niente di sorprendente, una prima serie dei “leaks” del gruppo “Codice di condotta” aveva fatto vedere, a novembre 2015, che questo comitato bruxellese era paralizzato da diversi anni. “E’ bene riscaldare le minestre fredde, ma sarebbe bene anche riguardare cio’ che realmente succede qui a Bruxelles in materia di lotta contro l’evasione fiscale”, ha reagito Margaritis Schinas, capo della comunicazione alla Commissione, lo scorso 3 gennaio.
 
 
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