testata ADUC
Pragmatismo invece di principi. Ma la Germania ha una politica nei confronti della Turchia?
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Redazione
28 febbraio 2018 11:35
 
 La Turchia conduce una guerra in Siria. Con gli Stati Uniti è bloccata in una crisi. Le sue relazioni con l’UE sono congelate. Quelle con la NATO sono tese. Con tutti i suoi vicini è in lite. Con la Grecia fa prove di forza. Con la Russia sta giocando un gioco pericoloso. Isolata in questo modo, sta andando alle elezioni più scabrose della sua storia.
Osservato da questa finestra, l’avvicinamento tra il governo turco e quello tedesco si capisce meglio. Che Erdogan riprenda il dialogo col governo tedesco e si sia occupato della liberazione di Deniz Yücel, considerandolo un “gesto di buona volontà”, non ha meravigliato coloro che conoscono il suo pragmatismo. Abilmente, nel giro di pochi giorni, Erdogan trasforma il nemico in amico e l’amico in nemico. Le spiegazioni di queste azioni le considera non necessarie, i suoi seguaci gli vanno dietro: “Che cosa è cambiato perché noi cambiamo il nostro atteggiamento?”.
Quando Erdogan dichiarò il suo partner Fethullah Gülen il “terrorista numero uno”, Gülen fu fischiato da coloro che lo avevano applaudito ancora il giorno prima. Anche quando Erdogan intraprese trattative con il capo del PKK Abdullah Öcalan, l’ex “terrorista numero uno”, gli era riuscito di soffocare la protesta dei suoi seguaci.
Quando la Turchia, nel 2015, abbatté un jet russo sul confine siriano, sarebbe quasi scoppiata una guerra. Putin accusò Erdogan di sostenere i terroristi e di avere le mani nel commercio del petrolio dell’Isis. La crisi carica di conseguenze per l’economia turca fu ricomposta per mezzo di scuse scritte di Ankara. Quando gli Stati Uniti, la settimana scorsa, hanno detto: “Reagiremo duramente a un attacco contro di noi in Siria”, Erdogan ha abbaiato: “Non hanno ancora davvero preso uno schiaffo ottomano”. Poco dopo ha ricevuto il Segretario di Stato americano Tillerson. E dieci mesi dopo che Erdogan lo ha dichiarato terrorista e agente e ha sottolineato che, finché lui fosse stato al potere, non lo avrebbe restituito, ecco che ha liberato Deniz Yücel. La reazione dei suoi seguaci? Nessuna. Ignorano l’accaduto.
Com’è facile governare con una tale gigantesca benda davanti agli occhi e un elettorato che non chiama mai a rendere conto. Una delle caratteristiche di Erdogan, che lo rendono irrinunciabile in numerose capitali, potrebbe essere questa forza di persuasione. Per uscire dalla trappola dell’isolamento e tenersi in piedi sul terreno scivoloso della regione, ad Ankara non sembra rimanere altro che il pragmatismo. E questo vale non solo per la Germania, che si siede al tavolo delle trattative nella speranza di ricominciare da capo con la Turchia. La Germania deve sviluppare una politica perseverante che superi il dire: “Erdogan ci chiama ‘nazisti’, rompiamo le relazioni”, “Erdogan ci ha restituito Yücel, normalizziamo le relazioni”. Vietare oggi le dimostrazioni dei Curdi, che ieri erano permesse, e chiudere gli occhi davanti all’impiego di carri armati tedeschi nell’offensiva di Afrin, rimanda al pericolo di una “erdoganizzazione” della politica turca di Berlino. Invece di tirare fuori singolarmente i propri cittadini dalle prigione turche e allineare la sua politica verso la Turchia all’umore di Erdogan, la Germania deve stabilire una strategia basata sui principi, che si impegni su valori universali, ma perlomeno rispetti quelli che in Turchia sostengono questi valori. A perderci, per le relazioni in via di distensioni, non devono essere coloro che vengono incarcerati, perché lottano in Turchia per la giustizia e la libertà.

(Articolo di Can Dündar publicato su “Die Zeit” n. 9/2018 del 24 febbraio 2018)
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS