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Prezzemolo per la libertà. Un ponte di preghiera da Berlino a Istanbul
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Articolo di Redazione
10 ottobre 2019 11:24
 
Nella chiesa del Getsemani di Berlino, situata nel quartiere Prenzlauer Berg eravamo in tre ex prigionieri, uno accanto all’altro, e salutavamo la comunità con mazzetti di prezzemolo.
Katri Hattenhauer, arrestata nel 1989 durante l’insurrezione di Lipsia.
Dogan Akhanli, arrestato dapprima nel 2010 in Turchia, e poi, su richiesta del governo turco, in Spagna nel 2017.
E io, arrestato nel 2015.
Su un podio, per l’anniversario della caduta del Muro, abbiamo parlato della Germania dell’Est di trent’anni fa e della Turchia di oggi. Ci univa un significativo comun denominatore: la nostra passione per la libertà. La rivendicazione della libertà sul manifesto, che allora aveva portato in carcere Katrin Hattenhauer, è oggi il nome della nostra Radio Özgürüz, con la quale trasmettiamo dalla Germania. Quando Dogan Akhanli a Granada e Deniz Yücel a Istanbul furono arrestati, noi ci siamo ribellati, sollevando la stessa richiesta di libertà. Deniz Yücel, nel 2016, aveva fatto davanti al carcere la veglia della speranza per la mia libertà, e l’anno successivo partecipavo anch’io alla dimostrazione, a Berlino, a favore della sua libertà. Come i regimi repressivi si somigliano nella sorveglianza delle idee, anche noi ci somigliamo nel rifiuto di questa sorveglianza.
La chiesa, in cui adesso ci incontravamo, è anch’essa un luogo simbolico. Nel 1989 era un punto d’incontro degli oppositori al regime. La Stasi osservava gli incontri che avvenivano in questa chiesa. Per tutto ciò ha fornito esempi dal podio Dagmar Hovestädt, la portavoce del Commissario Federale per gli Archivi della Stasi. La chiesa, allora rifugio degli attivisti e bersaglio della Stasi, aveva organizzato più incontri politici che matrimoni e battesimi, e la sua comunità era politicizzata. Le acque, che si era creduto di aver calmato dopo la caduta del muro, tornarono a ribollire quando un membro della comunità fu arrestato in Turchia. L’attivista dei diritti umani Peter Steudtner, che si era adoperato dal Mozambico fino a Napoli per risolvere pacificamente i conflitti, era stato arrestato [il 5 luglio 2017] nel corso di un Workshop a Istanbul con l’accusa di terrorismo, e portato a Silivri che è nota come “la più grande prigione mondiale dei giornalisti”. In seguito a ciò, la comunità della chiesa del Getsemani di Berlino si riunì ogni sera alle sei per pregare per Peter e gli altri prigionieri politici, Peter venne a sapere di ciò grazie al suo avvocato e da quel momento, sera dopo sera, alla stessa ora, prese parte anche lui alla preghiera nella sua cella. Questo ponte della preghiera, degno di un film, fu portato avanti finché Peter, quattro mesi più tardi, tornò libero.
L’interesse dei media tedeschi per la violazione dei diritti umani in Turchia è diminuita, quando Steudtner e Yücel furono liberi, ma non è successo così nella chiesa del Getsemani. Qui la gente continua a pregare per coloro che sono rimasti in prigione, e anche Peter si è unito a questa preghiera. Da più di due anni la comunità si ritrova tutte le sere alle sei, si prende per mano e accende candele nella speranza che i prigionieri siano presto liberati e possano tornare fra i loro cari.
Partecipare a Berlino a una azione di solidarietà, come quella davanti al carcere di Silivri, che non sarebbe più permessa, e pregare per i miei colleghi prigionieri come uno che personalmente è stato là dentro, e per di più in una chiesa, è stata una grandissima esperienza emotiva. Ricordando il 1989, abbiamo espresso insieme il voto che la stessa sorte tocchi anche a tutti gli altri muri.

(Articolo di Can Dündar su “Die Zeit” n. 41/2019 del 1 ottobre 2019)
 
 
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