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I nuovi orizzonti del fintech
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Articolo di Anele Illuminante
14 marzo 2018 7:07
 
Parola nata dall'incrocio di "finance" e "technology", rappresenta l’incredibile sviluppo tecnologico che sta caratterizzando i servizi finanziari, tradizionalmente erogati dagli intermediari. E’ un mercato in fermento, che potrebbe offrire nuove opportunità anche per i consumatori, sia in termini di costi che di servizi offerti.  Questo processo di evoluzione coinvolge quasi tutto il settore, dai mezzi di pagamento alle richieste di credito (citiamo il peer-to-peer lending o il crowfunding) fino alla consulenza finanziaria (es.: robo-advisory) e altro ancora.
Data la propria connotazione fortemente tecnologica, il mondo del fintech non è appannaggio esclusivo dei tradizionali player del mondo bancario, anzi. Gli operatori tradizionali appaiono in difficoltà rispetto a nuovi concorrenti che si stanno affacciando sul mercato in modo sempre più concreto. Questi nuovi soggetti dispongono gli elementi principali su cui il fintech si evolve: i dati e capitali da investire.
Non si contano più le notizie secondo cui le GAFAA (Google, Amazon, Facebook, Apple, Alibaba) sono ormai prossime a diventare concorrenti delle banche tradizionali, almeno su alcuni ambiti. La vastità di dati di cui dispongono sulle abitudini dei loro clienti, la fidelizzazione ottenuta negli anni, la facilità di utilizzo delle loro piattaforme, costituiscono un ambiente ideale su cui evolvere servizi finanziari ad alto contenuto innovativo.
Le banche e i soggetti tradizionali nel mondo dell'intermediazione finanziaria, stanno facendo fatica ad innovarsi a causa di storici fattori che rendono questi soggetti particolarmente lenti nell'adattarsi alle nuove tecnologie. Sistemi informativi molto stratificati nel tempo, modelli organizzativi rigidi rendono questo adattamento faticoso. Sicuramente, la creazione di soluzioni di fintech attraverso investimenti interni, risulta percorribile solo per le grandi (se non grandissime) realtà, a causa degli elevati investimenti iniziali; gli altri operatori stanno lavorando principalmente attraverso partnership con società esterne, magari acquisendo qualche start up innovativa che si è guadagnata maggiore attenzione sul mercato.
Per avere un quadro più generale, abbiamo analizzato le relazioni CONSOB e Banca d'Italia sul tema. Chiaramente le due relazioni guardano da vicino aspetti che toccano principalmente gli operatori bancari tradizionali ma fornisce anche un ottimo punto di partenza per capire quali potranno essere gli scenari futuri a cui i consumatori si possono già preparare.
Come accennato, l'elemento fondante dei servizi di fintech,  è la disponibilità dei dati. In particolare quelli che vanno sotto il nome di Big Data; database con una disponibilità di dati immensa derivanti da una pluralità di fonti on-line:
  • Comportamenti di consumo on – line dei clienti;
  • Dati derivati dalle attività sui social media (Facebook, Twitter, ecc.)
  • Open data di istituzioni pubbliche
  • Altri dati in possesso delle singole società
Si tratta di un enorme volume di dati molto eterogenei, acquisiti solitamente attraverso processi automatizzati, diventati molto importanti perché, sfruttandoli, si può creare un vantaggio competitivo attraverso suggerimenti di acquisto di beni e servizi in modo personalizzato, basato sulle "tracce" lasciate sul web dai consumatori, stimolando una domanda “latente”.
E' quindi ovvio il motivo per cui le GAFAA, con i miliardi di utenti che li utilizzano abitualmente, possono giocare un ruolo determinante in qualunque mercato decidano di entrare, compreso quello finanziario.
Non solo, c’è anche un preciso motivo di marketing che giustifica tale processo di rinnovamento. Infatti, il fintech  cerca di rispondere ad una crescente domanda di servizi finanziari caratterizzati da una forte componente tecnologica, che facilitino e velocizzino le operazioni tradizionali, riducendo al massimo la necessità di recarsi in banca. In particolare, la generazione dei millenials (quelli nati tra il 1979 e il 2000) noti anche come i “nativi digitali”, costituiscono un potenziale bacino di clienti molto interessati a questo tipo di canale. Al momento il settore finanziario appare trascurare questo target di clientela per una serie di motivi anche se è innegabile che, presto o tardi, i millenials diventeranno sempre più presenti nel mondo del lavoro e con ciò la loro importanza relativa agli occhi delle banche tradizionali.
Come accennato, la barriera iniziale degli alti capitali iniziali è un problema e le banche appaiono guardinghe ma ancora restìe ad investire. Evidentemente la fetta in gioco non è ancora così allettante. Molti millenials hanno lavori poco stabili, redditi contenuti e con l'enorme incognita delle pensioni. Ma non si scappa. Saranno anche coloro che erediteranno i patrimoni delle relative famiglie quando le generazioni che li hanno preceduti non ci saranno più e col tempo il loro ingresso nella società sarà sempre più importante. La fidelizzazione di questi clienti, fatta per tempo, sembra essere la spinta principale al rinnovamento tecnologico degli operatori bancari tradizionali.
Se le banche non investiranno in queste soluzioni, probabilmente lo farà qualcun altro; qualcuno che per altri motivi ha già fidelizzato il target di clientela: le GAFAA.
Siamo, di fatto, ad un bivio. La situazione potrebbe evolvere in modo piuttosto conservativo, dove questi colossi esterni al tradizionale mondo finanziario, permangono come fornitori di servizi tecnologici innovativi, mettendo a disposizione i loro dati, la loro potenza di calcolo oppure decideranno di entrare nel mercato dei servizi finanziari.
Dal rapporto Banca d’Italia, si vede come solo le banche sistemiche riescano, ad oggi, ad essere attive su progetti riguardanti il fintech, mentre le “less significant” rimarranno con tutta probabilità inerti, appoggiandosi a partner esterni per cercare di stare al passo con le evoluzioni. Oltre ai costi iniziali, crearsi “in house” questi servizi richiede una flessibilità organizzava e tecnologica ben lontana dalla realtà di molte banche italiane.
Ma quali sono i principali servizi offerti nel settore e quelli su cui si punta maggiormente? Senza dubbio, una parte rilevante degli investimenti è destinata a tecnologie per la gestione dell'identità elettronica e attivazione di servizi finanziari a distanza, seguite dalle tecnologie per il pagamento.
Una quota rilevante di investimenti riguarda invece i servizi automatizzati per il cliente. Tra questi tool di consulenza automatizzata (c.d. roboadvisory), portali per la comparazione di prodotti finanziari o servizi di CRM con intelligenza artificiale (chatbot).
Anche la raccolta di fondi tramite piattaforme informatiche (crowfunding) assieme al mondo delle valute virtuali trova interesse nel mondo degli investimenti del fintech all'interno del sistema bancario tradizionale seppur in modo molto contenuto.
Emerge dal rapporto, un forte interesse da parte del mondo bancario su questo settore ma, come detto, permane una difficoltà diffusa a causa delle entità degli investimenti iniziali richiesti non solo per implementare le nuove soluzioni ma anche (e forse soprattutto) per adeguare le strutture IT delle banche, oramai stratificate negli anni, la cui revisione richiederebbe uno sforzo davvero enorme.
Per i consumatori, come al solito, tali servizi potranno costituire delle opportunità ma anche delle minacce. Tra le opportunità ci sono sicuramente la possibilità di vedere diminuiti i costi dei servizi finanziari, di allargare la famiglia di operazioni svolte comodamente da casa o da dispositivo mobile, accesso a modelli di servizio finora preclusi alla clientela retail perché convenienti per la Banca. Pensiamo ad esempio ai modelli di consulenza evoluta che già sono presenti per i segmenti private e HNWI in cui i grandi patrimoni in gioco rendono possibile (oltre che necessario) una consulenza fortemente professionale e personalizzata, in cui il fattore umano (consulenti) è prevalente. E’ possibile ipotizzare un’estensione di questi modelli, grazie alla tecnologia, a clienti con patrimoni più contenuti che ad oggi sono spesso sottoposti a modelli “distributivi” più che di consulenza, con un vantaggi per ambo le parti.
Non solo il mondo bancario ha la possibilità di evolversi. Anche la consulenza su base indipendente, potrebbe diventare più abbordabile anche da chi, ad oggi, disponendo di capitali ridotti non la ritiene conveniente. In questo modo si potrebbe potenziare una nuova professionalità attraverso la tecnologia, riducendone i costi, e allargando il bacino di potenziali clienti a cui si rivolge.
Esistono già oggi alcuni pionieri, anche in Italia, e adesso c’è solo da aspettare e vedere se riusciranno a crescere in numero e dimensione.
Per chi sta dal lato dei consumatori è venuto il momento di alzare il livello di attenzione su queste evoluzioni perché nuovi operatori si stanno affacciando, il quadro normativo non risulta ben definito e non è difficile immaginare che ci possano essere delle insidie. Potremmo assistere a dei (brutti) déjà vu in cui i nuovi strumenti servono solo ad alimentare cattive "abitudini" come quelle viste in passato in ambito bancario tradizionale, soprattutto in materia di consulenza finanziaria.
Vedremo. Per il momento avanti speranzosi, con le antenne dritte per capire se davvero si tratta di innovazione o se si tratta solo di operazioni di facciata.
 
 
 
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